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OMICIDIO MARINO. PER I CLAN DI SCAMPIA, TERRACINA È ROBA LORO

OMICIDIO MARINO. PER I CLAN DI SCAMPIA, TERRACINA È ROBA LORO

18 Febbraio 2019

di Bernardo Bassoli

Sono stati ricostruiti nel dettaglio, dal collaboratore di giustizia Pasquale Riccio, i particolari dell’omicidio camorristico di Gaetano Marino che, ad agosto del 2012, fu crivellato di colpi in pieno giorno a Terracina nei pressi dello stabilimento “Il Sirenella”.

L’agguato avvenne il 23 agosto 2012. Agì un solo killer che si affrettò a fuggire lungoviale Circe a Terracina in direzione Roma, saltando a bordo della Punto ferma in seconda fila e protetto da una seconda auto che si era messa di traverso per bloccare il traffico. Marino, il boss che era andato anche in tv, nell’ambito del programma televisivo Canzoni e Sfide su Rai Uno ad applaudire la figlia che si esibiva cantando una canzone a lui dedicata, restò a terra esanime tra i bagnanti nel panico.

Il giorno dopo il delitto, l’auto dei basisti fu ritrovata a Terracina nei pressi dell’abitazione di Carmine Rovai. Si arrivò così anche a Salvatore Ciotola. I due sono originari di Monterosa e sospettati di contatti con i clan di Secondigliano.
Quando furono convocati come testimoni nel commissariato di Terracina non si accorsero di essere intercettati e si scambiarono commenti sui dettagli e le risposte da dare. Le indagini, quasi da subito, si arricchirono delle dichiarazioni di due
collaboratori di giustizia: Giuseppe Ambra che ha svelato la strategia scelta dai boss per scegliere le vittime da colpire, e Pasquale Riccio che ha spiegato l’organizzazione del delitto. “Gaetano Marino era in vacanza a Terracina. Venne incaricato (ndr: un loro uomo) di affittare una casa come appoggio per il gruppo di fuoco. La casa era proprio in centro, c’erano tute le immagini di santi e papi”.

Fu lì che si definirono gli ultimi dettagli della missione di morte. Era il 23 agosto. Il 9 settembre successivo, a omicidio compiuto, a Scampia fu freddato Raffaele Abete, fratello di Arcangelo Abete, esponente del cartello in lotta contro la Vanella Grassi (a cui appartiene il clan Marino). Per gli inquirenti fu la risposta dell’agguato a Terracina.
In un’informativa, le squadre mobili di Roma e Latina fecero riferimento a un telegramma che il 23 settembre Gennaro McKay Marino, fratello di Gaetano, scrisse in carcere all’indirizzo di Arcangelo Abete, recluso a Secondigliano, per dirgli di essere addolorato per la morte di Raffaele e sottolineare la propria fratellanza. Con tutta probabilità una proposta di pace per porre fine alla faida.

Come riporta Ilaria Sacchettoni, oggi nell’edizione romana de “Il Corriere della Sera”, è arrivata la prima condanna inerente a questo efferato omicidio da parte del giudice dell’udienza preliminare di Roma.
Gaeta’ questi sono per ‘o Cinese…”, disse Arcangelo Abbinante scaricando addosso a Marino quindici proiettili con una semiautomatica, una delle armi della santabarbara tra quelle custodite dal clan in una vecchia Fiat Palio.

O Cinese era Ciro Abrunzo, killer del gruppo di fuoco degli Scissionisti, ed era era stato l’ultima vittimadi Gaetano Marino ‘o moncherino, fratello di Gennaro “Mckay” Marino che all’epoca della prima faida di camorra era stato una delle anime della scissione del clan Di Lauro (vicende a cui è ispirata la serie di Gomorra; un nipote dei Marino ha partecipato ad alcune puntate della seconda serie), al vertice del gruppo che gestisce la droga alle Case Celesti di Scampia.

