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PAOLO BORSELLINO DISSE CHE LA PIU’ GRANDE RIVOLUZIONE E’ QUELLA CHE SI PUO’ FARE CON LA MATITA NELL’URNA. SE LE POPOLAZIONI DEL MEZZOGIORNO NON SI DECIDERANNO AD AVERE UN SUSSULTO DI ORGOGLIO MANDANDO A CASA LE CLASSI CORROTTE CHE ESSE STESSE,PURTROPPO, HANNO SCELTO E VOTATO,NON USCIRANNO MAI DALLO STATO DI ARRETRATEZZA ECONOMICA E CIVILE NEL QUALE VIVONO.

 

Gioia Tauro, il porto tradito dagli affari della ‘ndrangheta. IL PORTO DI GIOIA TAURO  AVREBBE POTUTO COSTITUIRE UN IMPORTANTE E VITALE VOLANO DI SVILUPPO NON SOLO DELLA CALABRIA MA ANCHE DEL RESTO DEL MEZZOGIORNO.ED INVECE LA NDRANGHETA ,CON L’IMPOSIZIONE DEL SUO PREDOMINIO,LO HA RIDOTTO A SCALO DEI PROPRI LOSCHI AFFARI.IN QUESTE CONDIZIONI IL SUD NON POTRA’ MAI ASPIRARE ALLA SUA CRESCITA.

 

IL Mattino, Venerdì 19 Maggio 2017

Gioia Tauro, il porto tradito dagli affari della ‘ndrangheta

di Gigi Di Fiore – Inviato

Gioia Tauro. L’anniversario dei 30 anni è passato in sordina. Il 9 maggio del 1987, sotto la sua casa di via Giovanni XXIII venne ucciso il medico 55enne Vincenzo Gentile. Era il sindaco della Dc andreottiana nel comune di Gioia Tauro. Si sentiva tranquillo, anche perché era compare di cresima del nipote di don Peppino Piromalli e, nel processo alla celebre cosca di ndrangheta che domina la Piana, aveva dichiarato: «A Gioia la mafia non esiste, per me sono brave persone».

Così brave che undici anni dopo pensarono di far uccidere un altro medico, Vincenzo Ioculano, colpevole di non aver accettato la candidatura a sindaco per nome e per conto della cosca. La Piana resta rovente, l’ingresso del porto, eterna scommessa di un’area depressa, ha sempre un aspetto cupo. Qui doveva nascere un centro siderurgico e non se ne fece nulla. Venne realizzato il porto, con l’idea di farne un approdo fondamentale per i container provenienti da Asia e Sudamerica.

«Purtroppo, su quel porto mise subito le mani la ndrangheta – spiega il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – Imposero ditte di subappalti e tangenti da un dollaro e mezzo per ogni container scaricato».

Dici ndrangheta e qui, sulla Piana, il nome ricorrente è quello della famiglia Piromalli. Un’inchiesta della Dda reggina ha nome significativo: «Cent’anni di mafia». Presenza inquietante. Le mani sul porto, sull’amministrazione comunale, sui lavori pubblici. Dice Michele Albanese, giornalista del Quotidiano del Sud da tre anni sotto scorta: «Questa è un’area piccola, dove tutti riescono a sapere tutto. La mia vita è cambiata e devo lavorare senza più la mia precedente libertà fisica nella raccolta delle notizie».

Gioia Tauro attende i nuovi commissari straordinari. Il Comune è al suo terzo scioglimento per mafia. Il primo fu nel 1991 con sindaco Giuseppe Strangi, il bis fu nel 2008 con il sindaco del Ccd e Udc Giorgio Dal Torrione. Tre scioglimenti non sono un record, da queste parti. Il triste primato lo ha Taurianova con quattro commissariamenti per mafia. L’ultimo sindaco di Gioia Tauro ad andare a casa prima della scadenza è stato Giuseppe Pedà, eletto solo due anni fa al ballottaggio con il 57 per cento dei voti. Ex presidente del Cda delle Ferrovie Calabria, appoggiato da Forza Italia, Pedà è stato sfiduciato da 9 consiglieri, tra cui 4 di maggioranza. Questo intoppo politico gli ha evitato l’umiliazione di trovarsi in carica, mentre il Comune veniva sciolto per mafia.

