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Rapporto Dia sul Cyber Crime: ”Mafie usano piattaforme criptate e dark web”

Jamil El Sadi 15 Settembre 2023

All’interno della relazione semestrale della Dia pubblicata nei giorni scorsi, gli investigatori hanno dedicato ampio spazio al rapporto fra organizzazioni criminali, “dark web” e “deep web”. Nel corso del tempo le mafie hanno saputo cavalcare i cambiamenti sociali, assimilando – se non anticipando – l’avanzamento tecnologico per i loro affari.

Ormai da tempo, “il denaro in forma elettronica viene movimentato dalla criminalità sempre più velocemente anche nei nuovi ambienti digitali, gli stessi in cui si scambiano anche oggetti ed opere d’arte NFT (Non Fungibile Token) – si legge nel semestrale -. Pertanto, gli investigatori devono acquisire nuove e più moderne competenze in questi universi tecnologici, sempre più evoluti e complessi; diventa irrinunciabile conoscerli nel dettaglio, essere aggiornati sui cambiamenti e sfruttarli adeguatamente, soprattutto, per prevederne i possibili, ulteriori sviluppi e per intercettare, con ampio anticipo, i relativi flussi illeciti per la conseguente azione di neutralizzazione”.

Parole che si aggiungono ai numerosi allarmi lanciati nel tempo da magistrati e addetti ai lavori come, per esempio, il Procuratore della DDA di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo il quale, alla fiera del futuro digitale “We Make Future” di Rimini, avvisò del sorpasso tecnologico che le mafie hanno fatto e di quanto il Legislatore continui a varare leggi obsolete e non idonee a contrastare un fenomeno così complesso.

Le mafie sono avanti, perché sanno bene che bisogna investire sulle nuove tecnologie non soltanto per comunicare in maniera particolarmente sicura, ma sanno che le nuove tecnologie sono applicate ormai alle transazioni finanziarie, soprattutto su scala internazionale – disse Lombardo –. Le mafie sanno che investire sul futuro significa anticipare tutta una serie di tendenze che significa anche programmare le nuove attività criminali dei prossimi anni e quindi sono molto attenti a quelli che sono i processi evolutivi. Sono particolarmente interessati ai nuovi software, sono particolarmente interessati alle comunicazioni crittografate, sanno perfettamente quali sono i rischi e quindi mettono in campo anche tutta una serie di accorgimenti che servono a eludere le investigazioni“.

A questo riguardo, la Dia sottolinea la Conferenza Globale Annuale sulle finanze criminali e le criptovalute “The 6th Global Conference on Criminal Finances and Cryptocurrencies, nella sede di EUROPOL a L’Aia, organizzata all’inizio del settembre 2022, che ha visto la partecipazione di esperti di criptovalute, qualificati investigatori e rappresentanti delle forze dell’ordine provenienti da tutto il mondo. “L’obiettivo è stato quello di accrescere le capacità di tutti gli attori istituzionalmente deputati ad indagare e perseguire, con maggiore successo, le variegate modalità di condotta della criminalità tese al riciclaggio di denaro mediante i beni virtuali e tramite l’uso delle criptovalute, nonché di gestire i correlati rischi per i cittadini, le imprese e i sistemi finanziari globali – si legge nel documento -. La conferenza ha permesso anche di creare una rete di professionisti ed esperti in materia con cui scambiare reciprocamente le migliori pratiche e ricevere eventuale assistenza e raccomandazioni in questo campo in progressiva e rapida evoluzione”.

Più in generale, a preoccupare è il cambio evolutivo compiuto dalle mafie. La ‘Ndrangheta, per esempio, “si è fatta holding criminale: non attacca più frontalmente lo Stato…. È una mafia silente e pervasiva che inquina le economie legali, intossicandole con la corruzione e il riciclaggio. Il tempo che viviamo, richiede la massima resilienza delle Forze di polizia, che si devono adattare rapidamente agli scenari criminali che mutano rapidamente per massimizzare i profitti, approfittando del progresso tecnologico, dalle criptovalute fino al metaverso”, ha detto il Prefetto Vittorio Rizzi, già Vice Capo della Polizia e Direttore della DCPC. Anche il Procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, aveva sottolineato la necessità di “tener conto della straordinaria vitalità delle tecniche di elusione di ogni controllo collegata alla capacità, non solo del crimine organizzato mafioso, di dotarsi di tecnologie in grado di preservarne l’impenetrabilità: piattaforme criptate e ricorso al dark web per le ordinarie comunicazioni telematiche, sofisticati sistemi di sorveglianza elettronica delle aree di interesse, ossessiva cura della segretezza di movimenti e comunicazioni dei vertici dei gruppi criminali”. E, sulla stessa lunghezza d’onda, si era espresso anche il Procuratore Generale di Palermo che auspicò a un rapido intervento legislativo per ottemperare a pericolosi vulnus normativi: “Dobbiamo agire in fretta sul fronte del dark web che stimola la voracità di Cosa Nostra ed è terreno fertile per traffici di armi e trasferimento di criptovalute con dimensioni inquietanti”.

