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Orrore: e ci tocca ancora leggere “Nella mia città non c’é la mafia”!

Prodotto interno lordo e criminalità: ci salverà la mafia?

Nel nuovo calcolo ci sono le attività illegali. ‘Toccasana’ per i conti italiani. Ma i clan sono già dentro la nostra economia.

 

Ci salverà il male?
Nella tormentata navigazione dei conti pubblici, sempre più pregiudicati alla luce delle esigenze europee, entra per volontà dell’Ue un inquietante paniere, quello delle attività illegali: dalla droga alla prostituzione, al contrabbando, al florilegio di attività connesse.
SI RIMANDA IL DEF. Roba che, secondo la Commissione europea, vale un incremento di oltre 1 punto di Pil italiano (1,2%, per la precisione), e addirittura il doppio, 2,4%, su base continentale.
Non è uno scherzo, è tutto reale al punto che il governo ha rinviato il Def, il Documento di economia e finanza, alla prima settimana di ottobre in attesa della relativa riquantificazione, che dovrebbe consentire una toppa al rapporto deficit/Pil, crocifisso alla fatidica quota del 3%, e a quello debito/Pil, ormai oltre il 134%.
Una trovata creativa, se limitata agli aridi numeri. Una mesta constatazione della realtà, se trasfusa nella condizione effettiva del sistema-Paese: che senso ha nascondersi ancora che l’economia proibita conta quanto, se non più, di quella canonica?
Naturalmente, le conseguenze di un simile stato dell’arte non possono risultare né lievi, né indolori.
Non solo nelle proporzioni malavitose, che pure atterriscono.
UN 25% DI SOMMERSO ‘STORICO’. Nel 2013 la Guardia di finanza, confortata da documenti prodotti l’anno precedente dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia, basata sui dati elaborati dalla Banca d’Italia, valutava in 170 miliardi di euro la ricchezza illegale che bene o male tiene in piedi il Paese, a sfiorare l’11 % del Pil. A fronte di un 25% di sommerso “storico”, incistato nel tessuto produttivo.
Ma tutti sanno che la misura del “nero” è più grande, al punto che nessuno sa o vuole quantificarla precisamente.
Di certo c’è che spaccio, racket, usura, varie attività illegali “tengono su” il Paese che affonda e non riesce a riemegere.
IL PARADOSSO ITALICO È APPARENTE. Paradosso solo apparente, perché la crisi, la disperazione, la mancanza di prospettive abbassano la soglia etica, quanto a dire che si traffica, si sbarca il lunario come si può.
Ne risulta un circolo allucinante: più malaffare si sgomina, più se ne origina.
Si svuota col cucchiaio il mare di criminalità, ma è come il mare di Lucio Dalla, non lo puoi fermare, non lo puoi recintare e non basta “decapitarlo”.
La mafia, formula comune per designare realtà planetarie che mantengono tratti d’analogia ma si diversificano in funzione della geopolitica, non è qualcosa che si ferma amputandola. Le sue teste ricrescono immediatamente come quelle dell’Idra.
O la sradichi, o puoi vincere tutte le battaglie del mondo ma la guerra la perderai. Che è precisamente quanto avvenuto in due secoli di lotta alla criminalità organizzata, le cui mutazioni genetiche e strategiche, all’inizio del Ventunesimo secolo, vengono comprese poco e male.

Boss capaci di capire in anticipo i cambiamenti dell’economia

Da molto tempo siamo stati edotti sulle evoluzioni della mafia. Il primo a capirle fu Giovanni Falcone con l’intuizione decisiva, aggedirne i patrimoni, colpirla al cuore.
Da allora si sa che la mafia, anzi le mafie, si sono trasfigurate, sfornano manager e tecnici, salgono di livello, inquinano la politica, la stritolano.
Tutto verissimo, ma anche tutto sorpassato.
PIÙ CONCENTRATI SUI JIHADISTI CHE SUI CLAN. Se i 20 anni di globalizzazione sono stati decisivi per le mafie internazionalizzate, che l’hanno capita e cavalcata prima di tutti, traendo beneficio dai meccanismi di apertura di imprese, mercati e territori, e creando dinamiche globali di settori criminali dalla droga alla prostituzione alle diaspore, il quadro muta ancora dopo gli assestamenti post Muro di Berlino, e nuovamente all’indomani del trauma delle Torri Gemelle. Evento che ha concentrato la sicurezza americana sul problema del terrorismo islamico, distogliendola in parte da quello delle criminalità organizzate (alle quali, anzi, è stata chiesta collaborazione da parte dell’Fbi), senza l’immediata compresione che queste ultime si avvalgono anche delle schegge politico-religiose, come la tragica cronaca di queste stesse ore non smette di confermare.
E senza contare il gigantesco impatto, per proporzioni, sofisticatezza ed estensione, del cybercrimine di cui racconta Misha Glenny, un inferno molto profondo ma le cui fiamme avvelenate risalgono fino in superficie anche se noi non ce ne accorgiamo.
Tutto oggi è più collegato, più intricato, più organico e, come avverte Jean François Gayraud, questore della polizia nazionale di Francia, nel suo Divorati dalla mafia, quello di una criminalità in grado di controllare il potere politico rischia di diventare un alibi che svia dalla precisa comprensione di una situazione più allarmante.
SE LA CRIMINALITÀ DIVENTA STATO. Le forme organizzate della malavita oggi, in Italia come nel resto del mondo, il salto di qualità l’hanno già fatto, trasformandosi dapprima in Stati, come nei Paesi satelliti del comunismo all’inizio degli Novanta, quindi evolvendosi in sovra-Stati, in multinazionali non solo del crimine.
Alla figura della criminalità rozza, evoluta in quella di imprenditrice dei mercati illegali, si sostituisce, dice Gayraud, quella dell’imprenditoria violenta dei mercati legali.
L’immissione di profitti illeciti su mercati legali origina imprese mafiose legali e gestione di attività mafiose legali e illegali secondo parametri imprenditoriali.
Nel 2010 un altro studio, Economia Criminale, del giornalista del Sole 24 Ore Roberto Galullo, tracciava la cartina dell’economia pericolosa in Italia, regione per regione: nessuna si salvava.
Nelle Marche, considerate ancora vergini, in provincia di Fermo pochi giorni fa i carabinieri hanno interrotto un summit a Montegranaro fra elementi della ‘Ndrangheta e criminali romeni e locali per spartirsi le attività illecite a venire.
La “linea delle palme”, il confine mafioso ipotizzato da Sciascia, è ormai una ragnatela, una colossale coperta infettata.

