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Relazione inutile, come anche quella redatta dalla Regione Lazio sulla criminalità.Dati vecchi,triti e ritriti……………………E’ sconcertante come viene trattata la materia

CONTRORELAZIONE SULLA COLTIVAZIONE DEI PENTITI

27 dicembre 2016 | Filed under: Primo piano | Posted by: 

pentito

Ho tra le mani il “doc. XCI n. 7” della Camera dei Deputati. Si tratta della Relazione, che dovrebbe essere semestrale, “sui programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per colore che collaborano con la giustizia”. E’ relativo al primo semestre del 2015, presentato il 15 febbraio 2015, ma si tratta dell’ultimo presentato. E’ dunque (primo rilievo) in arretrato, a seconda di come lo si voglia calcolare, di uno o quasi due anni.

E’ un tipo di documento di cui sono uno dei pochissimi lettori. Me ne valsi per un paio di miei libri. Il passare degli anni e dei decenni ha reso sempre più generica e sempre più inutile questa “relazione” che riferisce quasi esclusivamente dati normativi e tace completamente tutta una serie di fenomeni, e non solo quelli meramente episodici, che del “pentitismo” caratterizzano anche l’aspetto della protezione che, certamente, deve essere assicurata non solo ai “pentiti”, non solo ai cosiddetti “testimoni di giustizia” (orribile espressione, perché presuppone che tutti gli altri testimoni, da qualunque delle Parti processati addotti, siano, invece “di ingiustizia”), ma a tutti i cittadini.

Poiché mi piace parlar chiaro, dico subito che relazioni del genere, la cui redazione è affidata a chi sa quale altissimo e pignolissimo funzionario, si inquadra perfettamente in quello che, ahimè, dovremo cominciare a chiamare la “banalizzazione” della funzione Parlamentare.

Interpretate come volete il disposto della legge del 15 gennaio 1991, art. 16 che, appunto, prevede una consimile “relazione semestrale”, è certo che altro ne dovrebbe essere il contenuto e, quindi, l’effettiva funzione.

La relazione è, in effetti, ispirata al noto principio “tutto va bene, madama la marchesa…”.

Ed invece, benché la stampa sia avara di spiragli sulla verità al riguardo, anche in questo le cose vanno male, malissimo. I “pentiti” sono uno scandalo autentico per la nostra giustizia. E non solo per il principio del “mercanteggiamento” (impunità contro delazione), non solo per i funambolismi delle motivazioni sulla loro attendibilità, non solo per la soppressione, nello specifico, di ogni critica alle loro “rivelazioni”, non solo per la scellerata utilizzazione mediatica che si fa di ogni loro illazione, ma anche per questi programmi di protezione che non proteggono i cittadini dabbene contro ulteriori malefatte, consistenti, oltre che in un uso falso e distorto della loro “collaborazione”, in azioni criminali delle quali la condizione di “protezione” rappresenta, di fatto, uno strumento di sostanziale complicità.

La relazione ignora accuratamente il fenomeno del “ritorno al crimine” dei “pentiti”, sotto l’usbergo della protezione di cui godono. Una “protezione” che sembra volersi estendere ad una ulteriore impunità, per la “distrazione” di magistrati e (in minor misura) delle Forze dell’Ordine, per non “delegittimare” questi oramai indispensabili “collaboratori”.

Fatti clamorosi si sono verificati negli ultimi anni e, magari, nel periodo specifico considerato da queste relazioni (ché anche nelle altre non ve ne è parimenti traccia). Fatti ignorati per lo più dalla stampa, ma non certo dagli estensori del documento scodellato al Parlamento.

Ne conosciamo una piccola parte: non ne abbiamo certo taciuto, malgrado i nostri poverissimi mezzi, per comunicarli al pubblico.

Ne indichiamo solo la sostanza, il carattere emblematico che un Ministro ed un Governo non dovrebbero far finta di ignorare.

 Il “caso Varacalli” il “pentito” di ‘ndrangheta in forza alla Procura di Torino, abitante in regime (anche economico) di “protezione” in Sardegna. Omicida di un pastore sardo, a lui prima i Carabinieri, poi la Procura di Cagliari affidarono le indagini sul delitto, fornendogli registratori, macchinetta per prelevare il sangue di persone da accusare con il D.N.A. Accusò un altro giovane pastore falsificando le prove a suo carico e gli fece patire due anni di carcere. Al dibattimento grazie ad un’ottima Difesa, emerse la verità. Il pastore calunniato fu assolto e si procedette per omicidio contro Varacalli, ma non per calunnia (indiscutibilmente da lui commessa). Caselli, si precipitò da Torino a Cagliari per “fronteggiare” il pericolo di “delegittimazione” del “suo” collaboratore. Che però fu condannato per l’omicidio ma, stranamente non per la calunnia, reato “troppo pregiudizievole” per le sue perduranti funzioni di “collaboratore di giustizia”.

