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Politica e mafie

POLITICA E LEGALITA’

“Un terzo dell’economia italiana è penetrato, infiltrato, controllato da capitali di carattere mafioso”.

A dirlo è il PM del pool antimafia di Palermo Antonio Ingroia.

Questo dato evidenzia la forza economica – e quindi politica – della criminalità organizzata nel nostro Paese.

Uno studio fatto dall’ IRES per conto del Ministero del Lavoro, presentato nei primi giorni di ottobre a Milano, sottolinea come l’economia illegale rappresenti il 15% del nostro Prodotto Interno Lordo, cioè 169 miliardi di euro, mentre la corruzione, come sottolinea la Corte dei Conti, tocca i 60 miliardi all’anno.

Questo è il quadro che ci troviamo di fronte e dal quale dobbiamo partire per ogni analisi.

E, per quanto riguarda il comportamento della nostra classe dirigente politica, ci sono da sottolineare gli stretti legami che legano una parte consistente di questa alla criminalità organizzata.

Lo mettono in evidenza ancora una volta, in questi giorni, i magistrati napoletani che hanno redatto il testo dell’ordinanza cautelare emessa nei confronti dell’attuale Sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, ma, ancor prima, gli investigatori autori delle tante inchieste che interessano la nostra Regione (ci limitiamo a questa, per non parlare delle altre): da quella che riguardava il faccendiere Fecarotta e che ha interessato i lavori nel porto di Gaeta e la città di Civitavecchia, alla Nettuno connection, dalla Formia Connection, alla più recente cosiddetta “Damasco” che riguarda Fondi.

Tutte hanno evidenziato i fiumi di denaro sporco delle mafie utilizzato per impossessarsi, con la complicità di stuoli di esponenti politici e di amministratori pubblici, di parti cospicue della nostra economia.

Ci aiuta a mettere bene in luce la situazione in cui ci troviamo nel Paese Roberto Scarpinato, Procuratore Aggiunto di Palermo, ne “Il ritorno del Principe”, il quale dice nell’intervista rilasciata a Saverio Lodato:

“Qui, in Italia la corruzione e la mafia sembrano essere costitutive del potere, a parte poche eccezioni (la Costituente, Mani Pulite, il maxiprocesso a Cosa Nostra).

Ricordate Il Principe di Machiavelli?

In politica qualsiasi mezzo è lecito. C’è un braccio armato (anche le stragi sono utili alla politica del Principe), ci sono i volti impresentabili di Riina, Provenzano, Lo Piccolo e, poi, c’è la borghesia mafiosa e presentabile che frequenta i salotti buoni e riesce a piazzare i suoi uomini in Parlamento. Ma il potere è lo stesso, la mano è la stessa”.

“ Si può affermare che lo Stato in Italia è esistito solo negli spazi residuali non occupati dalle oligarchie in competizione. Questo fenomeno costituisce la declinazione di una tendenza degenerativa oligarchica dei ceti dirigenti italiani che ha un cuore antico, tanto da costituire all’inizio del secolo il fulcro dell’analisi di uno dei più grandi scienziati italiani della politica: Gaetano Mosca, esponente della destra postrisorgimentale e teorico della fondamentale dottrina delle “élite”. ”

Il Paese è stato afflitto finora da due grandi metastasi che rappresentano due facce della stessa medaglia: Tangentopoli e Mafiopoli.

La violenza delle oligarchie degenerate.

Sempre il Procuratore Scarpinato dice al riguardo:

“Allo stesso modo potrebbe dirsi che i Riina, i Provenzano, i Concutelli, i Fioravanti, i Chiesa, i Poggiolini non sono-come si vorrebbe far credere-dei mostri, ma sono espressione di una mostruosa “normalità” italiana che chiama in causa l’identità culturale del Principe, cioè di quella componente della classe dirigente italiana che da sempre ha costruito il proprio potere sul sistema della corruzione, su quello mafioso e che ha protetto nel tempo i vari specialisti della violenza utilizzandoli per gli omicidi di mafia e per la strategia della tensione realizzata mediante stragi di innocenti.

Un’identità che –come intuirono Ennio Flaiano e Leonardo Sciascia- alimenta l’eterno fascismo degli italiani, inteso come uno dei connotati del genoma culturale nazionale, come una dimensione culturale prepolitica che nel tempo si cala in forme politiche più o meno palesi, più o meno pure e compromissorie “

… ”Il risultato è che oggi in Italia il Parlamento nazionale, i Consigli regionali e snodi importanti dell’intero circuito istituzionale sono affollati di pregiudicati, di inquisiti per i più svariati reati e di personaggi talora poco presentabili”.

In Italia c’è un problema irrisolto, a mio parere: quello del rapporto fra classi dirigenti e violenza e criminalità. E’ appunto il caso emerso a Fondi (in provincia di Latina), comune che, pur in presenza di montagne di prove inconfutabili acquisite da Magistratura e forze dell’ordine e le richieste del Prefetto e del Ministro dell’Interno, il Governo si è rifiutato di sciogliere per mafia.

C’è un altro aspetto che non va sottovalutato e che emerge sempre nelle dichiarazioni di taluni personaggi, a cominciare dall’attuale Presidente del Consiglio ed ancora una volta del Sen. Fazzone e dell’ex Sindaco di Fondi i quali menano continuamente vanto di godere del consenso della maggioranza dei cittadini.

“E’ la teoria moderna sul fondamento del potere-la teoria “ascendente”- secondo la quale, scrive ancora il Procuratore Scarpinato, il potere risiede nel popolo che lo delega ai suoi rappresentanti, è molto più sofisticata ma, come quelle che l’hanno preceduta, è infarcita di imposture. I dittatori del Novecento – a destra ed a sinistra – assumevano di essere investiti dal nuovo dio laico: il popolo, la nazione, la classe operaia “

Leonardo Sciascia ha scritto:

“Il potere non è nel Consiglio Comunale di Palermo, il potere non è nel Parlamento della Repubblica. Il potere è sempre altrove.

Lo Stato per me è la Costituzione e la Costituzione non esiste più”