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Nuove norme anti boss «Non riavranno le terre». Ministro Maroni, che dici! Non tutti i Prefetti si chiamano Frattasi e sono attenti come lui!

IL MINISTRO dell’Interno, Roberto Maroni, non ci sta a incassare critiche e obiezioni per il presunto effetto perverso dell’emendamento alla Finanziaria, già passato al vaglio del Senato, che affiderebbe a una società per azioni, a prevalente capitale pubblico, la gestione finalizzata alla vendita di parte degli immobili confiscati alle mafie. «Ci sono tutte le precauzioni necessarie per evitare che ciò avvenga», assicura Maroni. «Il meccanismo è molto semplice — spiega —. Il bene confiscato deve essere preventivamente destinato a un utilizzo per fini sociali; questo lo decide il Prefetto, che mette in atto tutte le contromisure per evitare che lo stesso bene torni in mano mafiosa; se non c’è la possibilità di utilizzarlo, il Prefetto decide che si possa mettere all’asta». «Ci mancherebbe altro — sbotta il responsabile del Viminale — Se solo ci fosse quel rischio, il bene non verrebbe venduto».

NONOSTANTE queste rassicurazioni, la capogruppo del Pd all’Antimafia, Laura Garavini, vuole vederci chiaro e chiede al presidente Pisanu di convocare urgentemente la Commissione. «Il dibattito al Senato è durato due minuti in aula, mentre non è neppure iniziato nelle commissioni: una misura così pericolosa non può essere liquidata in questo modo». Intanto la cronaca continua a registrare esempi di applicazione delle norme antimafia che, dalla seconda metà degli anni 90, si sono fatte più incisive sul terreno dei proventi dell’economia criminale. Nel suo ultimo rapporto alla presidenza del Consiglio, il magistrato Antonio Maruccia, dal 2008 Commissario straordinario per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, comunica che «al 30 giugno 2009 i beni immobili sono 8.933 e le aziende 1.185».

APPARTAMENTI, ville, fabbricati, alberghi, terreni e cave, frutto del reinvestimento di capitali accumulati con traffici illeciti ed estorsioni, si trovano per l’83% nelle quattro regioni meridionali ad alto rischio. Le aziende, presenti in particolare nei settori delle costruzioni, della ristorazione, del turismo e del commercio, sono localizzate «per il 38% in Sicilia, mentre Campania e Lombardia si attestano rispettivamente al 19% e 14%, il Lazio all’8%». «L’ultima modifica normativa — ricorda l’Alto commissario — è stata introdotta con la legge del 15 luglio 2009 (‘pacchetto-sicurezza’, ndr) che attribuisce al Prefetto la competenza sulla destinazione dei beni confiscati, con una sollecita istruttoria da parte della direzione regionale del Demanio per la formulazione della proposta, in base alla stima dei beni effettuata dagli Uffici giudiziari».

(Trato da Il Giorno)