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Quando Falcone non era Falcone

Quando Falcone non era Falcone

di Vincenzo Vasile

26 Maggio 2019

Viene voglia di stringerle tra le mani, le fotografie virtuali di cui si serve lo scrittore e giornalista Vincenzo Vasile per raccontarci un Giovanni Falcone meno noto, meno raccontato, un Giovanni Falcone esistito prima del pool antimafia, degli Stati Uniti, del “metodo Falcone”, del Maxiprocesso e di tutto il resto prima di quel tardo pomeriggio di maggio del 1992. Per qualche minuto la voce di Vasile distoglie la nostra attenzione dalla storia di Falcone così come la conosciamo, per farci vedere qualcosa di nuovo.
Con la sua scrittura aneddotica il giornalista riempie pagine di persone, luoghi e ricordi della vita di Falcone prima che diventasse Falcone; e più che una testimonianza di vecchie interviste con il giudice palermitano, il racconto di Vasile sembra un album che il giornalista riempie di istantanee scolorite, alcune forse mai scattate, altre che sarebbe stato meglio non dover scattare.  A non mancare in queste fotografie, come ci fa notare Vasile, sono i sorrisi del giovane e, poi, meno giovane Falcone. Sorrisi gentili, enigmatici, ironici, naturali. Quello che ci racconta il giornalista, che per molti anni fu caporedattore de “L’Unità”, ci fa smettere per un breve momento di trattenere il fiato (senza però, ahimè, poter tirare un sospiro di sollievo) e ci fa conoscere, da un punto di vista insolito e, a tratti, più leggero, alcuni spezzati della vita di uno dei protagonisti della lotta contro la mafia.
Iniziamo a sfogliare l’album immaginario e immediatamente ci imbattiamo in un giovane Falcone che cresce spostandosi tra vari quartieri di Palermo a causa della Seconda guerra mondiale. La sua famiglia fa parte di quella “corretta e decorosa borghesia tecnico-professionale che oggi non esiste più” e Giovanni frequenta il liceo classico Umberto I dove per molti anni si farà ricordare dai suoi professori come “un prodigio di serietà e applicazione”.
Il primo di questi scatti virtuali ritrae gli ancora sconosciuti Giovanni, soprannominato il “ragazzo delle panelle” (perché durante l’intervallo a scuola mangiava sempre pane e panelle, un “vitto interclassista”), e il futuro principe mafioso Vanni Calvello di San Vincenzo mentre si trovano nello stesso momento ai lati opposti di piazza Sant’Anna a Palermo. Nessuno dei due immagina che molti anni dopo il primo arresterà il secondo con l’accusa di associazione mafiosa.
Ci sono poi le foto dei pomeriggi passati tra oratori e circoli giovanili nel quartiere Kalsa dove Giovanni è cresciuto insieme all’amico Paolo Borsellino “nato a due passi, in Via Alloro”: qui i due amici d’infanzia si ritrovano spesso, per giocare a calcio balilla, con quello che diventerà il futuro boss di Cosa Nostra e che si autodefinirà l’“Agnelli di Palermo”: don Masino Spadaro. Anche qui, Giovanni non sa che anni dopo si troveranno nuovamente intorno a un tavolo, anche se non più per giocare come da ragazzi.
Tutto questo succederà a causa di quella “passionaccia per il diritto penale” che inizia a germogliare in Falcone ad appena 26 anni quando, dopo la laurea in Giurisprudenza, diventa pretore a Lentini. Sarà poi sul finire degli anni Settanta che il “ragazzo delle panelle” lascerà definitivamente spazio prima a “u farcuni, il falcone”, come venne soprannominato dopo il primo mandato di cattura che portava la sua firma, e poi al giudice Falcone così come abbiamo imparato a conoscerlo.
Ed è proprio nell’istantanea della cerimonia per il suo rientro a Palermo, nel 1979, che “il sorriso di Falcone lo troviamo al naturale”: in quest’occasione Rocco Chinnici annuncerà infatti che sarà Falcone a sostituire Cesare Terranova, assassinato da Cosa Nostra, e ad affiancarlo all’ufficio istruzione.
Negli anni successivi, con anche l’arrivo di Borsellino, Di Lello e Guarnotta, prenderà forma quello che qualche anno dopo Antonino Caponnetto chiamerà pool antimafia. Chinnici affiderà a Falcone e Borsellino il compito di sviluppare alcuni rapporti che vennero precedentemente insabbiati: Falcone lavorerà furiosamente all’inchiesta contro Rosario Spatola dove, seguendo il filo dei “portafogli mafiosi” dalla Sicilia agli Stati Uniti, arriverà a svelare il legame tra il gruppo Spatola-Gambino-Inzerillo e il “mago-finanziere” Michele Sindona. Ai processi del caso Spatola seguiranno l’attentato che tolse la vita a Rocco Chinnici e la legge La Torre. Ma questa è un’altra storia.
Vincenzo Vasile prima di riporre l’album che ci ha voluto mostrare attraverso le sue parole cerca un ultimo scatto: “Deve esserci da qualche parte la foto di Falcone che sorride, mentre ci invita – come un assistente universitario che si rivolge a un laureando che chiede la bibliografia per la tesi – a studiare attentamente quelle carte”. Le carte sono quelle del caso Spatola, e il sorriso è sempre quello di Giovanni Falcone pronto a diventare Falcone.

(sintesi di Laura Ferrarini)

 

fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/