REPORT – Corruzione nelle forze armate: mazzette, falsi certificati covid e ricorso ai santi
Corruzione nelle forze armate: i retroscena che ha portato all’arresto di 14 persone a Napoli. In una intercettazione uno degli arrestati si rivolge a tale don Franco: “…mi serve un miracolo”
Di GIUSEPPE DEL GAUDIO 19 Novembre 2021 11:30
Pur di intascare la mazzetta hanno falsificato gli attestati di negativita’ al Covid di una candidata che qualora fosse stata positiva al Sars-Cov-2 avrebbe potuto contagiare i colleghi del corso di formazione.
Emerge anche il dispregio per la salute del prossimo, nell’indagine del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria che, coordinato dalla Procura di Napoli, ha fatto luce su una serie di episodi di corruzione di cui si sarebbero resi protagonisti, tra la fine del 2020 e la prima meta’ del 2021, Errico Spena e Maurizio Russo, due appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria in servizio all’interno del Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, già in detenuti per analoghi fatti. Complessivamente sono 19 gli indagati. Per 14 il gip Federica Colucci ha disposto altrettante misure cautelari: 2 in carcere e 12 ai domiciliari.
Tra questi figurano Aniello Aversano (assistente capo Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere), Gennaro Fatone (vigile urbano a Caivano, nel Napoletano), Giorgio Spina (caporal maggiore dell’Esercito in servizio presso la caserma di Maddaloni, nel Casertano).
Poi ci sono i candidati “corruttori” e gli intermediari. Il gip di Napoli Federica Colucci, che ha emesso i provvedimenti cautelari, ha ritenuto particolarmente grave la reiterazione della falsificazione dei documenti sulla negativita’ al Covid e la gratuita’ di tale condotta “visto che l’assenza al corso della donna, anche se fosse risultata positiva al Covid-19, sarebbe stata pienamente giustificata”.
Dall’attivita’ investigativa e’ emerso anche che per favorire candidati alle prove psico-attitudinali per il reclutamento nei Carabinieri, nell’Esercito, nell’Aeronautica Militare e nella Polizia Penitenziaria gli indagati non accettavano solo cospicue somme di denaro (si parla anche di diverse decine di migliaia di euro, nascoste anche nei pacchi di pasta) come contropartita, ma anche altre utilita’, come orologi Rolex, e anche scarpe.
Ben 24 paia ne sono state promesse a uno dei poliziotti dal papà imprenditore dei uno dei giovani candidati e, in un altro episodio, anche una sessantina di tessere d’iscrizione al sindacato al quale i due agenti arrestati appartenevano, che valgono 5-6mila euro. Le intercettazioni (attraverso virus-spia), secondo gli inquirenti e anche secondo il giudice, sono emblematiche circa la “non occasionalità” delle condotte illecite riscontrate.
Conversazioni “criptiche” in cui, per esempio una bottiglia di vino corrispondeva a mille euro. Nell’ordinanza il giudice è lapidario nel stigmatizzare il comportamento dei rappresentanti delle forze dell’ordine corrotti ma anche quello dei “beneficiari” dei favori che, sottolinea, hanno sostenuto le prove nella piena consapevolezza “di non avere i requisiti fisici per il superamento delle selezioni”.
Ciononostante, “non hanno esitato a ricorrere alla corruzione per aggirare l’ostacolo”. Quanto a coloro che hanno superato i test, evidenzia ancora il gip, “appare del tutto verosimile aspettarsi che esercitino la funzione pubblica con le medesime modalità con cui l’hanno ottenuta”. Tra gli episodi finiti sotto la lente degli investigatori figura anche quello in cui il sovrintendente capo della Penitenziaria Errico Spena, di fronte alla possibilità di perdere il cliente a causa di una cicatrice, chiede aiuto ai suoi “santi in paradiso” per ovviare all’inconveniente.
In una intercettazione agli atti l’agente chiede “un miracolo” a don Franco, personaggio che sebbene sia finito nell’inchiesta non è stato identificato, per il giovane cliente che spaccia per suo nipote. Gli inquirenti ritengono verosimilmente che si tratti di una figura apicale in ambito ecclesiastico: “… se potete fare un miracolo, che vi devo dire, veramente si tratta di una eccezione…”, dice Spena parlando al telefono con don Franco, “…e’ un ragazzo veramente in gamba…”. Il presunto prelato risponde: “… va bene mi mandi i dati… poi vediamo…”. Poco dopo i dati giungeranno a destinazione via sms.
Altro elemento sconcertante che emerge dall’inchiesta riguarda una ragazza alla quale per consentirle di partecipare ai corsi di formazione per allievi agenti della Polizia Penitenziaria hanno più volte falsificato il necessario attestato di negatività.
Ai domiciliari sono finiti le persone coinvolte nella realizzazione del falso attestato: l’amministratore di una società di igiene e sicurezza sul lavoro, Alessio Iannillo, 32 anni, l’ex agente della Penitenziaria Maurizio Russo, 29 anni e la candidata 29enne.
Gli indagati “…non hanno esitato a falsificare la negatività al Covid accettando il rischio che la candidata, pur positiva, frequentasse il corso di formazione presso la scuola di Portici, dove avrebbe potuto infettare numerose persone”. Ha scritto il gip Federica Colucci nell’ordinanza di custodia cautelare.
La Procura di Napoli, nell’ambito delle indagini, ha disposto il sequestro della documentazione sanitaria Covid-19 presentata dalla candidata, trovando quattro certificazioni ma, dai riscontri eseguiti nel laboratorio di analisi irpino, e’ emerso invece che a nome della candidata risultavano solo due attestazioni, risalenti al primo ottobre e all’8 gennaio scorsi.
Inoltre sui due certificati trovati nel laboratorio sono stati trovati il timbro e la firma del direttore mentre quelli sequestrati nella scuola c’era solo il timbro. Il gip ha quindi ritenuto insussistente il reato di induzione del pubblico ufficiale in falso ideologico a vantaggio invece del reato di falsità materiale commessa da privato, poi condivisa dagli inquirenti.
Sono le intercettazioni di qualche mese a incastrare i tre indagati. “Ho pensato anziche’ di dirlo a… io lo direi ad Alessio, magari ci fa un certificato senza neanche fare il tampone”, sentono gli inquirenti; e ancora una richiesta: “mi serve un certificato di negativita’, perche’ lo deve porta’ la’, pero’ non voglio che malauguratamente facesse il tampone non vorrei che esca positivo”.
La soluzione? “Gli dico fanne una copia, ne prende uno tuo retroattivo”, risponde uno di loro. A conversare con l’ex agente della Polizia Penitenziaria Maurizio Russo, una delle candidate ai corsi di scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di Polizia e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria di Portici.