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Perché siamo usciti dall’Osservatorio di Formia .Una situazione critica che riguarda tutto il Basso Lazio e nella quale le strutture locali sono quasi del tutto inerti sul versante della lotta alle mafie .Il “cappotto” a chi si mette contro il sistema.

L’ASSOCIAZIONE  CAPONNETTO  ABBANDONA  L’OSSERVATORIO  COMUNALE  CONTRO LA CRIMINALITA’  DI FORMIA 

 

 

Il 27 settembre u.s.,esattamente tre mesi fa,siamo  usciti,dopo averlo richiesto  e fortemente voluto, dall’Osservatorio comunale di Formia contro la criminalità .

Le ragioni sono ben esposte nel pezzo pubblicato da H24 NOTIZIE che sotto riportiamo:

“Agli occhi dei disinformati o delle persone in malafede quello nostro potrebbe apparire come una sorta di infanticidio. L’avete voluto voi e ne prendete le distanze?”, ci si potrebbe dire. Avremmo dovuto farlo prima, ma essendo la materia competenza dell’Assemblea e non del Consiglio Direttivo, ci siamo visti costretti ad assumere la decisione solo ieri, 27 settembre, giorno della prima Assemblea utile.

L’Associazione Caponnetto é uscita dall’Osservatorio comunale contro la criminalità di Formia. Non aveva più senso per un’associazione antimafia seria restare in un organismo che noi avevamo sognato diverso. Stavamo correndo  il rischio di apparire come coloro che appongono il sigillo di legittimità su una situazione, quella in cui si trovano Formia e tutta la provincia di Latina, esistente in un territorio definito “provincia di Casale”, che noi riteniamo estremamente critica.

Con la sottolineatura che quest’ultima – la provincia di Casale, cioè quella casertana- ha avuto il privilegio di fruire dei vantaggi di un modello eccezionale di contrasto come è stato  “il modello Caserta”, mentre noi  – “provincia di Casale, cioè quella formiana e del sud pontino” – lamentiamo ritardi di almeno 30 anni quanto alla qualità degli impianti investigativo e giudiziario rispetto al versante della lotta al crimine organizzato. Leggete attentamente quello che hanno scritto i procuratori della DNA Diana De Martino e Francesco Curcio appena 6 anni fa della provincia di Latina:

“Nella stragrande maggioranza dei casi si é proceduto da parte delle diverse autorità giudiziarie di questo distretto rubricando la massa dei fatti, in realtà di stampo mafioso, in fatti di criminalità comune”.

Una condanna senza appello, questa, sul modo con il quale si è affrontato in terra pontina il drammatico “problema mafia”, un problema che si ripercuote sulla vita complessiva di un’intera provincia, se non di tutto il Basso Lazio, in tutti i suoi aspetti ed ambienti.

Una denuncia, quella dei PM  della DNA, che va analizzata con estrema attenzione e che, a nostro avviso, si riferisce, sì, all’apparato giudiziario locale in senso stretto, ma anche a quello investigativo in quanto chi  se ne intende un pochino sa molto bene che i magistrati formano il loro convincimento sulla base delle carte che arrivano sulle loro scrivanie e degli elementi che esse contengono. Se le carte e gli elementi non evidenziano bene quello che va evidenziato, è ovvio che un reato mafioso rischia di essere rubricato come uno comune. Con questo non vogliamo assolutamente assolvere chicchessia, anzi tutto il contrario, perché vogliamo che la si smetta di sparare nel mucchio addossando le responsabilità solo su una parte.

In provincia di Latina non si è indagato e non si indaga, fatta qualche eccezione, come si dovrebbe sul versante della criminalità organizzata e tutte le operazioni che si sono fatte vedono come autrici forze di polizia esterne al territorio. Questo è un problema – per noi, il problema – che ha ridotto la provincia di Latina e tutto il Basso Lazio ad essere una sorta di “zona franca” dove tutte le mafie nazionali e internazionali hanno potuto impossessarsi… anche dell’aria che si respira.“Provincia di Casale”, appunto. Questa é la realtà.

E, quando un Governatore del Lazio o un Sindaco di Formia, arrivano a organizzare, sempre a Formia,  un convegno di sindaci  o un cosiddetto“mese della legalità” – con l’esclusione più assoluta delle associazioni antimafia – e, in particolare della Caponnetto che per il tipo di lavoro che fa è spesso – vogliamo dirlo a chiare note una buona volta per tutte – più informata sulle attività mafiose delle stesse forze dell’ordine locali. Adducendo il ridicolo pretesto che… la De Martino non avrebbe potuto dire le cose che ha detto davanti a “tutti” – allora è obbligatorio porsi e porre qualche domanda anche sull’atteggiamento e sul pensiero, non solo del Governatore del Lazio, che peraltro, ha disertato quel convegno, e del Sindaco di Formia, ma anche di coloro che hanno avallato con la loro presenza quella specie di convegno. Allora diciamo che la lotta alle mafie è intesa in provincia di Latina e non solo come una specie di  fatto interno, tutto e solo riservato alle istituzioni o a singoli componenti delle istituzioni e che la società civile organizzata è ritenuta non gradita, ”scomoda” per le critiche che essa fa e per la sua conoscenza delle realtà. Punto. Il discorso é tutto qua.

