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Per capire Cosa Nostra serve un atlante

L’Espresso, 16 Ottobre 2019

Per capire Cosa Nostra serve un atlante

Il nuovo lavoro del nostro giornalista cerca di mappare il fenomeno criminale dalle mille sfaccettature: i suoi delitti e gli snodi cruciali della sua storia secolare

DI GIOVANNI TIZIAN

L’atlante ci permette di scoprire terre sconosciute. Uno strumento per conoscere l’immenso mondo senza muoversi. Come dimenticare l’immancabile grande mappa affissa sui muri delle aule, fin dalle elementari.

Insomma, le cartine che rappresentano continenti, oceani, catene montuose le ricordiamo tutti, fanno parte della nostra vita. E ricordiamo certamente quando scorrevamo le pagine dell’atlante, che spesso era allegato al libro di geografia.

Uno strumento di conoscenza, dicevamo. Un modo intuitivo per entrare nella complessità. del pianeta, per imparare le sue forme, per apprendere la sua storia. Ma le funzioni delle mappe geografiche sono molteplici. E spesso aiutano il lettore a cogliere i punti salienti di un fenomeno. Per questo motivo non deve sorprendere l’accostamento tra il termine “atlante” e la mafia.
L’Atlante illustrato di Cosa nostra” vuole essere proprio questo: uno strumento di conoscenza di un fenomeno assai complesso, dalle mille sfaccettature, a tratti enigmatico, misterioso.

Mappando Cosa nostra, i suoi delitti, gli snodi cruciali della sua storia secolare, dovrebbe risultare più semplice comprendere perché un gruppo numeroso di famiglie criminali sia diventato un impero del malaffare di dimensioni planetarie. Talmente invasivo e infettivo da contagiare luoghi insospettabili distanti dalla Sicilia, la regione del Paese dove Cosa nostra è nata. L’egemonia della mafia siciliana è durata per moltissimo tempo, almeno un secolo di successi criminali che hanno portato i padrini siciliani a essere riconosciuti nel mondo come i più temuti e dal carisma indiscutibile.

Una mafia che si è fatta brand, marchio di garanzia nei mercati illegali. Un brand che ritroviamo stampato sulle t-shirt, che dà il nome a locali alla moda in Austria come in Spagna e fa vendere milioni di videogiochi. A questa diffusione del marchio “Mafia” hanno contribuito certamente i film, le fiction, i libri sui boss siciliani. Produzioni culturali basate su fatti reali, su saghe familiari realmente esistite.

Tuttavia Cosa nostra oggi attraversa una crisi strutturale. È in difficoltà, superata da altre organizzazioni italiane più agguerrite e ricche. Soffre ancora la reazione dello Stato seguita agli attentati contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e alle bombe del biennio 1993-1994 fatte esplodere in giro per l’Italia, da Roma a Milano a Firenze.

L’attacco frontale alle istituzioni è stato un errore strategico di Cosa nostra, messa al muro dalla sentenza del maxiprocesso che nel 1992 si conclude in Cassazione con pesanti condanne definitive per il gotha dell’associazione mafiosa.

Per la prima volta Cosa nostra annaspa, arranca. Il merito è del lavoro straordinario del pool antimafia di Palermo guidato da Antonino Caponnetto e di cui avevano fatto parte Falcone e Borsellino. La loro eredità è stata raccolta da altri magistrati determinati e spinti da una passione civile fuori dal comune. Falcone e Borsellino hanno pagato con la vita la vittoria dello Stato su Cosa nostra. Falcone verrà ucciso il 23 maggio 1992: allo svincolo di Capaci il tritolo ucciderà lui, la moglie, Francesca Morvillo, e tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro. Agenti di polizia che proteggevano il giudice Falcone, che nel frattempo aveva lasciato Palermo per occuparsi di leggi antimafia al Ministero di Grazia e Giustizia a Roma.

A due mesi dalla strage di Capaci, il 19 luglio dello stesso anno, l’altro barbaro attentato: un’auto piena di tritolo esplode sotto casa della mamma di Paolo Borsellino, il giorno in cui il giudice era andato a trovarla. Muore Borsellino insieme ai suoi angeli custodi: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli.

Da qui inizia un’altra storia, fatta di depistaggi delle indagini, indagati eccellenti, complici politici alla sbarra. L’ombra di un’entità esterna che avrebbe guidato il capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, in questa strategia della tensione iniziata nel 1992 e terminata nel 1994.

Con l’Atlante illustrato di Cosa nostra proveremo a ripercorrere ogni tappa fondamentale dell’ascesa dell’organizzazione siciliana. E lo faremo partendo dal principio della fine: dal pentimento di Tommaso Buscetta, che con le sue dichiarazioni porterà alla sbarra centinaia di affiliati e provocherà un terremoto giudiziario unico nel Paese.