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Pisanu: “la mafia va combattuta nel campo della finanza e della politica”: è’ quanto noi denunciamo da anni, trovandoci sempre di fronte ad un muro di gomma. Si colpisce, quando si colpisce, la mafia bassa, la manovalanza. La vera mafia, quella più pericolosa, che comanda, che conta e sta nella politica, nelle istituzioni, fra i professionisti – i famosi “colletti bianchi” – viene raramente toccata. E sono mafiosi anche i semplici cittadini che vedono, sentono, ma non fanno niente per denunciare e far arrestare i veri mafiosi

Guardano al Centro e al Nord Italia ma continuano ad avere i piedi ben piantati nel Mezzogiorno: le mafie, oggi, investono soprattutto nel Lazio, l’Emilia Romagna, la Lombardia, la Liguria e il Piemonte ma continuano a drenare risorse nelle quattro regioni dove conservano le radici ovvero Sicilia, Puglia, Calabria e Campania. Parola di Beppe Pisanu, presidente della commissione parlamentare antimafia che, nella relazione di meta’ legislatura, ha toccato il punto debole della lotta alla mafia: “A fronte di un’iniziativa forte sul terreno della repressione della criminalita’ – ha sottolineato – non e’ ancora partita un’azione egualmente forte per distruggere il suo brodo di coltura, cioe’ il sottosviluppo”. Insomma se non si argina con riforme economiche, culturali e sociali, la mafia proliferera’ al Sud e potra’ continuare a investire al Nord. Pisanu indica quella che potrebbe essere una strada per vincere la guerra contro le mafie: “Dovremo combatterle piu’ che sul versante militare, su quello assai piu’ sfuggente e impervio dell’economia, della finanza e della politica”. Si’, perche’ le mafie cambiano volto. Adesso “dobbiamo riconsiderare il trinomio mafia-affari-politica come l’espressione di un vero e proprio “sistema criminale”; un sistema che va oltre i confini tradizionali delle singole organizzazioni mafiose, confondendosi e amalgamandosi con la vita ordinaria dell’economia, della societa’ e delle istituzioni. Persone le piu’ diverse per provenienza e cultura si mettono a far sistema nella realizzazione di grandi affari illeciti: mafiosi, politici, imprenditori, banchieri, liberi professionisti, burocrati e altri servitori infedeli dello Stato”. I ritardi e le “colpe” dello Stato: “Il potere mafioso non ha solo costruito fortezze e casematte da espugnare con operazioni accorte di polizia, ma – si legge nella relazione della Commissione Antimafia – anche un’estesa base di consenso che lo Stato puo’ riconquistare solo con le armi proprie della civile convivenza. In questo senso, dobbiamo registrare ritardi, omissioni, errori che hanno un prezzo molto elevato”. Basta con la “teoria dei due tempi: l’idea, cioe’, nella prassi finora vincente, che la mafia possa essere debellata nel Mezzogiorno, prima con le forze di polizia e poi con la riforma economica, sociale e culturale. E’ una mera illusione. Si deve invece procedere simultaneamente su entrambe le linee. Altrimenti, le mafie colpite militarmente al Sud continueranno a crescere economicamente al Nord”.

(Tratto da RadioCor)