Tutta la strategia dell’omicidio Marino è stata raccontata, come detto, da Pasquale Riccio, detto ‘o palluso, ora collaboratore di giustizia.
Su richiesta del sostituto della Procura di Roma dott.ssa Maria Teresa Gerace, 
Riccio è stato condannato a dieci anni di carcere. Giudicato attendibile ed esperto, il suo contributo è considerato dal gup romano Roberto Saulino fondamentale per “l’acquisizione di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per la individuazione e la cattura degli autori” dell’omicidio Marino.
Un delitto nato nell’ambito del controllo dello spaccio a Secondigliano e l’esigenza di gestire le piazze di Mugnano, Casavatore e Arzano, comuni complessi dove estorsioni e smercio di droga sono, purtroppo, parte integrante dell’ambiente sociale. Secondo gli investigatori,
 è proprio nella faida interna degli Scissionisti che vanno rintracciati tutti gli elementi portanti di questa storia criminale. “In quel periodo (ndr: quello dell’omicidio Marino) – ha confessato durante l’interrogatorio un affiliato – noi come clan eravamo piuttosto depressi, giù di morale, stavamo perdendo tutto”. Quell’omicidio portato sul litorale laziale, anche per spostare l’attenzione delle forze dell’ordine da Secondigliano, diede coraggio a “chi si stava abbattendo.

L’azione è preparata con cura e calma in una Terracina che era ritenuta da questi clan di Scampia talmente infiltrata da poterla utilizzare come meglio credono. Una sorta di rifugio dove riciclare e regolare i conti che non possono più essere definiti nelle terre del napoletano, troppo “attenzionate” da madame e cronache.
Noi sapevamo – racconta Riccio – che l’albergo dove era alloggiato Marino era vicino a una caserma dei carabinieri; avevamo pensato anche di poterlo colpire lì nonostante la caserma perché non era motivo di preoccupazione”. Poi i piani cambiano per via di certi imprevisti. Riccio descrive la quotidianità che precede il giorno dell’agguato. I killer affittano un appartamento tramite un loro uomo che è anche il terminal del clan per la gestione delle slot in alcuni bar della città di Terracina. L’osservazione dei luoghi, il monitoraggio dell’albergo dove è ospite Marino, lo studio delle sue abitudini: tutto viene ripercorso nel corso degli interrogatori di Riccio. Per un soffio Marino non viene ucciso fra gli ombrelloni: “Quel cornuto – ha confidato l’indiziato numero uno Abbinante all’altro collaboratore di giustizia Giuseppe Ambra – mi ha fatto sudare nel mese di agosto su quel lungomare. Sono andato una prima volta e non l’ho trovato. la seconda nemmeno quando l’ho visto solo in spiaggia…Ma sarebbe stata una cosa eclatante, la spiaggia era affollata e sia sarebbe creato il panico esagerato”. Come se l’omicidio al Sirenella non avesse scosso un’intera città.

Conferma il giudice delle indagini preliminari di Roma, Roberto Saulino, che questo omicidio ha avuto una prevedibile coda: il 9 settembre 2012 “viene freddato a Scampia a colpi di arma da fuoco Raffaele Abete, fratello di Arcangelo Abete detenuto e ritenuto capo dell’omonima famiglia. Tale atto era interpretato dagli inquirenti come una sorta di risposta proprio all’omicidio di Gaetano Marino, essendo stato ucciso da un soggetto che portava il cognome di una delle famiglie avversarie”.

Nell’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, la piazza di spaccio delle Case Celesti di Scampia, agglomerato di edilizia popolare sito in via Limitone d’Arzano, continua ad essere gestita dal clan MARINO, legato alla VANELLA GRASSI (clan egemone). Nel mese di febbraio 2018, è stata conclusa un’indagine per il reato di associazione di tipo mafioso, che ha riguardato un traffico di stupefacenti, in cui sono state coinvolte figure di vertice dei DI LAURO e dei VANELLA GRASSI, tra cui uno dei figli del capo del primo gruppo, in affari tra loro e con altre consorterie, tra cui i MARFELLA-PESCE di Pianura. È stato possibile accertare, inoltre, il coinvolgimento di due appartenenti alle Forze dell’ordine, uno dei quali con ruolo di vertice in uno dei sottogruppi coinvolti nell’operazione. Siamo ancora allo stesso punto, purtroppo.

Fonte:https://latinatu.it