 Il caso di Massimo Ciancimino. Pentito dei delitti mafiosi suoi e di quelli del padre (almeno così vuol sembrare), ha tessuto una filastrocca di accuse, risultate tutte infondate, relative alla pretesa “trattativa Stato-Mafia”. Ha fatto spendere per interminabili processi milioni e milioni (di euro). E’ diventato il simbolo di un’antimafia al di sopra della classe politica, dei funzionari dello Stato, delle leggi e dello Stato stesso. Icona delle consorterie dei “famigliari” della Nuova Inquisizione di Palermo e dintorni, pappa e ciccia con “I      l Fratello”, l’Ing. Borsellino.

Condannato per reati anche di armi ed esplosivi commessi durante la “collaborazione”. E per molti altri.

 Il caso di Pasquale Salemi. Mafioso omicida, sempre sospettato dai suoi compari, passato alla “collaborazione”, forse dopo l’esperienza di confidente, sulle sue “rivelazioni” fu impiantato il processo “Akragas” negli anni ’90. Dimostrata la falsità dell’attribuzione di un omicidio da lui fatta a carico di un imputato, in realtà commesso da un suo cugino, fu riconosciuto colpevole e condannato per calunnia. Ma il resto delle sue “dichiarazioni” fu eugualmente ritenuto attendibile. La Corte d’Appello di Palermo sentenziò che, essendosi pentito anche della calunnia, doveva essere considerato ancor più veritiero, per il suo doppio “percorso collaborativo”: pentito due volte, doppiamente attendibile.

Recentemente è tornato alla ribalta delle cronache perché scoperto gestore di un traffico di prostitute “fornite” ai collaboratori di giustizia dimoranti sotto copertura in varie parti d’Italia per farle passare come loro conviventi al fine di percepire un’aggiunta (una sorta di “assegno di famiglia”) alla loro paga. Probabilmente qualche Corte d’Appello avrebbe potuto dedurne che, essendosi magari pentito anche di questa truffa da ruffiano, la sua “attendibilità” doveva ritenersi triplicata. Ma le sue “rivelazioni” sono “passate in giudicato”. E qualche ergastolo ad innocenti, pure.

 Questa non è una storia di pentiti. Ma di “concorrenza” al Servizio di protezione e di pirandelliana, sgangherata parodia del culto dei pentiti. Il caso Musotto. Regista di “docufilm” antimafia, organizzatore di “bagni di folla” di magistrati della scheggia impazzita del P.d.M. di Palermo e di altre manifestazioni antimafia. Musotto convince il suo socio e creditore di essere “nel mirino” della mafia, condannato a morte come il P.M. Di Matteo. E lo convince pure (egli è un ex Carabiniere) di avergli procurato l’ammissione d’urgenza al Servizio Protezione, facendogli i nomi di Carabinieri addetti a salvargli la vita. Così per ben due anni lo fa vivere chiuso in casa con la famiglia, con prescrizioni restrittive di ogni contatto “esterno”. Dopo due anni non potendone più il poveretto si rivolse direttamente ai Carabinieri, che caddero dalle nuvole. Imputato Musotto di sequestro plurimo di persona il processo a suo carico durò anni e fu alla fine condannato a sette anni di reclusione. Silenzio assoluto di tutti i giornali Siciliani e, praticamente di tutta la stampa nazionale. Ne hanno parlato solo tutti i siti internet Siciliani. In appello pare che gli sia stata ridotta la pena: è pur sempre uno dei nostri, devono aver detto i magistrati.

Sono solo degli esempi. Qua e là per l’Italia si hanno notizie comprovate di malefatte di questi “collaboratori di giustizia”. Ma nella Sua relazione al Parlamento, Sig. Ministro, non ve ne è traccia.

Del resto si occupa di “modalità generali” mica di particolarità insignificanti.

Avremo prima o poi, una relazione forse da Minniti, o da un suo successore. Non varierà di molto.

Mauro Mellini