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Prima bocciatura al Csm per la prescrizione Cartabia: “Impossibile chiudere molti processi, viola obbligatorietà azione penale”

Il Fatto Quotidiano

Prima bocciatura al Csm per la prescrizione Cartabia: “Impossibile chiudere molti processi, viola obbligatorietà azione penale”

La sesta Commissione di Palazzo dei Marescialli ha approvato a larga maggioranza, con 4 voti a favore e 2 astensioni, un parere contrario all’improcedibilità prevista dalla riforma della giustizia, che impone un termine limite di due o tre anni per lo svolgimento dei processi d’Appello: “Non è sostenibile in termini fattuali in una serie di realtà territoriali, dove il dato medio è ben superiore ai 2 anni, ed arriva sino a 4-5 anni”

di F. Q. | 22 LUGLIO 2021

Dal Consiglio superiore della magistratura arriva la prima bocciatura sulla riforma della giustizia di Marta Cartabia. La sesta Commissione di Palazzo dei Marescialli, quella competente per i problemi posti all’amministrazione della giustizia in materia di corruzione e contrasto alle organizzazioni mafiose e terroristiche, ha approvato a larga maggioranza, con 4 voti a favore e 2 astensioni, un parere nettamente contrario alla norma. “Riteniamo negativo l’impatto della norma perchè comporta l’impossibilità di chiudere un gran numero di processi”, dice il presidente della vommissione Fulvio Gigliotti dei 5 stelle. Non solo: secondo la Commissione “la disciplina non si coordina con alcuni principi dell’ordinamento come l’obbligatorietà dell’azione penale e la ragionevole durata del processo”.

La relazione del Csm, dunque, boccia completamente il nuovo meccanismo studiato da Cartabia, invece, mantiene la prescrizione esistente solo fino al primo grado. Nel secondo subentra un altro concetto, quello dell’improcedibilità. Se l’Appello non si conclude entro due anni, il processo non può più andare avanti, cioè muore in via definitiva. Lo stesso vale per quello in Cassazione, dove la tagliola scatta entro un anno. Termini più lungo – tre anni in Appello e 18 mesi in Cassazione – sono stati inseriti solo per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione: concussione, corruzione, istigazione alla corruzione e induzione indebita a dare o promettere utilità. Tempi più lunghi sono previsti anche per reati gravi come la mafia e il terrorismo, mentre sono completamente esclusi da questo meccanismo quelli puniti con l’ergastolo, come l’omicidio e la strage.

Per la sesta commissione il problema centrale è il termine di due anni entro il quale va celebrato il processo di appello, oltre il quale scatta la tagliola della improcedibilità: “Non è sostenibile in termini fattuali in una serie di realtà territoriali, dove il dato medio è ben superiore ai 2 anni, ed arriva sino a 4-5 anni”, spiega Gigliotti. Il che significa che con la nuova norma “si impedisce la trattazione di un gran numero di processi”. Restano poi anche i problemi di sistema, perchè la nuova disciplina mal si concilierebbe anche con un altro principio dell’ordinamento: quello della ragionevolezza. Il parere dovrebbe essere discusso dal plenum la prossima settimana, probabilmente mercoledì prossimo .