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Politica, miliardi, ‘ndrangheta (e Rocco Schiavone): così in Val d’Aosta sono saltati 9 governatori in 6 anni

Qui l’elezione diretta del presidente di Regione non esiste, le giunte cadono anche per una lite di paese. I miliardi del bilancio, il nodo delle inchieste sulle infiltrazioni della malavita e il fascino noir della serie tv con Marco Giallini

di Claudio Bozza – Il Corriere della Sera, Sabato 24 marzo 2023

«Eh, sa: qui siamo micidiali. Siamo l’unico posto in cui riusciamo a battere il record del Pd», dice sotto al Palazzo Regionale una vecchia volpe dell’Union Valdôtaine, il partito che qui fa e disfa tutto. Il groviglio armonioso del potere della Valle d’Aosta è riassunto in questa battuta sarcastica. Perché i leader, qui, vengono cannibalizzati uno dopo l’altro. È appena entrato in carica il nono presidente di Regione in sei anni: niente in confronto al Pd, che ha eletto l’undicesima leader in 15 anni.

Qui – nell’Eden incastonato tra Monte Bianco, Cervino e Gran Paradiso – la «macchina del potere» implode e si rigenera ogni volta. La colpa è tutta di un sistema elettorale votato alla totale instabilità. Tutti dicono che va cambiato assolutamente, ma nessuno poi lo fa davvero, perché in fondo fa comodo a tutti. È il mantra de Il Gattopardo («Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»), che continua a dettare legge anche dalla parte opposta della fu Italia borbonica. In Valle d’Aosta non è mai esistita l’elezione diretta del governatore: alle Regionali si eleggono 35 consiglieri, che poi votano il presidente della giunta. L’ultimo è stato appena eletto: si chiama Renzo Testolin, che ha nominato una giunta di soli uomini: 7 oltre a lui. E chissà quanto resisterà il neo governatore, perché qui anche un bisticcio tra famiglie importanti, magari su interessi economici, si riverbera subito in Consiglio, dove con un paio di voti in meno il castello crolla quasi all’istante.

Il bilancio regionale raddoppiato (nonostante la crisi)

«In questa ultima fase» racconta Enrico Marcoz, capo dell’Ansa di Aosta e acuto osservatore «è in corso una battaglia generazionale tra il “nuovo che avanza” e i “senatori” che resistono al rinnovamento, più simile ad una lotta tra clan che a uno scontro politico». Per la Regione a statuto speciale il Bengodi finì nel 2007, quando Mario Monti fece scattare la ghigliottina della spending review: fino ad allora, qui in valle, planavano buoni per ogni cosa, a partire da quelli per il carburante. L’ex premier, ancora oggi, è considerato il nemico pubblico numero uno. Secondo l’ultimo censimento Istat del 1° gennaio 2022, in Val d’Aosta ci sono appena 123.360 residenti. Ma la ricchezza in palio è enorme: «Basti pensare che una decina di anni fa il bilancio della Regione era di 990 milioni» osserva ancora il giornalista Marcoz «mentre oggi, grazie anche all’accordo sulla fiscalità siglato da Matteo Salvini durante il Conte II, nonostante la crisi si arriva a 1,7 miliardi in quello di previsione 2023». E pensare che, nel 2018, la Lega era riuscita a sorpresa a conquistare la vetta della Regione con Nicoletta Spelgatti.

La destra al potere, ma dura un soffio

La destra al potere, un’eccezione storica da queste parti, e infatti durò un soffio. Dicevamo che, da queste parti, è l’Union Valdôtaine che gestisce tutto. Il motto del partito autonomista? «Ni droite, ni gauche» («Né destra, né sinistra). Perché in fondo, oltre all’amata instabilità del groviglio armonioso, è sempre meglio la sinistra. In tanti, in valle, hanno ancora ben impresse le testimonianze di come il fascismo represse nel sangue la comunità francofona, qui fortissima. Le montagne attorno ad Aosta furono le roccaforti della Resistenza, con migliaia di partigiani nascosti negli anfratti più remoti, per poi scendere a colpire a sorpresa. Tra i mille racconti c’è anche quello del futuro leader del Pci Achille Occhetto, riparato da bambino con la famiglia a Champoluc.

Il grande ritorno de «L’Imperatore»

E così, anche stavolta, dopo mesi d’impasse che si pensava potesse sbloccarsi grazie a un accordo con la destra, la Regione ha ripreso con Testolin la via del «Ni droite, ni gauche». In questa ultima operazione di rigenerazione del sistema, dopo l’ennesima implosione, a rimettere a posto le cose è tornato in campo a sorpresa Augusto Claudio Arduino Rollandin, 73 anni, meglio noto come “Guste”, detto anche “L’Imperatore” (Augusto, appunto). Già presidente della Regione dal 1984 al 1990 e dal 2008 al 2017, vere e proprie ere geologiche di potere rispetto ad oggi. Rollandin, con il suo voto e la sua mediazione, dopo essere finito per anni in un cono d’ombra, è tornato in campo da mattatore (e da mediatore). Anche in questo caso conta l’eterno ritorno, la forza di rigenerarsi. Rollandin, nel 1994, fu condannato in via definitiva dalla Cassazione a 16 mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio per favoreggiamenti in appalti; nel 2021 venne condannato dalla Corte dei Conti al pagamento di 2,4 milioni di euro per danno erariale provocato all’amministrazione regionale con l’erogazione di finanziamenti della sua giunta al Casinò di Saint Vincent e l’anno dopo la Consulta ha annullato la sentenza. Eppure oggi è ancora qua, e detta legge.

