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Ostia, i giudici dell’appello bis: “I Fasciani sono mafia”

Ostia, i giudici dell’appello bis: “I Fasciani sono mafia”

Il potente clan del litorale, condannato per 416 bis lo scorso 4 febbraio, “comandava da tanti anni con metodo mafioso”

di FEDERICA ANGELI

30 Aprile 2019

Nel giorno in cui la Cassazione stabilisce che i Casamonica sono mafia e rigetta le scarcerazioni richieste da 18 imputati arrestati nel luglio del 2018, vengono depositate le motivazioni con cui la terza Corte d’Appello di Roma ha condannato lo scorso 4 febbraio al termine del processo bis il clan Fasciani a 160 anni di carcere.

Le parole dei giudici sono inequivocabili e dure. Sia nei confronti degli imputati, sia nei confronti dei giudici del secondo grado che avevano derubricato il 416bis a semplice associazione a delinquere, e che solo grazie all’intervento della Cassazione si è ritraformato in associazione a delinquere di stampo mafioso. Così nelle 260 pagine di motivazioni si ripercorrono i crimini e gli elementi dell’articolo del codice penale che parla di mafia applicandoli a tutti i reati contestati al boss Carmine Fasciani e a tutti i suoi sodali.

L’annullamento della sentenza della Cassazione

“Occorre partire – scrive il giudice Ernesto Mineo, presidente della Corte – dalla sentenza di annullamento della Cassazione del processo di Appello”. Riparte dunque da lì il magistrato. “Non paghi dello scampato pericolo, gli impuitati hanno incautamente proposto ricorso per Cassazione per la condanna ex articolo 416 bis riconosciuta in primo grado, così come ha fatto il procuratore generale contro la derubricazione dell’Appello. Il risultato è stato che la Cassazione ha rigettato il ricorso degli imputati, rendendo così giudicato il fatto che i Fasciani erano un’associazione per delinquere e ha accolto, nel contempo, quello del pg censurando con durezza la sentenza della Corte d’Appello per l’incongruenza con cui aveva negato il connotato mafioso”. Poi l’affondo: “il disconoscimento dei giudici di secondo grado del carattere mafioso del gruppo dei Fasciani ha violato la norma del 416 bis e risulta contraddittorio, quando non manifestamente illogico, rispetto alle acquisizioni probatorie date al giudice”

“Il nome dei Fasciani è noto da decenni”

Uno dei cavalli di battaglia delle difese degli imputati è stato in aula affermare che era incredibile che prima del 2012 nessun organo di polizia giudiziaria avesse mai individuato i caratteri della mafiosità nel clan Fasciani. Risponde anche a questo il III Collegio: “Mentre qui non interessano scelte, strategie o inadeguatezze degli uffici del pm e tanto meno della polizia giudiziaria – si legge nelle motivazioni – possiamo affermare che il nome Fasciani è noto a Ostia da decenni quale espressione di terribile forza criminale e di pervasività sul territorio, che la Corte d’Appello invece ha negato contro ogni evidenza nella sentenza poi sul punto annullata”. L’esistenza del sodalizio è chiaro già dagli anni Novanta ed è ancor di più chiaro, secondo i giudici, nel 20017 quando, dopo la gambizzazione di Vito Triassi, don Carmine organizza un summit a cui presenzia Michele Senese che mostra quanto “Fasciani sia in grado di mediare come un vero e proprio boss”, al pari di Senese appunto.

La presa dello stabilimento balneare Village

E’ nella conquista dello stabilimento balneare Village di Ostia, oggi gestito dall’amministrazione giudiziaria, che i giudici individuano l’affermazione del salto di qualità sia economico sia di potere criminale della famiglia Fasciani. Lo portano via al precedente gestore, Fabrizio Sinceri, sottopagandolo rispetto al prezzo di mercato e da questo momento in poi consolidano la loro forza in quel territorio.

La zona grigia

Alla sudditanza che alcuni professionisti di Ostia hanno nei confronti dei Fasciani i giudici dedicano un ampio capitolo. Professionisti che “sono sempre pronti ad aderire con estremo zelo alle aspetttive più svariate, anche contro i doveri deontologici o le norme di legge, per il rispetto portato ai capi della consorteria”. Così tra direttori di banca e commercialisti proni, custodi giudiziari che affittano rami d’azienda a soci occulti del clan Fasciani e funzionari pubblici che hanno consentito, senza obiezioni, la voltura della concessione demaniale, don Carmine e soci hanno avuto la strada spianata.

E tra omertà e violenze, nelle sottovalutazioni e nel silenzio delle vittime intimorite, i Fasciani sono diventati mafia. Ed è per questo che nel febbraio scorso sono stati condannati a 160 anni di carcere.

Fonte:www.repubblica.it