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PEPPINO IMPASTATO – Il sopralluogo e gli atti mancanti

PEPPINO IMPASTATO – Il sopralluogo e gli atti mancanti

Accertamenti sull’autovettura Fiat 850 di Peppino Impastato risultano effettuati dal vice brigadiere dei carabinieri Squardo Antonino « artificiere-antisabotaggio » presso il reparto operativo dei carabinieri di Palermo.

« Per ordine del Comandante del Reparto Operativo », il sottufficiale giunge sul luogo dell’esplosione alle ore dieci del mattino del 9 maggio e rileva che dal cofano anteriore, « chiuso », dell’auto- vettura, nella parte destra, fuoriusciva un cavo telefonico con i due fili, uno di colore rosso e l’altro trasparente, già agguainata all’estremità. Supponendo l’esistenza di una trappola esplosiva, l’artificiere con « tutti gli accorgimenti del caso » procede all’apertura del cofano. « Appena aperto il cofano » constata trattarsi di una cavo telefonico, della lunghezza di circa metri 2,80, collegato con i morsetti della batteria.

Il dato più significativo consiste nel fatto che l’ispezione di tutto il veicolo « alla ricerca di esplosivo o di trappole esplosive » non dà esito: di essi non si riscontra « alcuna traccia ». Viene soltanto rinvenuta sul piano lunotto una matassa di cavo telefonico della lunghezza di circa 28 metri

I mancati atti di polizia scientifica.

Non si cercano le impronte digitali sul veicolo dell’Impastato. Non vengono effettuati rilievi planimetrici. Non si procede ad un idoneo setacciamento del terreno per individuare tracce dell’innesco.

Non vi è alcun riferimento negli atti ad indagini di polizia scientifica indirizzate ad evidenziare a bordo dell’auto impronte digitali recenti dei possibili compartecipi all’azione criminosa ascritta all’Impastato. Non risultano effettuati rilevi planimetrici atti a indicare il luogo esatto ove l’auto fu ritrovata e le distanze relative con altri reperti e i manufatti presenti in quel contesto. né risulta alcuna specifica ricerca di tracce di esplosivi, inneschi o di qualsiasi altra cosa servita o destinata alla consumazione della presunta azione dinamitarda.

Queste carenze appaiono tanto più inspiegabili se si tiene conto della presenza in loco di personale di polizia giudiziaria idoneo a tali rilievi, desunta dalla circostanza dell’avvenuto rilevamento fotografico dello stato dei luoghi da parte di personale della compagnia di Partinico.

Tuttavia, inspiegabilmente, nessuno sembra avere proceduto ai rituali rilevamenti planimetrici o quanto meno ad allegare agli atti di polizia giudiziaria un estratto di mappa catastale utile a fornire una rappresentazione dei luoghi stessi. E nemmeno, nel cratere provocato dall’esplosione, a prelievi di inerti (terra, pietrame, ecc.) utili ad eventuali analisi chimiche per l’individuazione dell’esplosivo e del relativo innesco.

Inoltre, senza una plausibile spiegazione, mancano agli atti del procedimento reperti fotografici essenziali, quali, ad esempio, le immagini del luogo dell’esplosione, i particolari del cratere e del binario interrotto, ecc.

In sostanza, occorre prendere atto che gli atti della polizia giudiziaria versati alla procura di Palermo producono una sorta di oscuramento dello stato dei luoghi.

Il verbale di sopralluogo redatto dai carabinieri il 9 maggio 1978.

Alle ore 10 del 9 maggio 1978, il maresciallo Travali redige un proprio « processo verbale di sopralluogo » (compilato « per essere allegato al rapporto giudiziario »). L’atto è intestato « Verbale di sopralluogo effettuato in località « Feudo », agro di Cinisi, (PA), ove sono stati rinvenuti i frammenti del cadavere di Impastato Giuseppe …, celibe, studente universitario f.c. [leggasi fuori corso] , nullafacente ».

