Racket: una parola che nessuno vuol pronunciare. A cominciare dai commercianti, per finire ai carabinieri. Una parola che fa paura ma che, dopo l’attentato dell’altra notte ad un bar di Frosinone (lungo la Variante Casilina), rischia di stravolgere le abitudini del capoluogo e, forse, di tutta la Ciociaria. Già, perchè mai, in passato, c’era stata un’escalation di atti intimidatori nel giro di pochi giorni. E nel mirino sempre loro: i commercianti.
«O meglio: baristi e tabaccai» precisa il presidente della Fit (Federazione Tabaccai) Luigi Girolami.
Il maggiore dei carabinieri, Fernando Maisto, è categorico: «Per noi, fino a quando non troveremo i responsabili dell’attentato, tutte le ipotesi restano aperte». Ma il procuratore della Repubblica, Margherita Gerunda, è stata molto più esplicita quando ha parlato di chiari «segnali intimidatori a scopo di estorsione». Ossia racket, appunto.
Dal canto loro, i carabinieri anche ieri hanno lavorato per trovare indizi che permettano di far luce sull’attentato al bar. Ma essendo stato bruciato tutto, all’interno, c’è ben poco da utilizzare. Per il resto, il titolare del locale (solo parzialmente assicurato) continua a ripetere di non aver mai subìto intimidazioni o telefonate minacciose. Ma c’è un legame tra questo, e i precedenti attentati? Anche qui il maggiore dei carabinieri taglia corto: «Se non sappiamo chi è stato ora, non possiamo nemmeno mettere in relazione quest’episodio, ai precedenti».
Intanto cresce, forte, la preoccupazione tra i baristi e i tabaccai. «E’ fondamentale capire cosa ci sia dietro questi attentati – sottolinea Luigi Girolami -. Ma una cosa è certa: se venisse confermato che c’è la mano del racket allora dobbiamo essere molto, ma molto preoccupati».
E i rimedi? «Sicuramente il primo passo è il potenziamento dei sistemi di sicurezza, collegando le telecamere dei negozi alla centrale dei carabinieri. Inoltre è importante segnalare alle forze dell’ordine ogni persona o minimo movimento sospetto. E passare, tra di noi, queste segnalazioni non sarebbe poi sbagliato. Ma credo che la soluzione migliore sia il potenziamento del poliziotto di quartiere. Anzi – precisa Luigi Girolami -, chiederò alla Questura e alla Prefettura, di organizzare questo servizio, a turno, in un coordinamento tra le varie forze: carabinieri, polizia, finanza e vigili urbani. Solo in questo modo nei nostri negozi potrà tornare un minimo di tranquillità».
In sintonia con Girolami anche Tito Di Vito, presidente regionale dell’Associazione Commercio aderente ad Unimpresa: «Ora la situazione sta degenerando, mai in passato avevamo avuto una tale escalation. Ecco perchè chiediamo a Questura e Prefettura di mettere a punto piani di controllo mirati alla vigilanza sulle attività commerciali e chiediamo una via privilegiata per la connessione dei nostri impianti di sicurezza con le centrali operative di polizia e carabinieri».
(Tratto da Parallelo 41)