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Problemi e prospettive derivanti dallo sviluppo dei Porti di Gaeta e Civitavecchia. Vogliamo parlarne?

L’acuirsi della vertenza sindacale nello stabilimento della Pozzi Ginori a Gaeta, in contemporanea con l’accavallarsi delle notizie che pervengono in ordine ai progetti di ampliamento del porto, sempre di Gaeta, ci inducono a fare un’amplia riflessione sul quadro generale di sviluppo dell’intero territorio.

Premettiamo subito che noi siamo favorevoli all’ampliamento del porto di Gaeta in quanto riteniamo questo come propedeutico e la conditio sine qua non allo/e per uno sviluppo generale di un territorio che è stato per troppo tempo devastato da un suo saccheggio criminale e, soprattutto, dalla mancanza di programmazione e di un’ idea di crescita complessiva che tenga conto delle sue vocazioni.

Detto questo, però, non possiamo nemmeno sottacere alcune nostre preoccupazioni che riguardano soprattutto gli aspetti della pace sociale e del controllo futuro del territorio in un’area geografica notoriamente infiltrata e fortemente condizionata da una presenza massiccia delle mafie.

Mafie – diciamo sempre e ripetiamo – soprattutto politiche, poi economiche e, infine, militari.

Lo stabilimento della Pozzi Ginori, come quello dell’ex Raffineria, oggi dell’AGIP, entrambi confinanti, sono immediatamente a ridosso dell’attuale area portuale di Gaeta.

Un’area, quella attuale, che a vista d’occhio appare subito del tutto insufficiente per il decollo e per il funzionamento di un porto degno di tale nome e che dovrà assolvere, come giustamente è previsto nei programmi, ad un ruolo di collegamento con tutto il mondo.

Per dirla in parole povere, le due realtà industriali citate rappresentano entrambe un vero e proprio ingombro che impedisce la realizzazione di ogni progetto di sviluppo portuale.

Stiamo parlando di due realtà economiche che danno da mangiare, senza considerare l’indotto, a 3-400 famiglie di un vasto territorio che si estende dal versante pontino del Garigliano fino a Fondi e che comprende tutti i comuni del sud pontino, da Gaeta, a Formia, Minturno, Itri, Sperlonga, Fondi ecc.

Da parte delle classi dirigenti politiche, economiche e sociali non c’è stato finora il minimo accenno alla sorte di queste due realtà e a tutti i problemi connessi.

Problemi che riguardano gli aspetti occupazionale in primis, ma anche quello, prevedibile, che attiene all’interesse delle mafie ad inserirsi nei piani di sviluppo, nella loro attuazione prima e, poi, nella loro gestione, non solo del porto stesso ma addirittura dell’intero territorio.

La stessa situazione che riguarda Civitavecchia, unita a Gaeta e a Fiumicino dalla medesima Autorità Portuale.

Stiamo, quindi, parlando dello sviluppo e delle gestione della portualità dell’intero Lazio, un problema che, per le sue dimensioni geografiche e per i colossali interessi economici che sottostanno, scatenerà –se non lo ha già fatto mentre noi tutti stiamo cincischiando sulle piccole cose – sicuramente l’interesse e gli appetiti non solo di grandi gruppi economici, ma anche, e forse soprattutto, di tutte le massonerie deviate e le mafie nazionali ed internazionali.

Stiamo parlando – per chi ancora non l’abbia capito – non di bruscolini, ma, al contrario, dello stravolgimento di tutti gli assetti economici, sociali, culturali, politici di tutta la regione Lazio e di mezza Italia, dell’intero Mezzogiorno, della Toscana, dell’Abruzzo, delle Marche ecc.

Non a caso noi, che l’abbiamo capito, abbiamo invitato i nostri amici dell’Alto Lazio a cominciare a guardare i problemi che riguardano Civitavecchia ed il Viterbese con una visione regionale e nazionale.

Porti importanti, come sono e, soprattutto, saranno, quelli di Civitavecchia e Gaeta, richiedono ampi territori come loro retroterra, territori che necessariamente dovranno essere “ ripuliti” – ci si lasci passare il termine – da ogni cosa che può rappresentare un impedimento al loro sviluppo.

Questo è elementare.

Che fine faranno le strutture esistenti?

E, ancora, ”chi “ gestirà le realtà che si intende creare???

Queste sono le domande che debbono porsi, oltre a noi, tutte le parti sociali – sindacati dei lavoratori, degli imprenditori, associazioni varie ecc-, economiche e politiche dell’intero Lazio e non solo.

Vogliamo, però, risposte chiare e definitive.

A cominciare dai sindaci.