Dal sopralluogo eseguito, si addiviene ai medesimi rilievi descrittivi del processo verbale redatto in presenza del pretore Trizzino. In particolare si evidenzia, iniziando la descrizione dei luoghi, che la località Feudo è raggiungibile dalla strada comunale che costeggia la recinzione – lato monte – dell’aereoporto di Punta Raisi: « Dopo avere percorso 4-5 chilometri dall’abitato di Cinisi, sulla destra si perviene ad una trazzera che termina ad una casa rurale, abbandonata ed aperta, con antistante un piccolo piazzale in terra battuta, ove si rinviene l’autovettura … in possesso di Impastato Giuseppe. Detta autovettura « non chiusa a chiave » presentava il cofano socchiuso, da cui fuoriusciva un filo – presumibilmente di corrente elettrica – della lunghezza di circa un metro, con la estremità sguainata. L’autovettura non è stata ispezionata all’interno a scopo precauzionale, in attesa dell’intervento dell’artificiere richiesto ».

Nel verbale di sopralluogo redatto dal maresciallo Travali si fa espresso riferimento al rinvenimento di un chiavino del tipo Yale, a distanza di circa 5 metri dalla interruzione dei binari, nei pressi di un cespuglio di agavi.

Manca ogni elemento utile a configurare le distanze e la posizione relativa del punto dello scoppio rispetto all’autovettura e alla casa rurale prospiciente. Proprio quell’edificio semi-abbandonato che, stranamente protetto da un servizio di piantonamento di carabinieri anche dopo il sopralluogo del 9 maggio, diventerà scenario di importanti sviluppi investigativi solo per iniziativa di alcuni amici di Impastato e di un anziano medico legale, noto per il suo impegno civile. Il verbale Travali si chiude dando atto che « sul posto sono state scattate delle fotografie », senza indicare chi vi ha proceduto.

Nessun riferimento al rinvenimento delle tre chiavi nei pressi della Fiat 850, nessuna menzione di una pietra insanguinata.

Il rapporto giudiziario n. 2596/2 del 10 maggio firmato dal maggiore Subranni, comandante del reparto operativo del gruppo di Palermo non menziona la « casa rurale abbandonata », indicata solo in un allegato.

Come si è appena rilevato, nel verbale di sopralluogo predisposto dal maresciallo Travali ed unito al Rapporto giudiziario 2596/2 del 10 maggio 1978, non si trovano altri riferimenti a questa «casa rurale abbandonata ed aperta». Eppure l’interesse investigativo dell’immobile era stato palesato dai rinvenimenti di tracce effettuati fin dalle prime battute delle indagini, e addirittura dal reperimento di una pietra recante evidenti tracce di sangue, consegnata nelle prime ore del mattino del giorno 9 ai carabinieri e portata via in un sacchetto di plastica.

Nelle 18 pagine del rapporto giudiziario del 10 maggio del maggiore Antonio Subranni, Comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Palermo, non vi è alcun cenno a detta costruzione. Nemmeno nella parte iniziale, ove Subranni pure richiama le risultanze del sopralluogo e, in particolare, il punto dell’esplosione, la disseminazione dei brandelli del corpo dell’Impastato, e, con maggiore dovizia di particolari, l’ubicazione dell’auto del giovane (posta a circa venti metri da punto dello scoppio) e la presenza a bordo di una matassa di filo «di circa 20 metri». Una coincidenza di distanza, invero, utile a suffragare l’ipotesi della destinazione del cavo rinvenuto a bordo dell’auto all’innesco dell’esplosivo.

Tra gli allegati al rapporto del 10 maggio non vi sono rilievi planimetrici.

Nemmeno tra i numerosi allegati al rapporto giudiziario risultano rilievi dai quali desumere l’esatta posizione dei reperti e, in particolare, la distanza della Fiat 850 dal luogo dell’esplosione e dalla casa rurale aperta e abbandonata.