Orbene, un Osservatorio che doveva essere, secondo i nostri disegni, un “luogo” di incontro fra le associazioni antimafia e altre realtà associative con i rappresentanti della magistratura, delle forze dell’ordine e di altre istituzioni come la Prefettura di Latina (la quale, diciamolo, non fa una sola interdittiva antimafia ed alcuna prevenzione, come prescrive la legge), proprio per elaborare strategie e tattiche di contrasto alla criminalità oltre che per far fronte alle criticità e che, invece, nato monco per l’assenza di queste rappresentanze, è ridotto a svolgere un ruolo di controllo, non sappiamo fino a qual punto, della carte interne al Comune di Formia, per noi non ha proprio alcun senso. Queste sono le ragioni per le quali ieri, 27 settembre, l’Assemblea dell’Associazione Caponnetto ha deciso di prenderne le distanze”.

Lo rende noto in una nota la Segreteria dell’Associazione Antonino Caponnetto.”

Siamo  stati indotti ad assumere questa dolorosa decisione  dal tentativo,da parte di menti raffinate che noi stiamo individuando una per una,di intrappolarci  in un  gioco perverso  che tende  ad ottenere da noi un timbro di legalità  rispetto a situazioni che non ci convincono affatto .

Il discorso non riguarda solo Formia  ma investe  l’intero Basso Lazio,intendendo per questo non solo l’area che si estende da Terracina  fino al Garigliano ma anche quella del Cassinate in provincia di Frosinone.

Aree,queste,fortemente  infiltrate dalla camorra in particolare ma anche  dalle altre organizzazioni criminali.

Quando ci fu proposto il problema che riguardava  la paventata soppressione del Tribunale e della Procura di Cassino  e fu richiesto il nostro intervento,noi  ci prodigammo al massimo  perché ciò non avvenisse.

Arrivammo  a sensibilizzare  qualche persona autorevole componente dell’apposita Commissione ministeriale che  stava disegnando la nuova geografia giudiziaria  ed il risultato é stato quello che tutti conoscono.

Ma quella che  non tutti conoscono – o fingono di averla dimenticata –  é la motivazione  della decisione di NON  sopprimere  il presidio giudiziario  di Cassino.

In sostanza   Tribunale e Procura di Cassino  sono rimasti  perché  definiti   UN  FORTE ARGINE ALL’INVASIONE  CAMORRISTICA  PROVENIENTE DALLA CONFINANTE CAMPANIA.

Un forte avamposto,insomma,dello Stato  in un territorio dove  la guerra fra Stato di diritto e camorra  é più cruenta , dura ed a corpo a corpo .

Lasciamo a voi che ci leggete il giudizio sulla  compatibilità o meno di quanto  si é fatto e si sta facendo ,la realtà insomma,con il contenuto di quella motivazione  e con le attese che ci si auspicava.

Ma questo é un discorso che al momento tralasciamo,ripromettendoci,prima o poi,di ritornarci.

Il problema che vogliamo affrontare oggi riguarda ,più in generale,l’impianto che  lo Stato  avrebbe dovuto  costruire ,a supporto dell’autorità giudiziaria,per dare un senso a quanto esposto nella motivazione addotta per la non soppressione del Tribunale e della Procura di Cassino.

Un impianto di altissima  qualità,di un’efficienza  adeguata  alla realtà esistente ,un impianto,insomma,in grado di affrontare ,con una possibilità di successo,l’invasione massiccia e quotidiana  di camorra  e delle altre organizzazioni criminali  già fortemente radicate  nel Basso Lazio.

Ci si aspettava,insomma,  che nell’area  compresa fra Formia  e Cassino,quella che confina con la Campania,il Ministero dell’Interno , il Capo della Polizia ed i Comandi Generali degli altri corpi  mandassero,proprio nel rispetto dei motivi addotti per non sopprimere i presidi giudiziari cassinati,i migliori investigatori,i più qualificati ed esperti  funzionari ed ufficiali  in materia di indagini sulla Mafia SPA,sulla mafia imprenditrice,sulla mafia  politica,sulla “nuova” mafia,la mafia che non é costituita  dal piccolo spacciatore,dal rapinatore o dallo stupratore.

