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Omicidio Mattarella, Tartaglia: ”Falcone intuì che la storia andava riscritta”

Omicidio Mattarella, Tartaglia: ”Falcone intuì che la storia andava riscritta”

06 Gennaio 2020

di AMDuemila

Il delitto di Piersanti Mattarella era uno dei capitoli della grande inchiesta di Giovanni Falcone su mafia ed eversione di destra”. A dirlo è il magistrato, oggi consulente della Commissione parlamentare antimafia, Roberto Tartaglia, che intervistato da “La Repubblica” Palermo, ha parlato dell’indagine sull’omicidio del presidente della Regione Sicilia, riaperta anche da lui quando qualche anno fa era in servizio a Palermo, che fin da subito proseguì il filo della pista “nera” lasciata da Falcone. “Nel 1988, in un’audizione di recente desecretata, – ha detto il magistrato – il giudice disse delle parole su cui bisognerebbe riflettere: quell’eventuale convergenza d’interessi ‘potrebbe significare altre saldature, e soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro paese, anche da tempi assai lontani’”.
A quel tempo Falcone aveva in mano solo le dichiarazioni rese da
Cristiano Fioravanti sul coinvolgimento del fratello, Valerio, esponente dei Nar, nell’omicidio Mattarella. La svolta all’indagine arrivò dopo quasi un anno quando il professore legato ai neofascisti, Alberto Volo, volle parlare con Falcone, qualche giorno prima dell’attentato all’Addaura. Parole importanti che potrebbero avere un importante chiave di lettura per capire i tanti misteri che arrivano fino alla strage di Capaci. “Si presentò al commissariato San Lorenzo il professore Alberto Volo ha detto Tartaglia – era un estremista nero di Terza Posizione, grande amico di Francesco Mangiameli, ucciso da Fioravanti: Falcone lo interrogò una trentina di volte, persino a cavallo fra il 25 aprile e il primo maggio 1989”.
Il magistrato ha spiegato che Volo raccontava
“di aver appreso da Mangiameli del coinvolgimento di Fioravanti nel delitto Mattarella. L’amico gli avrebbe parlato anche di un incontro con Gelli; l’omicidio dell’esponente Dc sarebbe stato finalizzato a bloccare il nuovo patto con la sinistra, che doveva essere sancito dal congresso della Democrazia cristiana del febbraio 1980”. Il testimone parlò anche di una struttura segreta chiamata “Universal Legion”, simile a Gladio. “Una dichiarazione di grandissimo rilievo – ha commentato Tartaglia – se pensiamo che solo nell’ottobre 1990 Andreotti svelò l’esistenza di Gladio”. Però, all’epoca, le dichiarazioni di Volo non trovarono i riscontri necessari, il testimone venne valutato come inattendibile. Intanto, nel giugno 1989, c’era stato il fallito attentato sulla scogliera dell’Addaura: in quell’occasione, Falcone parlò delle “menti raffinatissime”.
Delle dichiarazioni importanti che Falcone, quando si trasferì presso gli uffici penali del ministero di Grazia e Giustizia, portò con sé.
“Quei file – ha concluso Tartaglia – furono consultati un mese dopo la strage di Capaci da qualcuno rimasto senza nome”. Ma non solo quel file, anche quello che riguardava la scheda di Gladio, che Falcone si era portato a Roma.

fonte:http://www.antimafiaduemila.com/