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QUANDO PARLIAMO DI CAMORRA – ED INTRECCI CON QUESTA – NEL SUD PONTINO ED IN PROVINCIA DI LATINA,NON SI PUO’ PRESCINDERE DA QUANTO E’ EMERSO DALLA LETTURA DEGLI ATTI “DESECRETATI ” DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULL’ASSASSINIO DI ILARIA ALPI E DEL SUO OPERATORE .

 

QUESTO PER COMPRENDERE  LE GRANDI DIFFICOLTA’ CHE SI INCONTRANO  NELL’INDAGARE   SUL  CLIMA IN CUI SI VIVE  IN QUELL’AREA.

GAETA E LA PROVINCIA DI LATINA  HANNO RAPPRESENTATO – E FORSE CONTINUANO A RAPPRESENTARE – IL CENTRO DI  INTRIGHI ,DI GRANDI AFFARI INTERNAZIONALI CHE VEDONO COINVOLTI  VARI SOGGETTI E VARI STATI.

DAGLI ATTI  DESECRETATI E QUINDI RESI PUBBLICI ABBIAMO STRALCIATO  LE DICHIARAZIONI  DEL LUOGOTENENTE VACCHIANO ,ALLORA COMANDANTE DELLA STAZIONE CARABINIERI DI VICO EQUENZE  ,INCARICATO DALLA PROCURA DI TORRE ANNUNZIATA,IL QUALE RIFERISCE,FRA L’ALTRO,QUANTO  GLI DICHIARO’ IL CAPITANO SOTTILI,OGGI GENERALE, CHE COMANDAVA LA COMPAGNIA CARABINIERI DI GAETA.

LEGGETE BENE COSA  DICHIARA  IL GEN.SOTTILI A PROPOSITO DI GAETA  E CAPIRETE TANTE COSE CHE RIGUARDANO ANCHE IL PRESENTE.

PUBBLICHIAMO  IN CODA ALLO STRALCIO DELLA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE ANCHE UN VECCHIO ARTICO DI H24 NOTIZIE CHE AGGIUNGE ALTRI ELEMENTI  UTILI A TUTTI PER COMPRENDERE  LA SITUAZIONE IN CUI  SI VIVE  NELLA CITTA’ DEL GOLFO E NELL’INTERA PROVINCIA DI LATINA,DOVE ,OLTRE ALLA CAMORRA,ALLA NDRANGHETA,A COSA NOSTRA ECC.,CI SI TROVA A CHE FARE  CON SOGGETTI CHE FANNO RIFERIMENTO  A SERVIZI DI MEZZO MONDO.

 

 

 

 

Dagli atti parlamentari della Commissione di inchiesta sull’assassino Alpi e Hrovatin

 

 

   

“…. La Procura di Torre Annunziata 

 