Cogliemmo all’inizio come un segnale positivo e gioimmo quando i giornali  diedero la notizia dell’arrivo a Cassino  quale  Capo  del Commissariato di polizia  di un  funzionario  della DIA di Roma,di un  dirigente cioè,che  aveva larga esperienza nell’azione di  contrasto alle mafie.

I nostri sensori  colsero presto,dopo questo arrivo, un’inversione di tendenza,un radicale cambiamento rispetto ad un passato di disattenzione  e di inerzia.

Una gioia,però,che si accompagnò ,per l’esperienza  e per un sesto senso che  sono propri di  chi,come noi,non fa dell’antimafia retorica ma opera sul campo,alla preoccupazione  che  essa ,la gioia,potesse durare poco.

In questa Italia  e soprattutto  in un Basso Lazio dove il sistema non tollera  rompicoglioni e coloro che minacciano di  “destabilizzarlo” e privilegia lo statu quo non si guarda ai “risultati”.

Anzi,tutto il contrario.

Chi lavora,produce ,colpisce  non solo  lo spacciatore ,il truffatore  o lo stupratore ma anche i “piani alti”,viene subito  definito un  rompicoglioni,un disturbatore,un ………”pezzo deviato dello Stato” e  gli viene  fatto il cappotto  su misura,

E’ capitato al Prefetto di Latina Bruno Frattasi  e  sarà fatto lo stesso a tutti coloro che disturbano il sistema.

Ed,infatti,quel funzionario,accusato di non sappiamo che cosa,é stato impacchettato e mandato via.

Appunto come l’ex Prefetto di Latina Frattasi.

A Cassino la lotta alle mafie  ,appena cominciata,é finita  ed il Commissariato langue su questo versante.Come  languono  quello di Formia e tutti gli altri  del Basso Lazio.

Il risultato é che, se non viene  da Roma o da Napoli il personale della DIA o del ROS o del GICO o dello SCO  ,di indagini  contro la criminalità organizzata di natura mafiosa non se ne parla proprio.

E quando mancano le informative  delle forze dell’ordine anche le Procure finiscono per bloccarsi  e il parlare di  lotta alle mafie si  riduce ad essere un  mero e solo esercizio accademico,retorica e basta .

Fuffa.

Questo é il quadro  nel quale ci troviamo ad operare nel  Basso Lazio,nelle province di Latina e di Frosinone.

Oltre a combattere  contro l’insensibilità e l ‘omertà della gente ,contro  le mafie,dobbiamo anche combattere  contro  le istituzioni che non funzionano .

Non a caso  nei giorni scorsi abbiamo postato sulle pagine Facebook dell’Associazione Caponnetto  il video realizzato  da Il Fatto Quotidiano e diffuso da Tze Tez  con le dichiarazioni  del Commissario della Questura di Latina  che ha subito un altro “cappotto” e si é visto costretto a lasciare la Polizia e ad andarsene in pensione.

Ritorniamo all’Osservatorio di Formia.

Nel Regolamento che avevamo proposto noi  dell’Associazione Caponnetto ,sulla cui bozza abbiamo lavorato un anno intero,avevamo previsto l’inserimento , come membri effettivi,  dei rappresentanti provinciali delle forze dell’ordine,delle Procure,non solo ordinaria ma anche della DDA ,e della Prefettura.

Ciò per inchiodarli ,nel confronto,alle loro responsabilità  e  costringerli a rendere conto del loro operato in materia di lotta alle mafie ed alla corruzione.Un “luogo” dove  si potesse parlare  di mafia e di antimafia,ma seriamente ,non solo di carte burocratiche del Comune.

La nostra richiesta NON é stata accolta in quanto  ci é stato riferito che “a Latina”  qualcuno avrebbe  risposto che non era possibile  costituire ……………”un doppione  del Comitato Provinciale della Sicurezza e dell’ordine pubblico” (sic!!!!!!!!)……………

Non siamo riusciti a sapere ,malgrado le nostre insistenze,CHI di “Latina” si sarebbe pronunciato in tal senso.

Il nostro intento  era quello  di  scoprire – per sputtanarlo – un altro eventuale  componente  di quel sistema che probabilmente  non ama i rompicoglioni che vogliono vederci chiaro sulle ragioni per le quali non si fa la lotta alle mafie nel Basso Lazio e  che vogliono ,al contrario,impegnarsi a cominciare a farla.

Abbiamo fallito  e non aveva più  senso  restare in quell’Osservatorio ,nato monco , a mettere solo ,con la nostra presenza,timbri di legalità.

L’Associazione Caponnetto non é in vendita.

Per nessuno !!!!!!!!!!!!!!!!!!

Questo sia chiaro  a TUTTI,ma proprio a TUTTI,nessuno escluso.