Questa carenza non appare priva di significato, trattandosi di un tipo di rilievo del tutto usale, anche in un semplice incidente stradale e che inspiegabilmente risulta omesso. Non è dubitabile che la esatta rappresentazione dello stato dei luoghi avrebbe evidenziato l’interesse e il potenziale investigativo della casa abbandonata nel contesto dei fatti che determinarono la morte dell’Impastato.

Il fascicolo fotografico.

Quanto osservato per i rilievi planimetrici vale ancor più per il cosiddetto fascicolo fotografico che, a tutt’oggi, appare addirittura mancante agli atti del procedimento penale.

Eppure da una pluralità di fonti si desume che molte fotografie vennero scattate fin dalle prime ore del mattino del 9 maggio.

Si è già detto della esistenza di specifici reperti fotografici effettuati dai carabinieri sul luogo dell’esplosione e non risultanti negli atti processuali: si tratta delle « fotografie scattate dai carabinieri subito dopo il fatto » esaminate dal perito Pietro Pellegrino, ma non allegate alla sua relazione.

Lo stesso maresciallo Travali nel processo verbale di sopralluogo a sua firma del 9 maggio dà atto che « sul posto sono state scattate delle fotografie ».

La Commissione ha acquisito ed esaminato copia di un « fascicolo fotografico a seguito della morte di Impastato Giuseppe classe 1948 da Cinisi », realizzato dal Nucleo operativo della Compagnia dei carabinieri di Partinico. Ma questo fascicolo, a firma « Il Maresciallo Ordinario Comandante del Nucleo Operativo Francesco Di Bono », privo di indice e di relazione, consta di sole 9 (nove) fotografie, tutte prive di legenda e mancanti di qualsiasi elemento descrittivo, che ritraggono da più posizioni i resti degli arti inferiori di Impastato Giuseppe.

In questo « fascicolo fotografico » non vi è alcuna inquadratura del binario interrotto dall’esplosione, dei frammenti di rotaia (v. sub a), della posizione degli altri reperti individuati e descritti nei verbali di sopralluogo (chiavi, zoccoli, ecc.), né dell’autovettura fiat 850 parcheggiata in uno spiazzo poco distante dal luogo dell’esplosione, nei pressi di una casa disabitata.

Tantomeno risultano presenti in questo fascicolo (trasmesso anche all’A.G.) fotografie di campo largo, idonee a documentare l’area dell’evento e dell’intervento della polizia giudiziaria, che ordinaria- mente vengono effettuate in occasione di qualsiasi sopralluogo.

Queste anomalie non meritano ulteriori commenti.

Ancora in argomento va rilevato che tra le copie degli atti processuali acquisite dalla procura della Repubblica di Palermo non è stata trovata traccia delle fotografie di cui è fatta menzione nel « processo verbale di ispezione dei luoghi » redatto alle ore dieci circa del giorno 13 maggio del 1978 dal sostituto procuratore della Repubblica di Palermo Francesco Scozzari, in occasione del sopralluogo condotto dallo stesso magistrato unitamente al maggiore Antonio Subranni ed al capitano Emanuele Basile, a periti di ufficio e di parte e con l’assistenza di « elementi della Squadra scientifica dei carabinieri del reparto operativo di Palermo ».

L’atto istruttorio condotto dal Pubblico Ministero Scozzari nell’economia della relazione merita una autonoma e specifica trattazione. Sul tema specifico della carenza di idonei reperti fotografici negli atti processuali, merita di essere sottolineata una circostanza che riconduce immediatamente al « sopralluogo Scozzari ».

Quattro giorni dopo lo scoppio dell’ordigno, in quel mattino del 13 maggio, nel corso della « ispezione del caseggiato in prossimità del quale fu rinvenuta in sede di primo sopralluogo l’autovettura Fiat 850 di pertinenza di Impastato Giuseppe » vengono individuati e asportati importanti reperti recanti tracce ematiche, che successivamente i periti indicheranno dello stesso gruppo dell’Impastato.

