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Palermo, imprenditore edile fa arrestare gli esattori del pizzo, la proprietà gli revoca i lavori. “Non dovevi arrivare a questo”

La Repubblica

Palermo, imprenditore edile fa arrestare gli esattori del pizzo, la proprietà gli revoca i lavori. “Non dovevi arrivare a questo”

di Salvo Palazzolo

In manette il proprietario del pub “Il ritrovo”, alla Vucciria, sequestrato il locale. Quindici giorni fa il primo arresto dopo la coraggiosa denuncia, che a qualcuno non è piaciuta

27 MARZO 2021

Due settimane fa, la denuncia coraggiosa di un imprenditore palermitano aveva fatto scattare le manette per un esattore del pizzo. In un’intervista a Repubblica aveva detto, orgoglioso: “Lo Stato siamo noi”. Ma qualcuno non la pensa come lui. Le due proprietarie della palazzina che stava ristrutturando, alla Vucciria, gli hanno dato il benservito. “Il giorno dopo l’arresto, quando ancora la notizia non era stata pubblicata – ha raccontato alla Guardia di finanza – le due committenti mi hanno convocato tramite il direttore dei lavori per discutere dell’andamento del cantiere. Ho ripercorso la vicenda di cui ero rimasto vittima, ho rassicurato che i lavori sarebbero stati realizzati nei tempi concordati, ma mi hanno subito manifestato l’intenzione di risolvere il contratto a causa dei ritardi nei lavori. Ma al contempo mi hanno manifestato la loro delusione per non essere state informate della vicenda, non condividendo la scelta della denuncia”.

L’arresto

E’ una vicenda che all’epoca non era neanche chiusa. Questa mattina, i militari del nucleo di polizia economico finanziaria hanno arrestato il secondo esattore del pizzo che si era presentato in cantiere, è Orazio Di Maria, il gestore di un pub molto noto nel centro storico, “Il ritrovo”. Di Maria è incensurato, ma è il figlio di un boss, Enzo u Capuni, che fu il braccio destro di un capo mandamento di Porta Nuova, Gaetano Lo Presti. Le indagini del Gico hanno fatto scattare anche il sequestro del locale. “Con le indagini patrimoniali colpiamo alla radice le attività criminali”, dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, il comandante provinciale della Guardia di finanza. Inizialmente, gli esattori del pizzo avevano chiesto di gestire alcuni servizi per il cantiere, poi le forniture, quindi avevano preteso una prima rata di 300 euro. Ma l’imprenditore, un giovane architetto, ha denunciato, sostenuto dalla Cooperativa Solidaria. A tempo record, sono scattati due provvedimenti di arresto, le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia Salvatore De Luca e dal sostituto Amelia Luise.

La revoca del contratto

Questa volta, il coraggio non è bastato. E neanche l’intervento dello Stato. L’imprenditore dovrà andare via dalla Vucciria. Messo alla porta dalle due proprietarie della palazzina che stava ristrutturando. “Una di loro mi ha detto: ‘Sono la figlia di un barone, lì mi conoscono tutti, io in piazza ho fatto un’installazione e nessuno mi ha chiesto il pizzo, tu ce lo dovevi dire che lì non potevi lavorare e noi avremmo concluso il contratto capendo il perché e ci saremmo salutati come amici”. Poi, ancora un’altra frase, riferita dall’imprenditore alla Finanza: “Non c’era bisogno di arrivare a questo”. La vittima ha capito e ha accettato la rescissione del contratto.

Il verbale delle proprietarie infastidite è finito nel provvedimento di arresto del secondo esattore del pizzo, che è diventato così uno straordinario racconto delle contraddizioni di Palermo. Scrive il giudice Lirio Conti, a commento di questa amara vicenda: “Una condotta inquietante. Le controparti della persona offesa si sono assunte il rischio di essere considerate conniventi, pur di prendere manifestamente le distanze dall’imprenditore”. Per il giudice, “lo scioglimento del contratto, sia ove dettato da convinta disapprovazione per la scelta di denunciare, sia ove indotto dal semplice desiderio di non essere coinvolte in alcun modo, oppure ancora, ove determinato dal timore di ritorsioni, costituisce in ogni caso lampante riprova della pervasività dell’attività dei sodalizi mafiosi in tutto il tessuto economico del territorio”.

Il nuovo cantiere

L’imprenditore protagonista di questa storia dice a Repubblica: “Resto convinto della mia scelta di denunciare. E continuo ad avere speranza nel cambiamento”. Ha ragione. Ieri, ha ricevuto la telefonata di un altro proprietario di una palazzina alla Vucciria, gli ha detto: “Ho sentito la sua storia, voglio che sia lei a fare i lavori di ristrutturazione a casa mia”.  

“In questa storia – dice il colonnello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria – la differenza l’ha fatta il coraggio del giovane imprenditore che non ha commesso l’errore di piegarsi alle richieste estorsive, ma si è rivolto alle istituzioni. La risposta, immediata ed efficace, è la dimostrazione di come sia fondamentale in queste situazioni rompere l’isolamento in cui viene a trovarsi la vittima e affidarsi alla rete della legalità: associazioni antiracket, forze dell’ordine, magistratura e cittadini formano una squadra coesa che non potrà mai essere sconfitta da questa becera criminalità”. Palermo è ormai cambiata, o quasi.