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Pasquale Fava: “Il giudice Ceglie mi fece assumere alla Resit di Cipriano Chianese, impianto che lui aveva sequestrato”

ORE 18.52 ESCLUSIVA. I VERBALI BOMBA. Pasquale Fava: “Il giudice Ceglie mi fece assumere alla Resit di Cipriano Chianese, impianto che lui aveva sequestrato”

E’ veramente incredibile quello che si legge in un interrogatorio reso dal collaboratore di giustizia ai giudici della Procura di Roma, che hanno indagato sul loro collega. Noi siamo stati stimolati a cercare questi documenti dopo aver letto nell’ordinanza sulle armi dello stesso Fava e del suo gruppo, che una donna delle pulizie di tribunale e procura era stata scelta, in quanto insospettabile, per custodire le armi stesse

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Di tutte le cose che abbiamo letto, all’interno dell’ordinanza, chiesta ed ottenuta dai magistrati della Dda di Napoli sulla detenzione e sull’uso di armi da parte del gruppo Fava e di altri elementi della criminalità organizzata di Santa Maria Capua Vetere, una, apparentemente secondaria, ma, secondo noi, importantissima, ci ha particolarmente colpiti: ad un certo punto gli uomini di malavita che hanno il problema di affidare le armi che, illegalmente e clandestinamente posseggono e utilizzano, a persone meno controllate, se non, addirittura insospettabili, individuano una donna delle pulizie che lavora, evidentemente quale dipendente di una cooperativa, all’interno del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e della Procura ad essa collegata.

Si può trattare di una coincidenza e all’inizio questo abbiamo pensato. Poi, continuando a studiare gli incartamenti giudiziari, relativi alle dichiarazioni, sciorinate a diverse procure, da Pasquale Fava, divenuto un collaboratore di giustizia, ritenuto fondamentale dalla Dda di Napoli, ci siamo imbattuti in un interrogatorio che Pasquale Fava ha sostenuto al cospetto dei pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Roma.

L’abbiamo dovuto leggere più volte, perchè, detto onestamente e sinceramente, abbiamo fatto fatica a convincerci del fatto che un magistrato, per anni considerato autorevolissimo, un vero eroe della lotta contro le ecomafie, possa aver agito come Pasquale Favaafferma che abbia agito.

Le parole che il collaboratore di giustizia hanno subito rappresentato uno strumento evocativo che ci ha riportati all’ordinanza sulle armi e a quella donna delle pulizie, attiva nel tribunale e nella Procura ad esso attinente, scelta proprio dal gruppo di Pasquale Fava come insospettabile custode delle armi.

Perchè noi, tutto ci aspettavamo, fuorché il fatto, che esistesse una connessione materiale tra la vita dell’aspirante boss di Santa Maria Capua Vetere e quella del Pubblico Ministero, per un periodo anche procuratore della Repubblica aggiunto, presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Donato Ceglie.

“Confermo – dichiara testualmente Pasquale Fava ai Pm romani che hanno indagato su Ceglie – quanto ho dichiarato nel verbale del 24 gennaio 2014, circa la mia assunzione presso la Resit di Cipriano Chianese su interessamento del dr. Ceglie“.

La consistenza di queste dichiarazioni, sta tutta nella facilitazione del lavoro del giornalista, il quale non ha neppure il problema di dedurre, di trarre conseguenze logiche o di avventurarsi in deduzioni logiche.

Dice tutto Pasquale Fava, relativamente all’indagine di Ceglie su Cipriano Chianese, sul sequestro della discarica Resit e sulle assunzioni fatte dall’imprenditore per effetto delle presunte segnalazioni provenienti dal magistrato che lo aveva indagato e che la Resit aveva sequestrato.

Ma andiamo per ordine e partiamo da mamma’, cioè dalla madre di un Pasquale Fava che, per amor filiale, la donna prova disperatamente a metterlo sulla buona strada evitando che imbocchi la cattiva. “Non conosco le ragioni – dichiara Fava – per le quali mia madre si rivolse proprio al dott. Ceglie, per trovarmi un lavoro. Devo dire che entrambi i miei genitori stavano cercando di aiutarmi, e mia madre ci riuscì grazie a questa conoscenza, favorita dal suo lavoro di pulizie presso la struttura ove c’era l’ufficio del dott. Ceglie, cioè presso la caserma Mario Fiore“. E qui, aggiungiamo noi, l’evocazione del passaggio dell’ordinanza sulle armi, sulla quale torneremo domani, diventa un possibile, quand’anche non certo elemento di connessione logica, stavolta logica, stavolta effettivamente deduttiva tra il gruppo dei Fava e le donne delle pulizie del tribunale e della procura.

Sono andato a farmi conoscere  – spiega ancora Fava- dal dott. Ceglie. Avevo già cominciato a spacciare droga, ma ero incensurato. Lui, effettivamente, fece controllare da un finanziere i miei precedenti. Poi mi disse che mi avrebbe fatto sapere”.

E, tutto sommato, il giudice Ceglie non lo fece aspettare molto. “Il dott. Ceglie disse a mia madre – ricorda Pasquale Fava – che mi dovevo recare alla Resit di Teverola di Cipriano Chianese, dove sarei stato assunto. Sono andato lì, accompagnato da mio padre e dallo stesso avvocato Chiese, che sapeva già chi ero e mi ha mandato in segreteria e subito ho fatto la pratica di assunzione“.

Qualcuno potrebbe ora obiettare: non c’avete detto di non aver bisogno di deduzioni perchè il racconto, ma anche gli interrogativi riguardanti la relazione tra Donato Ceglie e Cipriano Chianese, tra il pm che indaga e sequestra e l’imprenditore indagato e col suo mega impianto sotto sequestro, se li pone Fava in persona, dandosi anche qualche risposta.

Ma per leggere questo dovrete aspettare la pubblicazione della seconda puntata della storia.

G.G.

PUBBLICATO IL: 26 luglio 2016 ALLE ORE 19:01

fonte:www.casertace.net