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Riceviamo e pubblichiamo: “Continuano le umiliazioni a chi ha scelto di combattere le mafie.”

Senza fine, senza sosta, continuano le umiliazioni, tutto sembra difficile e anche la grande forza di sopportazione sta per arrivare alla fine.
Non è certo una questione personale, o indirizzata al singolo testimone, no è una questione più ampia, è la visione di un sistema che non funziona, che è incappato in un vortice di burocrazia ed indifferenza.
Oggi, ieri, domani nulla ha fatto insegnamento, nulla è cambiato, quindi il grado di sopportazione è sempre più messo alla prova; quella sottile linea di rottura, quel filo si assottigliano sempre di più, sino a far crollare il soggetto.
E Non bastano i singoli uomini che dimostrano tanta professionalità, non bastano gli uomini che si impegnano a chiudere le falle del sistema, qui oramai è tutto finito o meglio mai iniziato.
Interrogarsi sui perché sarebbe come chiedere ad un asino di andare al galoppo, verebbe da chiedersi solo quando è stato deciso, e da chi!
Quando questo disegno destabilizzante è stato messo in atto, chi ha deciso che il sistema non debba funzionare e che tutti debbano divenire dei pazzi, inaffidabili e a volte anche imputati.
Qundi anche se risposte ai perché non c’è ne saranno, un dato certo è evidente: in un paese dove sulla bocca di molti uomini la parola lotta alla mafia riempie bocche e sale di teatri, dove le processioni delle commemorazioni sono sempre più una vetrina mediatica, dove tutti “sudano” in una battaglia contro le mafie e appendono medaglie al petto, in questo paese i Testimoni di Giustizia restano invisibili rompicoglioni, gente da evitare, da distruggere, da eliminare e giorno dopo giorno, umiliazione dopo umiliazione, questa figura scomparirà, prenderà sempre più forma quell’ omertà diffusa e quella frase tanto usata “io mi faccio i fatti miei” e quei simboli della legalità resteranno solo un ricordo da commemorare a qualche convegno; per tanti invece resteranno un mesaggio negativo di come chi si ribella alla mafia viene tristemente punito da chi prima lo incoraggia, lo accoglie e poi lo umilia.
Queste frasi devono restare come un atto di denuncia pubblica affinché non si possano mai infangare la vita, il percorso e l ‘anima di un testimone di giustizia attualmente vittime della mafia e vittime di uno Stato assente “.

 

Abbiamo ricevuto questa nota da un TESTIMONE DI GIUSTIZIA che volentieri pubblichiamo per far prendere coscienza e conoscenza a chi ci legge del “come” sono trattati e sono costretti a vivere questi VERI SERVITORI DELLO STATO.

Di uno Stato che dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa, cambiando radicalmente rotta per quanto attiene al trattamento da esso riservato a Testimoni e Collaboratori di Giustizia.

Quando noi diciamo che la lotta alle mafie non può continuare ad esaurirsi con le chiacchiere, le commemorazioni e le ricostruzioni storiche!

Questi – e non solo – sono i problemi con i quali si trova a cimentarsi una VERA antimafia sociale!