Per completezza d’analisi un seppur breve cenno deve essere fatto alle dichiarazioni di Francesco Elmo raccolte dall’allora comandante della Stazione Carabinieri di Vico Equense, Vincenzo Vacchiano. Questi, che all’epoca agiva su delega della Procura di Torre Annunziata, sentito in Commissione ha spiegato che nella fase iniziale delle indagini da lui condotte579, ebbe a raccogliere le dichiarazioni di Francesco Elmo580, che, a fine dell’anno 1995, poco tempo dopo l’arresto, iniziò “ad ampliare la sfera della sua collaborazione” ai traffici di armi riferendo sia di un traffico riguardante i paesi balcanici gestito da tale Nicolas Oman, personaggio cui sarebbe stato collegato Emirati Arabi costa – adesso vi dirò anche il prezzo reale – per ipotesi 50 dollari… . Dato che ho constatato che non conviene portare in Somalia l’olio normale perché è da buttare via, allora gli ho detto di portare giù dell’olio italiano, che è olio ancora buono perché in Italia le macchine…Si porta quello esausto, perché fa lo stesso…..” 578 “….Si sottolinea una mia frase nella quale dico di mandare 5 mila fusti, ma il procuratore non ha messo la conversazione del giorno prima, quando si parla di olio bruciato. No, quella non l’ha riportata! Ha messo soltanto in evidenza i 5 mila fusti! Non mi sta bene questa cosa! Il procuratore deve tirare fuori anche la storia del giorno prima, quando ho parlato di olio bruciato e di questi fusti! Se poi vogliamo girarci le cose come vogliamo…” 579 v. in particolare il verbale del 2 febbraio 2005 580 Elmo fu tratto in arresto, su misura cautelare, per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e all’esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria, Camera dei Deputati — 242 — Senato della Repubblica xiv legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti il Giorgi581, sia di traffici verso la Somalia con il trasporto delle stesse a bordo di navi di un personaggio indicato da Elmo come ” l’ing. Muni”, poi identificato nell’ing. Mugne della Shifco. Il filone di indagine riguardante Mugne è stato esplorato anche dai Carabinieri di Vico Equense nell’ambito dell’inchiesta “cheque to cheque”. Il Luogotenente Vacchiano ha riferito al riguardo che, dopo avere acquisito le prime sommarie informazioni da Francesco Elmo, furono sviluppati gli accertamenti, che poi condussero al duplice omicidio Alpi-Hrovatin. Dalle precisazioni di Vacchiano emerge che egli acquisì informazioni dal giornalista Torrealta e dal Capitano Sottili. Con quest’ultimo ebbe modo di incontrarsi a Trieste (ove Sottili era stato trasferito da Gaeta) in occasione di accertamenti svolti a verifica delle dichiarazioni di Francesco Elmo per fatti di riciclaggio . Sottili gli riferì che in precedenza, quando comandava la compagnia di Gaeta , aveva avuto modo di occuparsi di un traffico di armi verso la Somalia a mezzo di navi della Shifco e, in qualche modo, anche dell’omicidio Alpi – Hrovatin, per cui, poi, aveva probabilmente svolto qualche indagine anche a Trieste. Ulteriori accertamenti furono, inoltre, compiuti dal Vacchiano attraverso l’esame degli atti trasmessi in copia alla Procura di Torre Annunziata da quella di Latina, che riguardavano le indagini svolte a Gaeta da Sottili. Comunque, trattandosi di traffici che potevano essere messi in correlazione con l’omicidio Alpi, tutta la documentazione venne trasmessa per gli approfondimenti alla Procura di Roma.”

 

DA H24 NOTIZIE

 

·         H24 notizie – Portale indipendente di news dalla provincia di Latina

 

·         L’omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin e gli incroci con il porto di Gaeta

Il progetto italo-somalo, gli investimenti e l’inchiesta di Ilaria Alpi 

 

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

Molte volte la tragica e oscura vicenda della morte della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin è stata raccontata intrecciandone la trama con la storia parallela del sudpontino e del Golfo di Gaeta. Questo perché il tragico epilogo che ha portato alla morte dei due giornalisti uccisi in Somalia, il 20 marzo del 1994, per una rapina o un sequestro di persona finiti male, secondo la relazione di maggioranza della commissione parlamentare d’inchiesta costituita nel 2006 in Italia, coinvolgeva istituzioni, servizi segreti, forze armate e imprenditori italiani, tra i quali la Panapesca di Gaeta di Vito Panati.

 

*Il porto di Gaeta*

Infatti, secondo alcune testimonianze all’epoca della commissione, poi rilanciate negli ultimi giorni da Carmine Schiavone, Gaeta era il crocevia dei traffici delle navi cargo che facevano la spola con la Somalia, mentre i due indagavano proprio su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici, dall’ItaliaMa cosa c’entra Gaeta in questa storia? Anzitutto la città del golfo era uno di quei porti presso i quali spesso facevano scalo le navi della compagnia che si occupava degli scambi tra Italia e Somalia (della flotta Italo-Somala Shifco), nell’ambito di un progetto di cooperazione internazionale.

 

*Un tratto dell’autostrada Garoe – Bosaso*

Questo progetto portò in circa un decennio, dal 1981 al 1991, quasi 1400 miliardi di lire spesi per costruire infrastrutture in Somalia. Tra le quali la discussa autostrada tra Garoe e Bosaso, realizzata per centinaia di chilometri in pieno deserto. Una mole enorme di denaro sulla quale la commissione parlamentare d’inchiesta, per fare luce sulla morte della Alpi e di Hrovatin, parlò di un sistema di corruzione fino al 50 percento delle commesse.