Criticità sul piano giuridico
La Dia sottolinea che dalle recenti attività investigative condotte dal Servizio Centrale di polizia giudiziaria di questa Direzione, nonché dalle articolazioni territoriali Dia, “è emerso un crescente impiego di criptotelefoni da parte dei soggetti appartenenti a sodalizi di criminalità organizzata di matrice campana, calabrese, siciliana ed anche straniera, segnatamente albanese”. Da ciò si è resa necessaria la rimodulazione delle indagini “prevedendo attività investigative che siano all’avanguardia e funzionali ad implementare servizi d’intercettazione in grado di decifrare le conversazioni criptate degli indagati”. Questa circostanza ha però posto in rilevo criticità e problematicità emergenti sul piano giuridico, dando vita ad un effetto domino che inevitabilmente colpisce anche le attività investigative passate, presenti e future che “devono tener conto di fonti di prova utili ai fini del consolidamento delle fonti di prova, condivise dalle Forze di polizia e dalle Autorità giudiziarie, ma che provengono da acquisizioni investigative di altri Paesi dell’UE ove, in tema di comunicazioni criptate vige una legislazioni diversa rispetto al nostro Paese e che per tale motivo, involontariamente, ostacola la raccolta di indizi utili ai fini della colpevolezza della persona sottoposta ad indagini”.

Si tratta di una materia spinosa che si insinua nell’intercapedine del diritto che da un lato vede la “necessità degli Stati Membri di proteggere i propri cittadini da trattamento illecito di dati che ne possano minare il compiuto godimento dei diritti fondamentali; dall’altra, il loro diritto al rispetto della privacy, per scongiurare attività investigative indiscriminate che possano captare anche conversazioni di terzi non utili o non utilizzabili”.

Nel caso di specie, sottolinea la Dia, “le problematiche investigative, sottese all’utilizzo dei criptotelefoni da parte delle organizzazioni criminali, possono esser superate, nell’ordinamento italiano, mediante l’inoculazione, autorizzata da parte dell’Autorità giudiziaria, del captatore informatico”. Il risultato a livello investigativo è un “approccio differenziato in relazione alla forza di polizia di ciascuno Stato Membro, così come l’utilizzazione di strumenti tecnologici altrettanto differenti, in relazione alla presenza o meno di specifiche previsioni normative relative all’impiego della crittografia per finalità illecite”. E ancora: “Le criticità investigative con cui si confrontano le Forze di Polizia e le Autorità giudiziarie nazionali sono sia di carattere giuridico sia di tipo tecnologico e l’una richiama l’altra”. Per quanto riguarda il livello giuridico, lo studio del consistente patrimonio informativo acquisito nell’ambito di attività investigative estere sulle chat crittate, tra cui anche conversazioni scevre da contenuti illeciti, “ne comporta l’armonizzazione con l’impiego di tecnologie altamente invasive”. Attualmente, si legge nel documento, “nell’ordinamento italiano non è consentita l’intercettazione indifferenziata, senza che vi sia un target preciso e ben definito”. Mentre sul versante della tecnologia “occorre individuare le risorse maggiormente idonee e performanti per decifrare le conversazioni crittate”. Il tutto all’interno di un panorama in continua evoluzione in cui le mafie “avranno sempre una lunghezza di vantaggio su di noi”, come disse Giovanni Falcone. Un modo semplice, ma acuto, per evidenziare la capacità delle mafie di agire avvalendosi di straordinarie doti di adattamento, ma anche di conoscenza della modernità e delle sue tecnologie.

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/254-focus/97246-rapporto-dia-sul-cyber-crime-mafie-usano-piattaforme-criptate-e-dark-web.html