Il magistrato nel procedere all’ispezione del caseggiato evidenzia innanzitutto che esso si presenta composta da due distinte unità immobiliari «non comunicanti». E, relativamente alla prima di esse, verbalizza che « nel vano descritto è stato fatto un minuzioso rilevamento fotografico con particolare riferimento alla traccia lasciata dalla asportazione della pietra che si assume macchiata di sangue, alla pietra che i periti hanno ritenuto portante traccia di materia verosimilmente organica ed al sedile ». Quindi dà atto che « … eseguiti i rilevamenti fotografici la pietra, dai periti come sopra notata, viene asportata per costituire reperto ».

Anche nella seconda unità immobiliare, con ingresso a lato nord, il Pubblico Ministero Scozzari dispone che si proceda « all’accurato rilevamento fotografico dei vani ». Altrettanto dicasi per uno straccio individuato all’esterno del caseggiato.

L’accurata verbalizzazione dell’ispezione evidenzia il rilievo che a questo atto processuale attribuisce il magistrato, che conseguentemente avverte l’importanza di una particolareggiata repertazione fotografica dei luoghi.

Ma tali fotografie non risultano tra gli atti pervenuti nella disponibilità di questa Commissione. Va sottolineato che i rilievi del giorno

13 risultano effettuati da elementi della Squadra scientifica dei carabinieri del reparto operativo di Palermo, e cioè da personale alle dirette dipendenze del maggiore Subranni, che partecipò personalmente all’ispezione Scozzari, ed ebbe pertanto una diretta percezione dell’esistenza di tracce ematiche all’interno del casolare.

Sempre in tema di rilievi fotografici – ma questa volta in riferimento alla presenza e all’operatività, il giorno 9 maggio, in Cinisi, di carabinieri addetti a rilevamenti fotografici – deve essere tenuto presente il contenuto della ricostruzione degli avvenimenti del 9 maggio effettuata da Giosuè Maniaci, Faro Di Maggio, Andrea Bartolotta e altri compagni di Giuseppe Impastato, e riportata nello scritto « Testimonianze dei compagni di radio Aut »

Faro Di Maggio: « Erano le otto e già avevano fatto tutto, già alle otto i carabinieri sono andati via, hanno portato via la macchina di Peppino e sono andati in caserma ».

Andrea Bartolotta: « Io e Faro tentavamo di avvicinarci al binario perché ci avevano detto che era saltato sul binario. C’era tutto lo spiegamento di pubblica sicurezza, siamo stati subito additati dalla gente … e ci hanno bloccato subito. Il tono fin dalle prime battute era molto perentorio: « non vi potete avvicinare, non si può avvicinare nessuno », e c’era altra gente che era vicina ai binari, mentre noi non potevamo avvicinarci. Gente di Cinisi, persone qualunque che non si capiva perché potevano stare lì. Siamo stati trattenuti almeno una cinquantina di metri dalla casa che c’è prima dei binari. Oltre il muretto. Ci hanno detto: « voi non avete dove andare, dovete presentarvi subito in caserma ». Il tono era chiarissimo ».

Faro Di Maggio: « Siamo andati in caserma e c’era la macchina di Peppino posteggiata davanti. Io l’ho aperta, ed ho guardato che cosa c’era: c’era un pezzo di filo che pendeva, quello che hanno detto che era servito per fare l’attentato, avrò lasciato le impronte, poi è venuto un carabiniere che ha detto che la macchina non si poteva toccare, era sequestrata. Ma l’avevano già toccata tutti … ».

Giosuè Maniaci: « Prima di entrare in caserma abbiamo sostato nella piazzetta e c’era un carabiniere che aveva una 6×6 e avrà scattato migliaia di foto a noi ».