Il porto di Gaeta e le navi Shifco, il ruolo della Panapesca di Vito Panati nella commissione parlamentare

 

*Vito Panati*

Ma torniamo al progetto che coinvolgeva Gaeta e le navi Shifco. Un progetto specifico nell’ambito della cooperazione denominato Pesca Oceanica che prevedeva lunghe spedizioni di pesca in pieno oceano, il cui pescato veniva poi ceduto a grosse aziende per essere messo sul mercato. Qui entra in gioco la Panapesca di Vito Panati, allora ancora denominata Pia, che ha chiuso i battenti a Gaeta solo qualche mese fa, lasciando senza lavoro una quarantina di dipendenti. Vito Panati, sentito dalla commissione parlamentare il 22 marzo del 1995, ricordò come fino al 1993 i rapporti con la Shifco erano solo di natura commerciale. Un cliente-commerciante. La Pia acquistava svariate tonnellate di pescato dalle navi Shifco per poi rivenderle. Successivamente Panati stipulò un contratto di gestione delle navi insieme alla Shifco. E così anche tutto il personale passò a Gaeta.

 

*L’arresto di Monzer Al-Kassar*

Senza entrare nei numerosi rivoli dell’inchiesta, che oltre alle 600 pagine e più di relazione conclusiva, ha anche due relazioni di minoranza, l’aspetto sul quale soffermarsi è il traffico di armi e di rifiuti tossici. Anzitutto lo stesso Panati nella medesima deposizione alla commissione, su esplicita domanda relativa alla denuncia dell’imprenditore Silvano Gasperini presentata alla Digos di Roma, sulle casse di armi viste sulle navi Shifco, ebbe a ricordare che Gasperini non solo tentò un estorsione di un miliardo e mezzo nei suoi confronti ma fu denunciato insieme al Tg3 proprio per il racconto delle armi.

 

*La motonave 21 Oktobar II della Shifco (veritaprivatadelmobyprince.com)*

Va ricordato a tal proposito il rapporto del Consiglio di Sicurezza Onu S/2003/223, secondo cui il 14 giugno 1992, ricostruisce il rapporto, una nave Shifco caricò dalla M.V. Nadia circa 300 fucili d’assalto Ak-47 dell’Est Europa e 250mila proiettili di piccolo calibro. Il carico fu poi sbarcato ad Adale, in Somalia. Complice di Mugne (che era l’amministratore della flotta Shifco) e regista dell’intera operazione fu il “principe di Marbella” Monzer al-Kassar, trafficante internazionale di armi che riuscì a violare sistematicamente l’embargo Onu sulla Somalia a partire dal gennaio 1992. Quindi, tutto prima dell’ingresso di Panati come gestore.

Carmine Schiavone: “Da Gaeta smerciavamo armi e rifiuti”

 

*Carmine Schiavone*

Ma sono le recenti rivelazioni rilasciate da Carmine Schiavone a riaprire la breccia. Schiavone, in una intervista ad Andrea Palladino per ToxicLeaks, ricorda come “certamente anche da Gaeta partissero le armi e i rifiuti, proprio in quel periodo. Nei locali vicino al porto – ricorda – i somali parlavano. E i suoi uomini ascoltavano. Per poi riferire a Casal di Principe, la ‘capitale’ del cartello comandato da Francesco ‘Sandokan’ Schiavone. Così avveniva a Napoli – prosegue l’ex collaboratore di giustizia – dove le navi che portavano il cemento sfuso della nostra società Eurocem e ripartivano cariche di armi, verso i paesi del nord Africa e del Medio Oriente. Organizzate da chi? Non da noi, ma dai servizi di sicurezza. Porti da dove partivano le armi – e i rifiuti, sottolinea Carmine Schiavone – non erano solo Gaeta e Napoli. A Trapani c’era una collaborazione tra Cosa nostra e i servizi – racconta l’ex cassiere dei Casalesi – come mi raccontava in carcere un boss di Mazara del Vallo’.

Anche in questo caso – sottolinea Palladino – il suo racconto è ‘de relato’, ma probabilmente attendibile, visto lo stretto rapporto esistente tra il clan casertano e Cosa Nostra. Un rapporto non solo di fiducia, ma di scambio di informazioni. Il caso Alpi è oggi sostanzialmente fermo – ricorda Palladino – dal punto di vista giudiziario. L’unico approfondimento su Gaeta e il traffico d’armi risale al 1995-1996. Tutto, allora, venne archiviato e nessuno chiese a Carmine Schiavone chi fossero i veri padroni del porto. E cosa finisse in quelle navi spedite verso la Somalia”.

