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Piromalli-Molè: ecco come volevano ricostruire il casato di ‘ndrangheta a Gioia Tauro

di Domenico Latino — 10 Marzo 2023

Ricostituire l’unità dello storico casato di ’ndrangheta Piromalli-Molè, sfaldatosi dopo l’omicidio di Rocco Molè, cl. ’62, freddato l’1 febbraio del 2008 mentre era a bordo della sua minicar: era questo il progetto ambizioso di Aurelio Messineo, considerato un apicale della famiglia Piromalli, molto vicino al mammasantissima Pino “Facciazza”, che meditava di farsi interlocutore privilegiato di una possibile trattativa con il reggente della famiglia dei Molè, Nino “u jancu”, figlio di Mico e nipote del boss Mommo Molè.
A fornire l’occasione per realizzare l’auspicata “fase di rinnovamento” l’interlocuzione avviata dopo l’incendio di un peschereccio in un cantiere alla Tonnara di Palmi, nell’ottobre 2020. Il figlio della vittima del danneggiamento, Alessandro Cutrì “u lustru”, pluripregiudicato finito in manette nell’operazione
 “Joy’s Seaside”, invece di denunciare cerca la copertura mafiosa dei Piromalli che, quindi, aprono un dialogo con i Molé sfociato nella “pax” raggiunta durante un summit avvenuto sera del 3 dicembre 2020 nella parte nuova del cimitero di Gioia Tauro. Un luogo ritenuto sicurissimo e non presidiato dalle forze dell’ordine. L’incontro viene invece documentato dagli investigatori che immortalano i partecipanti delle due “delegazioni”: da un lato vi sarebbero Aurelio Messineo e Cosimo Romagnosi, per i Piromalli; dall’altro Antonio Molè “u jancu”, Guido Pavia, Antonio Albanese “u Barberi” e Giacomo Previte.
Da una successiva intercettazione ambientale captata durante un confronto tra 
Cosimo e Domenico Romagnosi, emergeva che al summit era intervenuto anche Alessandro Cutrì e che i contrasti tra quest’ultimo e i componenti della cosca Molè erano stati definitivamente appianati. Per il gip questo episodio ha l’indiscutibile valore di documentare come, attesi gli equilibri fortemente vacillanti tra le due storiche ’ndrine, la convivenza venisse assicurata mediante confronti che di volta in volta si rendevano necessari per la gestione delle singole problematiche.
Già in una conversazione intercettata il 30 ottobre del 2020, Messineo riferiva a Cosimo Romagnosi che con Nino “u jancu” aveva avviato un dialogo pacifico ed era in progetto di intraprendere un percorso di riunificazione delle due cosche, che però doveva necessariamente passare per il vaglio di personaggi appartenenti alle due diverse fazioni criminalmente più autorevoli e a loro sovraordinati («Ora io con Nino abbiamo aperto un rapporto di dialogo… di certe situazioni: e lui le cose le vuole far tornare come erano state… com’erano… gli ho detto io Nino non è cosa né tua e né mia… Però noi quello che possiamo fare semplicemente… cercare di recuperare un po’ quello che è stato scomposto… poi domani c’è chi li può portare apposto… prima o poi ci sarà…»). Emblematiche sul punto le parole di Messineo: 
«Se tu vuoi riportare le cose com’erano le cose… chiunque arriva a Gioia Tauro deve essere di quella famiglia Piromalli e Molè, appena fanno il nome Piromalli e Molè… deve essere… tu hai un’impresa… deve essere Piromalli… tu hai un introito, deve essere anche Piromalli… tu invece di questo tu a me non me lo stai dimostrando… c’è questa situazione così così così…». La riappacificazione doveva avvenire però nella massima prudenza, specie nell’interlocuzione relativa ad altre questioni, onde non pregiudicare il dialogo avviato. Messineo lo ricorda al sodale Antonio Zito “u palisi”, confrontandosi in ordine ad alcune problematiche sorte con la cosca Molè rispetto ad un’estorsione da praticare in occasione delle festività pasquali, invitandolo alla cautela nell’interlocuzione con Nino “u jancu”: «Voi non chiamate a nessuno Nino… prendete le mie parole… non facciamo che tutto quello che sto cercando di creare lo rompiamo tutto in una volta, fate quello che vi dico io, abbiate la bontà».
Secondo gli investigatori, i Piromalli 
puntavano a chiudere la fase dello scontro armato con i cugini Molè riprendendo il “partenariato criminale” con gli “scissionisti” per potere ottimizzare i traffici illeciti e mandare un messaggio inequivocabile alle altre cosche della Piana di Gioia Tauro sulla ritrovata unità. L’occasione per far ripartire il dialogo, dopo decenni di rottura contrassegnata da eclatanti omicidi, come quello di Rocco Molè, era il controllo del mercato ittico di Gioia.

Fonte:https://calabria.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2023/03/10/piromalli-mole-ecco-come-volevano-ricostruire-il-casato-di-ndrangheta-a-gioia-tauro-df9fa661-6bf6-4d20-9174-15d076333173/