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Quel bar della Brianza inquinato dai clan che piace tanto a politica e cittadini

Quel bar della Brianza inquinato dai clan che piace tanto a politica e cittadini
Il prefetto di Monza chiude il bar perché in odore di ‘ndrangheta. Due notti dopo sulla saracinesca viene appeso un lenzuolo di solidarietà con scritto: “Noi vi vogliamo bene”. Il locale appartiene a un sospettato, eppure anche l’ex sindaco lo frequentava

Giovedì 03 marzo 2016

di Giovanni Tizian

«Noi vi vogliamo bene». Seregno si è svegliata così. Con questa frase scritta su un lenzuolo bianco, con tanto di cuoricino rosa. Dimostrazione di affetto rivolta da alcuni anonimi cittadini di questo paesone della Brianza ai titolari del bar chiuso per mafia dal prefetto. Uno dei soci è sospettato di vicinanza a un clan, ma poco importa ai tanti frequentatori del locale. Il manifesto d’amore è comparso di notte. A solo due giorni dalla decisione della prefettura di Monza, che basandosi su dati giudiziari e investigativi ha deciso di sospendere la licenza ai commercianti in odore di ‘ndrangheta.

Lo striscione è stato rimosso a metà mattinata dai vigili urbani. Solo dopo che un membro del direttivo locale del Pd, Davide Ripamonti, ha denunciato il fatto. Ma la forza di quel gesto rimane scolpita su quelle pareti. Anche senza lenzuolo. «È una situazione folle» osserva Ripamonti, che ricostruisce l’accaduto: «La scritta è rimasta lì per ore, dalle 11 di sera alle 8.30. Ho dovuto chiamare per ben due volte la municipale, che si è mossa solo dopo la seconda telefonata». Perché per gli agenti, spiega l’esponente del Pd, non c’era alcun illecito: «Ma si tratta di un gesto molto grave, inaccettabile, a prescindere dal rilievo penale»

Il bar si trova nel pieno centro di Seregno. Qui sul corso principale c’è il “Tripodi pane e caffè”. Frequentatissimo, anche dalla politica locale. Che, qui, spesso ha organizzato anche incontri e feste. Uno dei soci, Antonino Tripodi, è però stato coinvolto in alcune indagini dell’antimafia di Milano. Condannato anche per reati legati alle armi nell’ambito del maxi processo “Infinito”. Nelle informative dei carabinieri veniva indicato quale esponente della “Locale”(la struttura della ‘ndrangheta sul territorio) di Desio.

Ecco chi è, secondo inquirenti, investigatori e giudici, Antonino Tripodi, detto Nino: «Titolare, insieme al padre, di un panificio a Seregno, presso il quale all’epoca dei fatti svolgeva effettivamente attività lavorativa. E’ coniugato con Pio Francesca, nipote di Pio Candeloro (Capo clan di Desio). La madre di Tripodi, Crea Teresa, è sorella di Crea Paolo, menzionato quale capo locale di Desio, nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 21 ottobre 1997 a conclusione del processo denominato “l fiori della notte di San Vito. Il 23 febbraio 2009 gli operanti, a seguito di conversazioni sospette tra Tripodi ed Andreana Antonio, irrompono nel box di proprietà del Tripodi in Seregno, via Rossini 59: qui rinvengono e sequestrano le armi, le munizioni e gli esplosivi».

In un locale gestito da questo personaggio non ti aspetteresti mai di incontrarci l’ex sindaco del paese. Eppure, Giacinto Mariani, come risulta dalle foto postate sulla pagina facebook del bar-panetteria, frequentava quel luogo. Mariani tempo fa finì sotto processo per appropriazione indebita, poi fu assolto. È lo stesso che si scagliò contro i giornalisti del sito di informazione Infonodo.org.

Non ama particolarmente finire sotto i riflettori, l’ex sindaco. È stato anche candidato alle Europee per la Lega Nord. E per promuovere la sua candidatura a Bruxelles, girò anche un video. Sulle note della famosa canzone Happy, gira per la città, tra la gente, per i bar. Omaggia della sua presenza anche il Tripodi Pane e Caffè. Mariani è l’uomo di Salvini in Brianza. Dopo l’esperienza da sindaco, la sua carriera politica continua nella nuova giunta: questa volta è assessore alla Cultura e vicesindaco.

fonte:www.espresso.it