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Ombre sulla Sanità romana. Intervenga la Procura della Repubblica di Roma

ROMA (13 marzo) – Ancora sospetti e ombre si allungano sulle Asl romane. Una ditta di Aversa che per anni ha rifornito di ausili due grandi aziende sanitarie è stata «sospesa con decorrenza immediata». Motivo? «Non ha fornito la documentazione a suo tempo richiesta per la stipula del contratto».
Il riferimento è alle certificazioni tecniche previste per legge. A far scoppiare il caso e a far scattare dunque «la sospensione della ditta dall’albo dei fornitori» è stata la denuncia di un lettore. «Perché – chiedeva nella e-mail inviata al Messaggero – a parità di costi sono stato costretto a rivolgermi ad una azienda che non è presente sul mio territorio e a lasciare di conseguenza quella da cui mi servivo da anni?».
La Asl di cui si parla è la RmB, azienda romana con una raggio d’azione che va da periferia a periferia, da Pietralata al Casilino, dal Quarticciolo a Torre Spaccata. Il direttore generale Flori Degrassi ha scritto ai suoi dirigenti «per dare immediata attuazione» al provvedimento. Basterà a salvarle la poltrona?
L’azienda colpita dalla “scomunica” è la Ati De Rosa S. a. s. con sede ad Aversa e magazzini a Casal di Principe. Leader nazionale nel settore della stomia a domicilio, la ditta del Casertano riforniva gli assistiti romani in virtù di una semplice delibera. La Asl RmB, già finita nel ciclone di Lady Asl, l’aveva adottata, infatti. nel luglio scorso aderendo ad una precedente gara della Asl RmC. Una procedura bocciata dal Tar, al quale si erano rivolte facendo ricorso alcune aziende ortopediche romane.
In pratica la Ati De Rosa si era assicurata le forniture senza una regolare gara d’acquisto. Sedie a rotelle, ausili per colostomia, materassi anti-decubito e pannoloni. Così che sui tavoli della Asl di via Meda si sono ammucchiate in poco tempo fatture per centinaia di migliaia di euro.
Dopo la denuncia del Messaggero, la direzione generale della Asl Roma B aveva stilato un comunicato per chiarire che alla base della scelta vi era la necessità di un contenimento della spesa. In quanto alla ditta, il fatto che essere di Casal di Principe «non appare sufficiente per discriminarla, tenuto conto – si spiegava nel comunicato – che la prefettura di Caserta aveva rilasciato ampia e liberatoria certificazione anti-mafia».
Ma se la documentazione tecnica mancava come aveva potuto ottenere la fornitura? Inoltre, per le imprese del Casertano – in base ad un protocollo d’intesa stilato con la Questura – è necessario, per evitare il rischio di infiltrazioni mafiose, un’informativa aggiuntiva.
Insomma, in questa vicenda restano ancora molte cose da chiarire. Il consigliere regionale del Lazio Alessio D’Amato (pd) fa parte della maggioranza che sostiene il presidente Piero Marrazzo. Eppure, per primo nei giorni scorsi ha sollevato la questione con un’interrogazione «che ora trova conferma». «Ci sono fatti gravi che vanno chiariti», ribadisce. E Donato Robilotta, capogruppo dei socialisti riformisti, si chiede «come sia stato possibile che la Asl RmB abbia tenuto bloccata per tre anni un gara d’appalto pur avendo un capitolato già pronto».
Claudio Marincola

(tratto da “Il Messaggero” del 13 marzo 2009)