Nella notte 19 settembre 2015

Ameglia, a fuoco tre barche del testimone di giustizia Gian Franco Franciosi 

Alessandro Grasso Peroni

 

A fuoco tre barche del testimone di giustizia Gian Francio Franciosi

A fuoco tre barche del testimone di giustizia Gian Francio Franciosi 

 

Ameglia – Un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato intorno alle 23 di ieri sera sul fiume Magra. Tre imbarcazioni da diporto a fuoco nella darsena “Giannino Racing” sotto al ponte della Colombiera ad Ameglia, di cui è titolare Gianfranco Franciosi. Trentacinque anni, Franciosi è uno dei più noti testimoni di giustizia italiani. Grazie al suo lavoro di infiltrato ha reso possibile lo smantellamento quasi totale di una della più grandi organizzazioni di spaccio internazionale di droga del cartello spagnolo di Santiago de Compostela

Da quella storia cruda è nato il libro scritto con il giornalista radiotelevisivo di “Presa Diretta” Federico Ruffo dal titolo “Gli orologi del diavolo, infiltrato tra o narcos, tradito dallo Stato” (Rizzoli). Sul posto vigili del fuoco e carabinieri, che stanno verificando l’origine dolosa dell’incendio. “Ci avevano invitato al prossimo 55o Salone nautico di Genova – dice Franciosi – nessuno sapeva delle barche in allestimento che proprio ieri avevamo finito di mettere a posto, una delle quali sarebbe premiata come la migliore dell’anno 2015. Ma loro hanno rovinato tutto”. E scattano immediate le indagini.

Gli aggiornamenti

La solidarietà dei testimoni di giustizia

«Il Ministro dell’Interno Alfano, il ViceMinistro Bubbico ed il Prefetto di La Spezia intervengano immediatamente per assicurare a Gianfranco Franciosi ed alla sua famiglia un’adeguata protezione in loco». Lo chiede il Presidente dell’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia Ignazio Cutrò dopo l’incendio che ha distrutto un capannone di proprietà dell’ex testimone ligure. Secondo Cutrò è necessario «si intervenga per consentire ad un uomo che ha assicurato alla giustizia internazionale un intero cartello di pericolosissimi narcotrafficanti e permesso di sequestrare migliaia di tonnellate di droga per un valore quasi incalcolabile di euro, di potersi rimettere in piedi e vivere una vita normale». «Non deve sfuggire che l’attentato – aggiunge Cutrò – si è consumato alla vigilia della partenza di Franciosi e delle sue imbarcazioni per il salone nautico. Gianfranco aveva finito ieri alle nove di realizzare gli ultimi modelli, proprio quelle imbarcazioni che, se esposte e vendute, gli avrebbero consentito di rimettersi in carreggiata e assicurare un futuro ai suoi bambini». «È evidente che qualcuno lo ha seguito, spiato ed ha agito una volta certo di procurare il massimo danno possibile! A questo punto ci aspettiamo un intervento deciso, serio e risolutore da parte del Ministero dell’Interno, che ad ora non ha ancora neanche contattato Franciosi per capire l’accaduto». 

L’ipotesi di concorrenza industriale

Tra le altre ipotesi vagliate dagli investigatori che stanno accertando le cause della distruzione di un capannone di proprietà dell’ex collaboratore di giustizia Gianfranco Fanciosi c’è anche quella della concorrenza industriale. Franciosi infatti, sentito dai carabinieri ha detto di essersi fermato nel capannone fino alle 21 ieri sera, un’ora cioè prima dello svilupparsi delle fiamme, perché sta lavorando a un prototipo in vetroresina che avrebbe dovuto essere messo in mostra al Salone nautico di Genova. Mentre i tecnici dei vigili del fuoco cercano il punto d’origine dell’incendio e le cause, i carabinieri della Spezia stanno visionando le telecamere a circuito chiuso della zona. «Valutiamo tutte le ipotesi – hanno detto gli inquirenti – anche se tendiamo a escludere che l’operato, sempre che sia doloso, sia opera dei narcos».