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Pasquale Maietta – Arpalo, le quattro società utilizzate per riciclare il denaro

Arpalo, le quattro società utilizzate per riciclare il denaro

Latina – in aula la ricostruzione dei flussi finanziari tra Latina e Lugano fatta dalla polizia tributaria. Il sistema aveva delle falle

di Graziella Di Mambro

04 Maggio 2019

Furono le segnalazioni di operazioni sospette su trasferimenti finanziari a tradire Pasquale Maietta e il suo giro di collaboratori, attuali imputati al processo «Arpalo» sul riciclaggio del denaro che ruotava attorno al Latina Calcio e ad altre società di trasporto.

L’anno terribile

In quel brutto anno che per loro fu il 2015 le cosiddette «Sos» furono 60 e la polizia tributaria quando cominciò a incrociare i dati aveva solo tasselli, non il puzzle completo di questa storia. La genesi dell’indagine viene così raccontata in aula dal luogotenente Maurizio Mazza, che parla per quasi tre ore e mette in fila quei tasselli che quattro anni fa sembravano schegge impazzite di un sistema che, invece, si rivelerà quasi perfetto e che ha richiesto più di un anno di riscontri, una rogatoria in Svizzera e il sequestro di migliaia di atti cartacei e su supporto magnetico. Ieri pomeriggio il Tribunale, presieduto dal giudice Francesco Valentini, è arrivato, in qualche modo, al cuore del processo Arpalo, ossia alla descrizione dei collegamenti esistiti tra quattro società di diritto elvetico e quattro italiane che ne erano lo specchio, perfettamente sovrapponibili l’una all’altra e dove il modus operandi per il trasferimento di denaro era sempre lo stesso. Pure questo, alla fine, tradì gli ideatori e i complici di quel sistema.

Il modus operandi

In sintesi il surplus di denaro che derivava dalle società e cooperative di trasporto veniva portato in Svizzera, dove erano state create società senza alcuna attività gestionale, (tanto che chiudevano in perdita per via dei costi d’esercizio) e da queste i soldi rientravano in Italia sotto forma di cessione di quote in società-specchio; ciò consentiva il reimpiego di quei capitali in investimenti immobiliari. Ieri il teste della Procura ha riferito che in base alle visure e agli accertamenti sui flussi finanziari risultò beneficiario Pasquale Maietta, il quale apparve subito altresì collegato con le società italiane specchio di quelle svizzere, in quanto le «italiane» avevano tutte sede presso lo studio professionale dell’ex deputato. Il quale anche ieri pomeriggio è rimasto in aula per tutta la durata dell’udienza e come lui altri imputati eccellenti, quali Fabrizio Colletti, figlio di Paola Cavicchi, Giovanni Fanciulli, uno dei collaboranti a questo sistema, Pietro Palombi, accompagnatore della squadra di calcio all’epoca dei fatti e collaboratore dello studio di Maietta.

La storia-simbolo

Si comprende bene il sistema delle società analizzando una delle storie simbolo riportata dal luogotenente Mazza. La J&M Ivestemts svizzera cedette quote alla società italiana; i rappresentanti erano Pietro Palombi e Pierluigi Sperduti (pure quest’ultimo nel team della società di calcio); il passaggio di denaro, cinquecentomila euro, precede di due giorni una compravendita immobiliare fatta da Pasquale Maietta per un valore di 600mila euro. Secondo la ricostruzione portata in aula dalla Procura questo era il modus operandi per consentire il rientro del capitale da estero su Italia. L’udienza di ieri è stata interamente dedicata alla escussione del testimone da parte del pubblico ministero Claudio De Lazzaro e sono stati ricostruiti i movimenti riferiti a J&M Ivestemts, Rosaimm, Rofa Investments sa. La J&M, che si calcola abbia avuto disponibilità per 1,2 milioni di euro in tutta la durata della sua vita, fu la prima società a finire nel mirino delle segnalazioni di operazioni sospette, mentre la July aveva conti correnti «riferibili a Pasquale Maietta», il quale si recava anche personalmente in Svizzera in concomitanza con alcune operazioni, fatto provato da un accertamento sul pagamento dei biglietti aerei per Lugano con la carta di credito dell’ex deputato.

I contatti di troppo

Dunque nonostante le accortezze e l’esperienza tecnica messa in campo alcune cose sfuggirono. Per esempio si ritrovò una promiscuità di atti e comunicazioni tra la July e la Rofa Investements, la quale, è stato accertato, ebbe tra il 2008 e il 2011 una disponibilità finanziaria pari a circa 1,6 milioni di euro. Il 2008 si ritiene sia stato l’anno in cui tutto è cominciato ma il grosso delle operazioni risale al 2013, con appendici nel 2014. L’anno successivo arrivarono le segnalazioni che hanno dato vita all’inchiesta e al processo in essere. A conclusione dell’udienza di ieri il difensore di Fabio Allegretti ha presentato istanza di revoca delle misure di obbligo di dimore, su cui il Tribunale si è riservato di decidere. Si torna in aula il 18 giugno prossimo, quando il finanziere Mazza sarà sottoposto alle domande del collegio di difesa.

Fonte:https://www.latinaoggi.eu