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ORA IL PREFETTO DI REGGIO CALABRIA ED IL MINISTRO DELL’INTERNO DEBBONO SPIEGARCI PERCHE’ HANNO LEVATO LA SCORTA A NINO CENTO

ORA IL PREFETTO DI REGGIO CALABRIA ED IL MINISTRO DELL’INTERNO DEBBONO SPIEGARCI PERCHE’ HANNO LEVATO LA SCORTA A NINO CENTO.
E’ DAVVERO ASSURDO,OLTRE CHE INSOPPORTABILE,CHE CHI DENUNCIA LA MAFIA DEBBA ESSERE LASCIATO SENZA UNA PROTEZIONE.
SI STA VERIFICANDO TROPPE VOLTE CON TROPPE PERSONE,ALCUNE DELLE QUALI SONO ANCHE NOSTRE AMICHE E QUESTO NOI NON POSSIAMO PIU’ TOLLERARLO.

Vi racconto una storia, una brutta storia targata Italia 2018.

Anni fa, solo, sulle montagne dell’Aspromonte un uomo, che amava la sua terra, che se ne prendeva cura e che voleva farla fruttare per la sua famiglia e la sua comunità, dopo essere stato avvicinato dai mafiosi della zona, registrò le loro richieste illecite, le loro minacce e li denunciò. Queste persone furono arrestate e iniziò un periodo difficile per quest’uomo, un periodo fatto di paura, di diffidenza da parte di una comunità che per anni aveva dovuto e scelto di convivere con la realtà criminale, subendola e che non capí, al momento, la ribellione; ma fu un periodo anche di orgoglio e di dignità perché denunciare è giusto, non piegarsi è segno di rispetto di sé prima ancora che della Legge di una nazione. A quest’uomo fu assegnata una scorta e piano piano, accompagnato da questi servitori dello Stato che, oltre a proteggerlo, condividevano con lui il rischio di un attentato, ricostruí la propria vita e una realtà imprenditoriale agricola che prometteva alla sua gente lavoro e futuro. Oggi alle 20.00 ha ricevuto, senza motivazioni, la notifica dell’annullamento del servizio di protezione “con effetto immediato”, da oggi gli hanno tolto la scorta. Da oggi questo eroe è solo, la sua famiglia è esposta al rischio della vendetta delle famiglie di ‘ndrangheta in un momento in cui i processi sono ancora in corso e il rischio è ancora alto. Ma il Ministro, si sa, lo aveva dichiarato, aveva annunciato che le scorte sono troppe… e quindi c’era da aspettarselo, perché chi denuncia fa paura non solo a pezzi della propria comunità locale ma anche a pezzi di Stato. Quest’uomo, coraggioso e caparbio – ora amareggiato e disilluso -, si chiama Nino Cento. Ho avuto la fortuna di incontrarlo la prima volta quasi tre anni fa per poi di stringere con lui un legame di stima e amicizia che aumenta la mia indignazione per quanto avvenuto. Nino è una persona intelligente, onesta e coraggiosa, con la quale si può costruire anche se le opinioni sono a volte divergenti. Nino è un uomo di valore. Nino e la sua famiglia non meritano la paura ma il sostegno di una comunità e dello Stato – che mi ostino a scrivere con la s maiuscola perché minuscoli sono certi uomini come quelli che hanno messo Nino e i suoi in una condizione tremenda come quella nella quale si trova.

Sia chiaro, se dovesse capitare qualcosa a Nino Cento o alla sua famiglia la responsabilità sarà anche di chi ha firmato l’ordine, fisicamente e idealmente, privandolo della protezione concreta dello Stato in una lotta in cui qualsiasi omissione dovrebbe essere vista come complicità con la criminalità…

Ma d’altra parte c’era da aspettarselo.