Il film di Cognetti e la realtà: «Le otto montagne»

Rollandin viene da Brusson, spettacolare paesino di 800 abitanti in Val d’Ayas, il teatro de Le otto montagne di Paolo Cognetti, a 10 minuti dal paradiso di Graines, 7-8 anime al massimo, nei luoghi spettacolari dove è stato girato il film tratto dal libro. Questo sistema garantisce il potere dei soliti? «Sicuramente ci sono dei problemi, che hanno impedito di fare un certo lavoro amministrativo in modo decente» risponde Rollandin a 7. «Non si può andare avanti così. Abbiamo cercato di trovare dei punti di riferimento che garantiscano una prospettiva di governo più lungimirante e concreta. Mettiamo zeppe di continuo». Cambiare il sistema elettorale? «Più che altro serve un sistema che attribuisca vera responsabilità a chi s’impegna a governare», aggiunge Rollandin. In valle ci sono anche segnali di presenza della ‘ndrangheta. Molte ombre, diverse inchieste, ma finora nessuna ha resistito fino in Cassazione. Ma la criminalità organizzata c’è o non c’è in questa terra? «Non mi sento di escluderlo» afferma ancora “Guste”. «Credo che, come in altre regioni, ci siano delle situazioni che vanno gestite. Serve tanta attenzione anche da parte di chi amministra, specie quando si danno incarichi non deve essere perché uno è amico degli amici».

Le inchieste della magistratura

Perché in questo racconto il capitolo ‘ndrangheta è centrale. I magistrati hanno avuto tonnellate di materiale su cui indagare. Del resto, come potrebbe essere altrimenti in un sistema in cui tutte le partecipate – dal Casinò alla Compagnia valdostana delle acque e agli impianti a fune – sono di proprietà della Regione. Ci sono state due maxi inchieste (da Tempus fugit Genna) che hanno acceso i riflettori sulle ‘ndrine. Del resto è una questione di numeri: «Perché qui, su 123 mila residenti, il 27% arriva dalla Calabria» osservano dalla Procura «e molti portano i cognomi di storiche famiglie malavitose arrivate qui negli Anni 70». Faldoni e faldoni per indagare sul voto di scambio su politica e ‘ndrangheta, tra auto bruciate e diverse estorsioni: una valanga di arrestati, poi tre quarti di questi si sono ritrovati fuori per i motivi più disparati. In questo vortice, nel 2017, finì anche Pasquale Longarini, procuratore facente funzioni, arrestato con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità. Da Napoli arrivò Paolo Fortuna, antidivo che non rilascia dichiarazioni, ma delega i suoi collaboratori.

Tribunale e procura: la difficile via della legalità

Il dottor Fortuna ha faticato non poco a rimettere le cose un po’ in sesto. I due palazzi che ospitano Tribunale e Procura (quella assaltata per mesi dai giornalisti per l’inchiesta sull’omicidio di Cogne) sono proprio sotto la Becca di Nona, una delle vette spettacolari che si vedono dalla città. Manlio D’Ambrosi è uno dei sostituti procuratori, responsabile della comunicazione, e durante la nostra breve chiacchierata, snocciolando i numeri dell’attività investigativa ne tira fuori uno che colpisce: «In Valle d’Aosta, nel 2022, abbiamo registrato 17,2 casi di violenza di genere ogni 100 mila abitanti» evidenzia «la seconda peggiore regione d’Italia. Solo in Sicilia ce ne sono state di più: 17,4». È forse questo lo spaccato più inquietante di questa terra. Bella che ti porta via il fiato, ma anche un po’ noir e indecifrabile. Che poi è il cuore della narrazione di Rocco Schiavone , la serie tv sul vicequestore spedito qua, da Roma, per punizione. Un racconto cinematografico che ha spinto in valle migliaia di turisti. E pensare che, all’inizio, leggendo i libri di Antonio Manzini, davanti al racconto di quella Val d’Aosta «umida e controversa» in tanti storsero il naso davanti alla richiesta di fondi, a partire dall’allora responsabile del turismo regionale.

Rocco Schiavone e i fondi della Film Commission

Dal 2011, anno della nascita della Film Commission Valle d’Aosta, sono ben 180 le produzioni realizzate: «Con una ricaduta economica diretta sul territorio di 7,5 milioni di euro, contro investimenti effettuati finora di 2,5 milioni di euro», spiega Alessandra Miletto, direttrice della fondazione. Attraversando piazza Chanoux, dove si affaccia il palazzo del Comune, pare di vederlo Marco Giallini (alias Rocco Schiavone) che seduto prende il caffè e indaga sul sospettato di turno. Ma la rappresentazione cinematografica di questa terra è fedele? «Lo sguardo di uno scrittore è sempre uno sguardo che trasfigura» riflette il sindaco Gianni Nuti. «Vengono esaltati alcuni aspetti negativi, ma anche quelli romantici. La cosa importante del messaggio cinematografico è che, comunque, è evocativo e alimenta il mistero. Il non conosciuto attrae turisti che vogliono scoprire Aosta. E aiuta anche i nostri cittadini a guardare la propria città con un altro sguardo».

Fonte:https://www.corriere.it/sette/politica/23_marzo_25/val-d-aosta-9-presidenti-6-anni-ndrangheta-rocco-schiavone-b88f2a16-c6ee-11ed-b36c-2a3973ff88c4.shtml