Per quanto sopra evidenziato, deve ritenersi che le rilevate anomalie ed omissioni nella rituale documentazione fotografica di luoghi, reperti e tracce, concorrendo in maniera non trascurabile alla dissimulazione di un quadro indiziario univocamente orientato ad un evento omicidiario volontario, ebbero una significativa e indubbia rilevanza nella rappresentazione della morte di Giuseppe Impastato quale conseguenza di un « incidente sul lavoro » di un presunto terrorista.

La singolare vicenda di un reperto descritto dai carabinieri come « pezzo di stoffa » con attaccature di materiale solido color piombo.

Tra le vicende relative a reperti che subiscono un destino singolare, tale da oscurarne del tutto l’importanza, oltre a quella delle « tre chiavi », già descritta, va menzionato il rinvenimento di un pezzo di stoffa colore nocciola sporco delle dimensioni di cm. 40 x 60 circa che presenta attaccature di materiale solido color piombo ad un angolo e in altre parti due macchie [di colore] nero probabilmente di catrame ed una certa quantità di catrame attaccata.

La stoffa in questione, malgrado le dimensioni, non viene individuata nel corso del primo sopralluogo. È consegnata ai carabinieri di Cinisi alle 19,10 del 13 maggio da Faro Di Maggio, Benedetto Manzella e Gaetano Cusumano che dichiarano di averla rinvenuta nello spiazzo antistante la casa rurale di contrada « Feudo » lì « dove … poco più avanti era stata lasciata parcata l’autovettura appartenente a Impastato Giuseppe ».

Solo dopo dieci giorni, nella nota n. 4304/22–3 di prot. « P » datata 23 maggio 1978 della stazione dei carabinieri di Cinisi, indirizzata al PM Signorino e, per conoscenza, al reparto operativo del gruppo di Palermo e al comando compagnia di Partinico, si menzionano « alcuni reperti » presentati da Di Maggio Faro, Manzella Benedetto e Cusumano Gaetano. In essa si legge, in particolare, che n. 2 pezzi di stoffa rinvenuti vicino alla casa rurale abbandonata (e, come si è detto, a disposizione dei militari dal 13 maggio) – unitamente ad altri reperti – verranno depositati presso la cancelleria della procura di Palermo. Fra gli atti acquisiti dalla Commissione parlamentare presso gli uffici del Reparto operativo del gruppo dei carabinieri di Palermo è stata rilevata corrispondenza tra quel reparto e il comando della stazione dei carabinieri di Cinisi (cfr. la nota n. 25/9) datata 25 maggio 1978, pertinente « n. 2 ricevute relative ai reperti versati in data odierna presso la cancelleria del locale tribunale ». Tra gli atti la missiva all’ufficio reperti, datata 25 maggio 1978, relativa a reperto costituito da: « un pezzo di stoffa a fiorellini bleu, bianchi e verdi che presenta tre piccoli buchi prodotti da bruciature ed un pelo attaccato all’orlo di uno dei buchi; un pezzo di stoffa color nocciola misurante cm. 40 x 60 che presenta tracce di materiale solido color piombo nonché due macchie di catrame e con catrame attaccato; n. 4 frammenti di pietre che presentano tracce nerastre rinvenute all’interno della stalla Venuti da giovani compagni, in atti generalizzati, del deceduto Impastato Giuseppe … ».

Altri resti organici – unitamente ad una pietra con apparenti tracce di sangue – vengono ritrovati da amici dell’Impastato il pomeriggio del 12 maggio, ma questo ritrovamento sarà oggetto di separata ed approfondita trattazione nell’ambito della vicenda relativa al reperimento di pietre insanguinate. La missiva di trasmissione del reperto di stoffa con una macchia di colore piombo risulta formata dal Reparto operativo del gruppo di Palermo e reca la firma del maggiore Antonio Subranni. Essa, come si è detto, è datata 25 maggio 1978.

28 Aprile 2020

Fonte:https://mafie.blogautore.repubblica.it/