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Periferie dentro e fuori di noi di Francesco de Notaris

Periferie dentro e fuori di noi
di Francesco de Notaris 

 

Quanto accade in Francia suscita in noi riflessioni sulle condizioni in cui vivono tante famiglie ed uomini, donne e bambini.

Ed il pensiero corre alle periferie delle nostre grandi città, come se il disagio fosse tutto in quei luoghi.

Vi propongo di pensare al fatto che al centro delle città vi sono tante periferie, così come, per il vissuto di ognuno, la periferia può essere dentro di noi.

Se indugiamo su idee del genere rischiamo di andare lontano o fuori strada.

E’ interessante richiamare il fatto che i tristi avvenimenti francesi sono espressione delle occasioni perdute dalla politica.

Da diversi anni una politica che descrive ed una che denuncia sono esercizio quotidiano.

Manca una politica che indica obiettivi, che guarda lontano, che anticipa le conseguenze possibili delle scelte  o dello stesso evolversi della società.

Vi è una  politica alta  che costruisce l’Europa e  che produce documenti anche belli da leggere.

Non vedo una politica che coniughi le grandi affermazioni con le risposte da dare a questa società e che sia positivamente progettuale.

Desidero sottoporvi due fatti che ritengo esemplari e che, mentre scrivo, mi vengono alla mente.

Sarete voi a trarne ulteriori considerazioni.

Nella programmazione di interventi, di opere da realizzare nei territori ,le commissioni di esperti sono generalmente composte da tecnici di grande valore, dai giuristi agli ingegneri, dagli archietetti agli economisti e così via.

Avete mai visto,in un gruppo di lavoro che deve progettare un insediamento abitativo, un esperto in scienze umane, uno storico, un buon sociologo?

Come se la “convivenza” che si immagina avesse a che fare con le pietre…!

Dinanzi a fenomeni di violenza, a fatti criminali che turbano una comunità, avete notizia di qualche giunta regionale, provinciale o comunale che si riunisce anche per interrogarsi sul proprio percorso progettuale, per esaminare profondamente la complessità  delle problematiche, le cause, i probabili effetti, le prospettive che sono proprie degli eventi in questione?

Esaurite le liturgie, le commemorazioni, concluso il rituale dei discorsi di circostanza che individuano sempre le responsabilità…di altri, la pratica è chiusa.

Non mancano mai le riunioni dei comitati di sicurezza con presenza di questori, prefetti e generali ai quali manifestiamo sempre gratitudine e rispetto pari all’entusiasmo al cospetto di un bel panorama.

E torniamo alle periferie, dalle quali, in verità, non mi ero allontanato.

Abbiamo costruito dei “mostri”, che non possono che generare “mostri”, prima o poi.

L’esplosione della violenza, quella che brucia tutto ciò che intorno esiste ed è stato pensato e costruito dai nostri “esperti” verrà, non verrà, se, quando, non si sa.

Il prevederlo è compito dei vulcanologi!

Io credo che la violenza già c’è. C’è stata nel costruire quei rioni senza radici o nel non aver saputo integrare vecchie periferie nel sistema città.

C’è una violenza indotta che si manifesta nei più giovani e lo evidenziano gli stessi loro comportamenti all’interno del proprio habitat e quando quei giovani giungono al centro delle città.

Ed ecco l’allarme dei cittadini per bene, della polizia, degli amministratori che corrono ai ripari, magari anticipando nei giorni festivi la fine delle corse dei servizi pubblici…

Ma ci rendiamo conto che in tanti quartieri delle periferie uscire di casa per “fare quattro passi”, per guardare una vetrina sotto casa, per andare in un bar o per frequentare un oratorio o per fare sport non è possibile, perchè manca tutto?

I Partiti, lontani dal territorio e dalla vita delle persone, sono lo specchio della fragilità di una politica lontana, altra da quella necessaria.

Lo stesso potere regionale non riesce a disegnare prospettive e non ha quadri di riferimento condivisi da amministratori impegnati comunque a spendere le quote del bilancio che a loro “spettano”.

Il potere si legittima se si rapporta di continuo con gli uomini da governare, con i processi da guidare e con le richieste da anticipare.

La domanda, la rivendicazione, la protesta vanno accolte dallo Stato, dalle Istituzioni e sono occasione di ulteriore salto di qualità.

La protesta è motivata, è lecita e non è illecita se confligge con i convincimenti dei governanti. Le forme della protesta vanno tenute nella legalità democratica e la stessa democrazia richiede che si guardino le ragioni di chi protesta.

In definitiva, ad una crescita della motivata richiesta deve accompagnarsi una crescita di capacità di governo.

In questi anni la società italiana è comunque cresciuta nella consapevolezza dei propri diritti, proprio perchè le sono state limitate le aspirazioni e soffre un evidente disagio.

Per cambiare dobbiamo motivare in un processo virtuoso ampi strati della popolazione.Non ci interessa trasferire nell’ulivo fameliche clientele dietro pastori desiderosi di cambiare pascolo, soltanto per…pascolare!