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Perché stiamo insistendo molto sulle vicende che coinvolgono Gaeta e la provincia di Latina in materia di traffici illeciti,camorra,Servizi e quant’altro……………..??????????

La sensazione é che “dietro” tutto ciò che stiamo riesumando da notizie giornalistiche ,rapporti della Commissione Parlamentare d’inchiesta sui rifiuti,da quella  di inchiesta sull’assassinio di Ilaria Alpi ,dalle interviste di Carmine Schiavone,dalle interrogazioni parlamentari  ed altro  ancora  potrebbe nascondersi qualcosa  di “grosso” ,molto  grosso.I parlamentari  hanno parlato di “ lobby”qualcuno parla di “cupole”.
Chiamiamolo come vogliamo ma certo é che c’é un “qualcosa”,un organizzazione,un insieme di soggetti,che non vogliono che  si indaghi per scoprire  cose molto delicato.Due fatti ce lo fanno  sospettare :il primo é quello che ha raccontato il Procuratore Prestipino  e che ha riportato Il Fatto Quotidiano che sotto ripubblichiamo ,il secondo é  il rifiuto a  convocare i camionisti  di Itri,Gaeta e di altri comuni del sud  pontino  che avrebbero trasportato i rifiuti nocivi e dei cui mezzi Schiavone ha fornito le targhe.A questi due si potrebbe aggiungere un terzo:la rimozione dell’ex Prefetto di Latina Bruno Frattasi  reo di aver messo gli occhi su Fondi.
In tutto questo groviglio di situazioni e fatti possiamo  collocare tutta la vicenda  di Ilaria Alpi  e l’assassinio di Don Cesare Boschin,il parroco di Borgo Montello ucciso perchè forse sapeva troppo dei traffici di rifiuti tossici nella discarica ,gli stessi rifiuti  di cui aveva parlato Carmine Schiavone e che vedevano coinvolto  anche il Porto di Gaeta.
Non si vuole  evidentemente che  si approfondiscano certe cose e ciò potrebbe spiegare anche la debolezza di  un impianto  investigativo e l’omertà della gente.
Qualcuno ci ha parlato di recente di tutto un “sistema” messo in piedi negli anni ,soprattutto a Gaeta, dove politica,istituzioni,economia ,tutto,sarebbero funzionali  al suo mantenimento.
Infatti la risposta di ognuno é sempre la stessa :”Nun  sacc niente”.Niente di Ilaria Alpi,niente di Carmine Schiavone,niente delle presenze di camorristi,niente degli  incontri  raccontati da Facchi e dai giornali campani;niente di niente.Anche a livello politico si verificano situazione che fanno pensare e che potrebbero condurci a quel “sistema” che  punta a stabilizzare il tutto e a confondere le acque.Si parla ,infatti,di tante liste civiche  che sono,come si sa,lo strumento attraverso il quale non si risponde ad alcun controllo e ad  alcuna regola.Lo strumento,peraltro,attraverso il quale  possono candidarsi  ed entrare nell’amministrazione pubblica  tutto e tutti.Anche ,eventualmente,elementi che facciano riferimento direttamente od indirettamente  ad organizzazioni malavitose e gruppi di affari.A Gaeta si parla di  rotonde,isole  ecologiche,percorsi pedonali,sagre e paparielli.E di storia,ma di quella antica e non moderna.Mai una sola parola sulla camorra  che é diventata padrona del territorio costringendo larghe fette della popolazione ad andare via dalla città.
Se non é il “sistema” questo !!!!!!………………………………………..
DA “IL FATTO QUOTIDIANO” DEL 13.12.2014

MISTERI,TANTI MISTERI  SUI QUALI C’E’ L’ESIGENZA DI FARE LUCE.

IN ESSI APPAIONO  SPESSO NELLA PROVINCIA DI LATINA  GAETA ED IL SUO PORTO …………….

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO.IT

 

Mafia capitale e la palude di Latina: tra omertà e minacce, indagare non si può

Minacce ai pm, fughe di notizie e decreti di intercettazione appena attivate in mano a chi non doveva averle. Il procuratore aggiunto di Roma: “Senza registrazioni telefoniche e ambientali non riusciamo a fare inchieste sulle organizzazioni mafiose”

di Andrea Palladino | 13 dicembre 2014

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Lo sguardo dei due poliziotti all’ingresso della prefettura diLatina improvvisamente si irrigidisce. Claudio Fazzone – il senatore divenuto famoso per aver difeso la sua città natale Fondi dallo scioglimento per mafia – entra senza guardarsi attorno. Questo è il palazzo da dove partì la commissione d’accesso che andò a verificare l’operato della giunta retta dal suo amico e socio Luigi Parisella, tra il 2008 e il 2009. E questo era l’ufficio dove sedeva Bruno Frattasi, il prefetto che chiese a Maroni di mandare a casa il consiglio comunale fondano, con il sospetto di essere stato troppo tenero con i clan di ‘ndrangheta e camorra. Oggi il senatore Fazzone varca la soglia con un ruolo inaspettato: componente della commissione parlamentare antimafia, arrivata a Latina per capire quanto forte sia il peso della criminalità organizzata a sud di Roma. Presenza, la sua, sorprendente, visto che fino a ieri a palazzo San Macuto non si era fatto mai vedere.