La finanza illegale è spesso indistinguibile da quella legale
Le mafie, più che in posizione dialettica col potere politico, diventano organismi fatti anche di politica, così come di istituzioni, di interi settori della società.
Il processo è andato oltre le strategie (che pure permangono) di colonizzazione della finanza ed dell’economia per raggiungere un livello superiore di compenetrazione, sì che ha poco senso oggi distinguere un mondo del male che si contrappone (per quanto infettandolo) al mondo sano della società e delle sue articolazioni.
Molto più che in passato, non c’è ambiente che non venga a patti con la sua parte negativa, dalla politica allo sport, dallo spettacolo alla comunicazione, dal commercio alla produzione, fino a distribuzione e smaltimento delle scorie.
SI DEVE COMPETERE CON LOGICHE MALAVITOSE. L’intero spettro della finanza è pressoché indistinguibile nelle sue componenti lecite o illegali, così come nella zona grigia, di collusione, di confusione, quasi inscindibile grazie al supporto delle tecnologie, della rete di internet che ha permesso di sviluppare velocemente le reti del credito globale e globalmente truffaldino.
E questa cos’altro è se non mafia endemica, inseparabile dalle altre componenti sociali?
Non esiste al mondo azienda di forti dimensioni che non sia indotta a competere su logiche di malavita planetaria.
Gli stessi Stati tollerano le varie forme criminali estese e organizzate, interne e internazionali, quando addirittura non sono emanazioni di poteri criminali usciti dal crollo dei regimi satelliti, come la fascia balcanica, albanofona, fino alla propaggine della Turchia, pesantemente condizionata dalla maffya.
NESSUNA NAZIONE È IMMUNE. Nessuna nazione è immune da una compenetrazioni con forme evolute e pervasive di malavita strutturata, la cui dimensione intercontinentale pregiudica un controllo territoriale e perfino una identificazione definita, sia in senso spaziale che di tipo orizzontale, ovvero legata alla sua penetrazione in senso geopolitico, articolata quanto e più di quella dei singoli Stati.
La trama delle alleanze tra formazioni criminali finisce di complicare il quadro. Il livello di comprensione del fenomeno, al limite dell’indeterminatezza, risulta problematico. È come se le mafie avessero capito meglio e prima gli scenari a venire, trasfondendosi nel mondo fino a rendersi indistinguibili.
Dimensione che non a caso è sempre stata la strategia prima, l’unica davvero irrinunciabile di ogni mafia che si rispetti.
Un po’ come nel famoso aforisma di Baudelaire sul diavolo, il cui primo e fondamentale successo è far credere che non esiste.
Da questa consistenza mafiosa ormai impalpabile, deriva, e questo è un punto ancora sottovalutato, una percezione pressoché nulla del fenomeno, qualcosa di endemico, che non ha più senso tentare di eliminare perchè troppo legato al codice genetico della società.
UN CONTAGIO ENDEMICO NELLA SOCIETÀ. In particolare al Sud, quello che Giorgio Bocca scriveva nel 1991: «Ciò che preoccupa gli italiani è che nel Mezzogiorno controllato dalla malavita non si sa più bene chi sia lo Stato e chi siano i delinquenti, chi amministri e chi sia amministrato, chi siano le guardie e chi i ladri». Parole che, un quarto di secolo dopo, suonano crudelmente lungimiranti. E certo non per il solo Meridione.
Questa entità per trasfusione, come un virus, è quella che porta a chiedersi: da dove si ricomincia?
Da dove, se non c’è aspetto del vivere che non sia inquinato, da dove se la percezione di ciò che è davvero illecito e comunque moralmente inaccettabile si è sfilacciata fino a diventare del tutto evanscente?
Da cui l’infinito perdonismo, nato da un’ipocrisia virtuosa, confessionale, ma che ormai ha tutta l’aria di essere l’unico atteggiamento socialmente possibile nella disperante assenza di qualsiasi alternativa. Che cosa sono la rassegnazione, l’indifferenza civile, la rinuncia, subìta o voluta dallo Stato, a proteggere i suoi cittadini e addirittura i suoi tutori, se non la conferma che non esiste più una mafia “cattiva”, esogena, ma solo una nube tossica che tutti respiriamo, convinti che sia l’unica aria possibile?

Massimo Del Papa