 

 

 

 

 

 

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Sabato, 20 Maggio 2017

 

 

 

 

 

 

 

Crisi infinita per il Porto di Gioia Tauro: il più grande terminal commerciale del Mediterraneo non è mai realmente decollato, adesso la gogna dei licenziamenti indiscriminati

Il Porto di Gioia Tauro è il più grande terminal commerciale del Mediterraneo, crocevia, dati del 2011, di una media di 2.304.982 container l’anno. Risulta essere il primo scalo italiano per movimentazione ma i lavoratori vengono licenziati

5 aprile 2017 12:02 | Danilo Loria

 

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Il terminal container di transhipment dello scalo di Gioia Tauro vive una crisi infinita. Nel settembre del 1995 ci fu il primo attracco di una nave, la CMBT Concord, che scaricò il primo contenitore. Da allora tante sono state le speranze e le attese  per uno sviluppo completo del territorio reggino e calabrese, ma di fatto, la crescita si è arenata. Crisi, cattiva gestione e ‘ndrangheta sono alla base della paralisi del Porto più grande d’Europa. Coloro che più di tutti sono andati in mezzo a questo caos sono i lavoratori: è di qualche giorno fa la notizia del licenziamento di ben 400 padri di famiglia, i quali, da qui a poco, se non ci saranno novità rilevanti, si troveranno senza un lavoro. La costituzione della Zes e di nuovi investimenti sono stati una vera e propria presa in giro da parte del governo Renzi, Monti, Letta, Berlusconi. La Calabria è malata, di una malattia che rischia di essere incurabile: aeroporto dello Stretto in crisi, aeroporto di Crotone chiuso, Porto in difficoltà, autostrada costruita con materiali scadenti (vedi l’operazione dell’altro giorno della Guardia di Finanza). Insomma, non va nulla, non funziona nulla e quelle poche eccellenze chiudono o sono in crisi. Urge realmente uno scatto d’orgoglio ed un vero e proprio aiuto da parte delle istituzioni a partire dall’Unione Europea andando verso giù.

CRONISTORIA DEL PORTO DI GIOIA TAURO

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Il Porto di Gioia Tauro risulta essere il primo scalo italiano per movimentazione distaccando i principali porti italiani: da Taranto Cagliari, da La Spezia a Genova. Le origini dell’imponente “costruzione” sono riconducibili alla situazione confusionaria a Reggio e provincia negli anni ’60 e ’70. Determinante fu lo scoppio dei “moti di Reggio”, avvenuti per l’assegnazione del capoluogo a Catanzaro. Dopo lunghe trattative, furono adottate delle misure compensative per la mancata assegnazione del capoluogo di Regione a Reggio Calabria. Tali misure (il cosiddetti pacchetto Colombo) comprendevano: la progettazione del Polo Siderurgico reggino, che sarebbe dovuto divenire il quinto centro siderurgico italiano, la Liquichimica di Saline e la SIR di Lamezia Terme. Nessuno di queste tre misure andò a buon fine. L’area di Gioia Tauro venne in seguito designata come sede di una centrale a carbone. Essa non fu mai realizzata, per il “no” deciso delle popolazioni locali, di numerosi sindaci, movimenti ed associazioni del luogo, ma l’area interessata dai lavori, fu infine destinata ad un porto commerciale, che doveva essere volano di sviluppo per il territorio. Per la “costruzione del porto” fu letteralmente cancellata la frazione di Eranova con i cittadini costretti, grazie agli aiuti statali, a recarsi in altre città del circondario. Lo sviluppo dello Porto fu complesso e contraddittorio. Sin da subito, lo scalo, fu sotto lo scacco delle cosche della ‘ndrangheta, in particolare dei Molè e dei Piromalli. Difatti, sono all’ordine del giorno, le operazioni delle forze dell’ordine per “frenare” il traffico di stupefacenti o di sigarette di contrabbando. Ogni anno, nell’area portuale, vengono sequestrati grandi quantità di sostanze illegali che arrivano dall’Europa e Sud America. Basti pensare che, secondo studi statistici, circa il 90% della cocaina europea ha come scalo il Porto di Gioia Tauro. Numerosi sono, anche, i sequestri di merci contraffatte e di armi. 
Per approfondire http://www.strettoweb.com/2017/04/crisi-infinita-per-il-porto-di-gioia-tauro-il-piu-grande-terminal-commerciale-del-mediterraneo-non-e-mai-realmente-decollato-adesso-la-gogna-dei-licenziamenti-indiscriminati/533501/#KkPCoLIFJZ8cu549.99