La petizione per desecretare i dossier su Ilaria Alpi

 

*Il presidente della Camera Laura Boldrini*

Ma perché tornare a parlare di Ilaria Alpi ora? Per almeno due motivi. Anzitutto perche è proprio di questi giorni il lancio di una petizione del sito change.Orgper raggiungere le firme necessarie, 30mila sottoscritte in un solo giorno di raccolta on-line, al fine di chiedere alla presidente della Camera Laura Boldrini di desecretare tutti gli atti di indagine sul caso Ilaria Alpi. Anche perchè va ricordato come vi fossero ben due relazioni divergenti da quella ufficiale stilata dalla commissione parlamentare presieduta dall’avvocato Carlo Taormina, e che non sposavano affatto la tesi della rapina finita male.

“Nel 2007 – ricorda il legale della famiglia Alpi Domenico D’Amati – la Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione del processo sostenendo che non vi erano altre indagini da svolgere. Ma il Gip ha negato l’archiviazione accogliendo la nostra opposizione. Il Gip ha disposto numerosi accertamenti. Oltre venti. Vuol dire che non era stato fatto molto in precedenza. Oggi, a venti anni esatti di distanza, siamo ancora in attesa di conoscere tutta la verità su quella vicenda. Questa verità potrebbe essere contenuta nella montagna di carta (ottomila documenti e dossier) che i servizi di sicurezza militare, l’ex Sismi, oggi Aise, hanno accumulato su fatti che attengono all’esecuzione dei due giornalisti. Carte che giacciono sotto chiave negli archivi della Camera a cui sembra essere stato negato l’accesso dall’Agenzia Aise”.

 

La discarica di Penitro e i rifiuti verso Gaeta. La versione del sindaco Bartolomeo

 

*Un momento di un recente sequestro a Penitro da parte del Corpo Forestale*

Ma c’è un’altra indagine che fornisce elementi nel possibile legame tra la morte di Ilaria Alpi e il porto di Gaeta. E’ quella relativa al possibile interramento di rifiuti velenosi all’interno delle discariche di Penitro e di Campese a Formia. Un’indagine riaperta solo qualche mese fa dalla Procura di Cassino, proprio dopo le prime rivelazioni ai media da parte dell’ex cassiere dei Casalesi Carmine Schiavone. La Procura vuole capire se ci sono altri rifiuti tossici come paventato da un sopralluogo della Polizia provinciale del 1997 e anche dalle rivelazioni di un altro esponente del clan, quel Cipriano Chianese che riferì che a Penitro c’erano migliaia di fusti.

 

*Sandro Bartolomeo durante l”assemblea tenutasi a Penitro*

Già eseguiti i sopralluoghi, a giorni dovrebbe arrivare un georadar per scandagliare il sottosuolo e fugare ogni dubbio. Ma ciò che è suonato come un elemento di novità, sono state le dichiarazioni dell’attuale sindaco di Formia Sandro Bartolomeo, che proprio alla fine del 1993 era al suo primo mandato da sindaco a Formia, il quale, in un incontro avvenuto proprio a Penitro nel dicembre scorso, per rassicurare i cittadini sulle evoluzioni dell’inchiesta, affermò: “Sicuramente il traffico di rifiuti ha coinvolto il Porto di Gaeta. I rifiuti son finiti sulle navi per andare da altre parti. Sulla storia dei rifiuti tossici in Africa c’è morta Ilaria Alpi”. Affermazioni rilasciate per suffragare l’ipotesi dei traffici di rifiuti della camorra nel sudpontino, con la collaborazione della politica, che “hanno visto Formia, Gaeta e il sudpontino, protagonisti di altri traffici, ma non come luoghi di sedimentazione”. In tale prospettiva va aggiunta un’altra dichiarazione di Schiavone che ha un peso specifico significativo, quella secondo la quale “Formia e Gaeta fossero provincia di Casal di Principe”, in ragione dell’alta concentrazione di traffici e business della criminalità organizzata.   

Tra pochi giorni saranno passati venti anni da quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati uccisi mentre stavano indagando su una grossa storia, forse troppo, e ancora molto, anzi tutto, va accertato in quella che sembra più l’ennesimo epilogo di una classica vicenda all’italiana che una tragica fatalità.

 

 

 

***ARTICOLO CORRELATO*** (Inchiesta dell’Antimafia di Trapani, le pale eoliche di Vito Nicastri sono passate dal porto di Gaeta – 18 aprile 2013 -)