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“Quello che abbiamo visto”. Il fallimento della legge sulla confisca dei beni dei mafiosi in Sicilia

Quello che abbiamo visto”. Il fallimento della legge sulla confisca dei beni dei mafiosi in Sicilia

5 Marzo 2021

Da: I Siciliani

In molti mesi abbiamo visto, sentito e documentato cose estremamente gravi. Abbiamo assistito al fallimento pressoché totale della legge sulla confisca e sul riutilizzo sociale dei beni dei mafiosi. È di questo che istituzioni e accademie hanno, a nostro avviso, il dovere, urgente, di parlare.

Il comune di Catania ha avuto destinati dall’Agenzia Nazionale per i beni confiscati, ufficialmente, in pompa magna, con conferenze stampa, alte uniformi e saluti istituzionali, centoventitrè beni. Di questi solo quarantaquattro sono stati davvero consegnati al Comune. Poco più di un terzo. Gli altri settantanove beni sono in un limbo. Gli amministratori giudiziari (poi coadiutori dell’ANBSC) non sono stati in grado di consegnarli; i funzionari del comune di Catania non sono stati in grado di prenderli. È solo un esempio: in Sicilia funziona così dappertutto. Di quei quarantaquattro beni confiscati gestiti dal comune di Catania, quattordici non sono assegnati a nessun ente, nessun ufficio, nessuna attività. Solo diciassette su quarantaquattro sono i beni attualmente utilizzati per attività sociale. Solo un esempio, un caso di studio, altrove è anche peggio. Sulla carta l’ANBSC dice di aver destinato a uso sociale centoventitrè beni nella città di Catania, in realtà i beni confiscati dove si fa qualcosa sono diciassette. Quasi il 90% sono inutilizzati, fermi, abbandonati, in alcuni si promette che dovrebbe nascere qualcosa ma si aspetta da anni.

Poi ci sono i beni confiscati che l’Agenzia Nazionale ha destinato a polizia, a carabinieri, a guardia di finanza. Spesso neanche i funzionari delle forze dell’ordine, neanche questori e capitani ne sanno qualcosa. Immobili abbandonati, inutilizzati. Qualche mese fa scoprimmo che in alcuni appartamenti assegnati ai carabinieri abitavano ancora le famiglie che avevano subito la confisca. Nel centro di Catania ci sono grandissimi uffici confiscati destinati alla polizia ma la polizia non li usa, ha affittato degli spazi a cento metri di distanza e gli uffici li ha messi lì.

Cosa succede a questi beni inutilizzati? Vengono vandalizzati, vengono distrutti dalle persone, dalle intemperie e dal tempo. Vengono occupati da persone indigenti che hanno bisogno di un tetto, se va bene, o rimangono a disposizione delle famiglie mafiose che hanno subito la confisca: il più delle volte.

È successo a Palagonia che fosse la persona che ha subito la confisca, reputata pericolosa dagli stessi carabinieri, ad accompagnare coadiutore, associazioni e carabinieri nel sopralluogo delle case confiscate, ma ancora da lui occupate.

È successo di andare a Gravina di Catania presso le ville della famiglia mafiosa Zuccaro. Nonostante una confisca di molti anni prima alcune ville risultavano nella totale disponibilità delle persone che avevano subito la confisca. Una relazione dei carabinieri dichiarava che le ville erano libere almeno da febbraio 2020. Nell’ottobre 2020 dentro una di quelle ville rinvenivamo una mascherina con la scritta “andrà tutto bene”. In un’altra villa un pacco Amazon consegnato nel marzo 2020, aperto, recapitato a uno dei familiari del preposto.

È successo di ricevere dagli amministratori giudiziari numerose comunicazioni circa l’impossibilità di effettuare i sopralluoghi nei beni confiscati perché occupati.

È successo di incontrare amministratori giudiziari che non conoscevano la posizione del bene di cui avrebbero dovuto avere cura, perché non c’erano mai stati. Non sapevano neanche di cosa si trattasse, se fosse in buono stato o crollato, se fosse libero o occupato.

È successo di riuscire, grazie alla nostra denuncia, a liberare un agrumeto occupato da anni. Un agrumeto dal quale il preposto ha continuato a ottenere profitti per anni, nonostante la confisca. È successo di aver chiesto all’Agenzia Nazionale di non lasciare quel raccolto di arance all’abbandono, col rischio che potesse essere per l’ennesimo anno rubato e quindi di assegnarlo alle associazioni affinché potessero fare una distribuzione solidale delle arance e reinvestire eventuali guadagni nella ristrutturazione proprio di quell’agrumeto confiscato. È successo che l’Agenzia ha rifiutato questa proposta. I mafiosi possono prendersi le arance confiscate, le associazioni no.

È successo di recarsi presso un grande terreno alla zona industriale di Catania, confiscato da anni. Lì c’erano anche parecchi mezzi, beni mobili anch’essi confiscati definitivamente. I topi avevano rosicchiato alcune parti dei motori e quelle macchine e quei furgoni non sono più utilizzabili.

È successo di aver ricevuto informazioni dagli amministratori giudiziari dei furti di mezzi aziendali confiscati, della scomparsa di buona parte di auto, moto, mezzi commerciali. Un danno di milioni di euro allo Stato che si ripete ogni giorno.

Abbiamo visto convegni, seminari, passerelle politiche, incontri di associazioni parlare di beni confiscati e di buone pratiche. Noi queste buone pratiche non le abbiamo incontrate. Abbiamo visto solo enormi difficoltà per le associazioni che riescono ad avere assegnati i beni e poi abbandoni, occupazioni, fallimenti.

Abbiamo sentito funzionari dell’Agenzia Nazionale dirci di non poter fare nulla rispetto a tutto questo, abbiamo sentito prefetti dire di non essere responsabili e di non poter fare niente, abbiamo visto carabinieri scrivere delle occupazioni e andare via come se nulla fosse, abbiamo visto e sentito amministratori giudiziari rassegnati a una realtà che loro sanno essere ancor più grave di quello che noi siamo riusciti a capire.

Questo è quanto. (i siciliani giovani / arci catania)

 

fonte:https://napolimonitor.it/