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Politica e mafia – questione etica

“Sono emerse dalle nostre indagini tutta una serie di rapporti tra esponenti politici e organizzazioni mafiose che nella requisitoria del Maxiprocesso vennero chiamati “contiguità”, cioè delle situazioni di vicinanza o di comunanza di interessi che però non rendevano automaticamente il politico responsabile del delitto di associazione mafiosa. Perché non basta fare la stessa strada per essere una staffetta, la stessa strada si può fare perché in quel momento si trova – almeno da punto di vista strettamente giuridico – si trova conveniente o fare convergere la propria attenzione sullo stesso interesse. Questo non ci ha consentito dal punto di vista giudiziario di formulare imputazioni sui politici, però stiamo attenti, vi è un accertamento rigoroso di carattere giudiziario che si esterna nella sentenza nel provvedimento del giudice e poi successivamente nella condanna, che non risolve tutta la realtà, la complessa realtà sociale. Vi sono oltre ai giudizi del giudice, esistono anche i giudizi politici, cioè le conseguenza, che da certi fatti accertati, trae o dovrebbe trarre il mondo politico. Esistono anche i giudizi disciplinari, un burocrate, un alto burocrate, che ad esempio, dell’amministrazione ha commesso dei favoritismi, potrebbe non aver commesso automaticamente, perché manca qualche elemento del reato, il reato di interesse privato in atto d’Ufficio, ma potrebbe essere sottoposto a procedimento disciplinare perché non ha agito nell’interesse della buona amministrazione.
Ora l’equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino al mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire beh ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dall’indagine sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma erano o rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo “schermo” della sentenza e detto: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia e non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti, ovunque, da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato.”
Paolo Borsellino
(26 gennaio del 1989, incontro con gli studenti Istituto professionale di Stato per il commercio “Remondini” di Bassano del Grappa)

a distanza di molti anni da quell’incontro, e dagli anni che sono trascorsi dall’assassino di Paolo, sua sorella Rita, nel libro “Nata il 19 luglio”, ha espresso la stessa tensione morale, da cittadino!

”Quasi quasi ci ridono in faccia quando parliamo di etica. Ma perché? Ma perché? La politica non deve astenersi dall’etica, l’economia non deve astenersi dall’etica. A furia di sentirsi dire (dai politici) che alla politica e all’economia non si devono applicare normalissimi principi di correttezza e rispetto, cioè le “regole” che rendono “civile” una società, ci si sta abituando a pensare che debba essere così. Finisce che si superano tutti i paletti e tutto diventa lecito. Sembra quasi che solo la Magistratura riesca a segnalare e far rispettare la presenza di questi paletti; e dunque non è un caso che si voglia imbavagliare la magistratura. Il giochetto dei politici inquisiti è astuto: dicono che devono rispondere solo alla Legge (bontà loro) e alla loro coscienza. Ma io, cittadino, perché devo fidarmi della coscienza di un altro? La coscienza individuale è qualcosa di non tangibile e controllabile, è un fatto privato, vale per me nei confronti di me stessa e di Dio, se ci credo, ma non garantisce nulla nei rapporti con gli altri. Al contrario, deve esistere una Questione Morale. Che non coincide con la questione giudiziaria.”
Rita Borsellino

(tratto da Casa della Legalità e della Cultura – Onlus)