 

Latina è da decenni un pezzo dello scacchiere delle mafie, dove ‘ndrangheta, Cosa Nostra e camorra si spartiscono affari, pezzi di territorio, conquista del litorale, logistica: “Una presenza ormai radicata e strutturata” avevano spiegato il procuratore della Dda di Roma Giuseppe Pignatone e il suo aggiuntoMichele Prestipino, dopo aver a lungo raccontato l’inchiesta diMafia Capitale, basando le parole sui tanti fascicoli accumulati dall’antimafia da più di un decennio. Processi che hanno visto imputati – poi condannati – gente del calibro di Zagaria, o i fratelli Tripodo, figli del mammasantissima di Reggio Calabria don Mico, nome storico delle cosche del sud, ucciso nel carcere diPoggio Reale negli anni ’70.

Su una cosa Fazzone non ha dubbi: “Il consiglio comunale di Roma va sciolto per infiltrazione mafiosa”, racconta ai giornalisti a margine della audizioni che la commissione parlamentare ha tenuto oggi. In tanti si guardano negli occhi: “A Fondi era differente – aggiunge, intuendo il paradosso delle sue parole – lì non c’era un solo consigliere comunale condannato, solo un assessore finito nell’inchiesta per problemi personali. Qui le mafie non sono strutturate – spiega – la presenza è la conseguenza di qualche personaggio arrivato da fuori. Non generalizziamo, ne va di mezzo l’economia del territorio”. Una realtà ben lontana da quella disegnata dagli ufficiali che nel 2008 analizzarono le carte del comune del sud pontino, sottolineando in rosso gare d’appalto, procedure extra ordinem, amicizie sospette. Se Roma brucia, Latina per il momento sonnecchia.

Dietro l’aria di festa natalizia che già si respira nelle strade c’è ungiudice minacciato pesantemente, con due manifesti funebri appesi davanti alla scuola delle figlie. Si chiama Lucia Aielli, e fu lei a presiedere la sezione penale che giudicò i mafiosi di Fondi. La commissione parlamentare antimafia l’ha convocata per ascoltare il suo racconto, che viene definito “toccante e intenso”. Uscendo dalla sala della prefettura di Latina spiega di aver ricordato il clima pesante che viveva quando doveva giudicare i fratelli Tripodo di Fondi, poi condannati fino in Cassazione per mafia. Sensazioni che difficilmente può dimenticare, che si mescolano con l’immagine di quei due manifesti funebri che una mano ignota le ha dedicato poco meno di un mese fa. Poi tocca al procuratore Andrea De Gasperis, al presidente del Tribunale e ai comandanti delle forze dell’ordine. Cosa hanno raccontato? “Non chiediamo dettagli sulle indagini in corso, neanche in seduta segreta – spiega il capogruppo del M5s in commissione antimafia Francesco D’Uva – perché c’è sempre il rischio che tra i 50 parlamentari commissari vi possa essere qualcuno che poi riferisca le notizie riservate”. Insomma, non si sa mai, di questi tempi meglio non fidarsi. E a Latina certe prudenze assumono un certo peso.

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Il giorno prima della missione e delle audizioni nella capitale pontina è stato il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino a spiegare alla commissione come sia difficile fareindagini antimafia da queste parti. “Vi racconto un episodio significativo”, aveva esordito, chiedendo apertamente di non  secretare il suo racconto. Una storia apparentemente strampalata di spioni e ricatti, ma che bene descrive la palude pontina in fondo mai bonificata del tutto. “Tempo fa un signore querela una persona per molestie. Un fatto banale – ha esordito il magistrato romano – che alla fine termina con una remissione di querela”. I due, però, continuano ad avere screzi e decidono di incontrarsi a Roma per risolvere la questione. La vittima della molestia si presenta con un giubbotto antiproiettile. L’altro si allarma, chiama i carabinieri che lo perquisiscono. E qui c’è una sorpresa degna di una spy story: “I carabinieri trovano addosso all’uomo alcuni decreti d’intercettazione appena attivate, proprio su Latina”, ha raccontato Prestipino davanti a commissari decisamente sorpresi.

Atti d’indagine della Dda di Roma coperti da segreto. La giustificazione è ancora più sorprendente: “Sono un collaboratore dei servizi di sicurezza – ha raccontato l’uomo, un romano, titolare di una società di security a Londra, ma ben noto nella capitale – e ho avuto un incarico da chi si occupa di intercettazioni a Latina”. Peccato che la Ddanon ne sapesse nulla. Alla fine alcuni titolari della ditta incaricata di eseguire quelle delicate attività tecniche d’indagine sono stati indagati. “Capite come è difficile fare indagini a Latina? – ha commentato il magistrato romano – Senza intercettazioni non riusciamo a fare indagini per mafia”. Non è chiaro al momento se questa storia – divenuta pubblica in questi giorni – sia ascrivibile ad una semplice leggerezza. E, soprattutto, non è chiaro il profilo di Molayem, che sosteneva di lavorare perfino per il Mossad. Se Mafia Capitale vuol dire politica, affari e metodo mafioso, la palude pontina aggiunge un altro elemento al quadro. E’ il silenzio. Tra i coloni veneti che qui arrivarono negli anni ’30 si dice spesso “magna e tasi”, mangia e stai zitto. Qui in fondo le mafie investono e a guadagnarci sono in tanti. Forse troppi.