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«Non c’è più differenza nell’agire mafioso: la ‘ndrangheta è violenta al Nord come al Sud» – NOMI

«Non c’è più differenza nell’agire mafioso: la ‘ndrangheta è violenta al Nord come al Sud» – NOMI

Il cartello internazionale della droga. La rieducazione “fallita” di “Roccuzzo” Molè. Bombardieri: «Minacce ed estorsioni non lasciavano spazio alla libera concorrenza». Presente il capo dell’Antic…

Pubblicato il: 16/11/2021 – 14:39

di Francesco Donnici

REGGIO CALABRIA Quello che la maxi-operazione “Nuova Narcos Europea” mette in luce è «la rilevanza dell’offensività criminale della cosca, che ha operato in diverse parti del territorio nazionale con le stesse identiche modalità offensive e incisive che ha adoperato nel territorio in cui essa è endemicamente presente da decenni». Lo dice il prefetto Francesco Messina, capo della Direzione centrale anticrimine, presente alla conferenza stampa di questo 16 novembre alla Questura di Reggio Calabria. La cosca di riferimento sono quei Molè spesso dati per superati dalle stesse cronache che puntualmente ne registrano il ritorno in scena. Così era stato già nello spaccato dell’inchiesta “Handover”, dov’erano documentati anche i rapporti con le altre “famiglie” della Piana come i “Pesce” di Rosarno. Così nella più recente “Geolja”, che raccontava la “pax” coi “Piromalli” per evitare conflitti intestini che si sarebbero frapposti alla reciproca egemonia nella Piana di Gioia Tauro (con riguardo al business delle estorsioni). Il nome “nuovo” è quello di Rocco Molè, classe 95, figlio di Girolamo, arrestato a marzo 2020 dopo il rinvenimento – sepolti nel giardino di casa sua – di 537 chili di cocaina.
Il suo nome spicca tra quelli delle 36 persone destinatarie di misura cautelare per quanto attiene il filone reggino dell’inchiesta. A queste si aggiungono anche le 14 misure eseguite su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze, dove titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Eligio Paolini e alle 54 della Dda di Milano, guidata da Alessandra Dolci. Un’operazione su vasta scala che ha visto l’impiego di quattro Squadre mobili tra Reggio Calabria, Milano, Livorno e Firenze coordinate dallo Sco e dalla Direzione centrale anticrimine. «Il risultato odierno è frutto di diversi anni di attività e per me motivo di orgoglio», dice il questore di Reggio, Bruno Megale, ringraziando i componenti della sua squadra. Alla fine, le misure cautelari eseguite sono in tutto 104 alle quali si aggiungono anche i sequestri di una serie di aziende tra la Calabria (con riguardo alla “Ulisse” e alla “Ngt” operanti nel settore ittico) per un totale di beni di circa un milione e altre regioni per oltre 2,5 milioni di euro.

La “Nuova Narcos Europea”

«Il nome dell’operazione – anticipa il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri – non è frutto della fantasia della Pg, ma viene ricavato da un’intercettazione dove un portuale fa espresso riferimento a questa organizzazione definendola “Nuova Narcos Europea”». Un’organizzazione ramificata anche oltre i confini continentali, come testimonia l’impiego di chimici provenienti dal Sud America o la presenza monitorata, al porto Gioia Tauro, di palombari in possesso del tesserino della marina militare peruviana. Gli arresti si dipanano anche in Polonia, Portogallo e nei due cantoni svizzeri del Ticino e di San Gallo. L’operazione coinvolge un “cartello internazionale” attivo in Spagna, crocevia dei traffici che collegavano – come da prassi consolidata, verrebbe da dire – i canali del sudamericani al porto della Piana. Proprio l’operatività in più paesi, specie quelli dove sconosciuto è il reato di associazione mafiosa, punito dal nostro codice penale all’articolo 416-bis, «ha reso l’indagine ancora più complessa», spiega ancora Messina.
L’entità dei traffici non si ferma alla proiezione della “droga parlata”, ma è tangibile già nei sequestri della droga arrivata in Italia anche durante il periodo del “lockdown”: oltre 1.100 grammi di cocaina sequestrata a Livorno tra il 6 e l’8 novembre 2019 ai quali si aggiunge il sequestro operato ai danni di Rocco Molè il 25 marzo 2020. Sempre nel 2019, tra la Calabria e l’Emilia Romagna gli inquirenti documentano altri quattro sequestri per un totale di oltre 35mila chili di cocaina. «Nel settore del narcotraffico – riporta la Pg – si ritiene che la cosca abbia operato non solo per approvvigiornarsi di ingenti quantitativi di cocaina, ma anche per il successivo recupero in mare dello stupefacente e per la lavorazione dello stesso».

Una ‘ndrangheta non più “silente”

«Ritengo che nell’ambito di questa vastissima operazione la realtà di Gioia Tauro sia fondamentale» dice ancora il capo della Dca, Francesco Messina. Nel modus operandi delle “famiglie” della Piana starebbe infatti il germe di quello che pare si stia replicando anche in altre parti del Paese. «Anche nella realtà lombarda, in particolare nel Comasco e nel Varesotto, dove la cosca operava con estorsioni a tappeto. Non esiste più una differenza dell’agire mafioso. – dice Messina – Una volta della mafia si diceva che andasse al Nord solo per fare affari» e investire. «Lo spaccato di questa indagine è che c’è un’attività violenta nei confronti di diverse aziende per decine, centinaia di migliaia di euro» finalizzata al controllo del territorio. Le importazioni milionarie di stupefacente sarebbero solo una parte di quadro più ampio che comprende anche condotte di autoriciclaggio, reati fiscali ed estorsioni, solo per citare alcune delle contestazioni.

I controllo del mercato ittico del porto

«Non è vero che la cosca Molè è in disarmo». Anzi, nel tempo sarebbe riuscita a intrecciare rapporti con “locali” come quella di Giffone, nel Comasco, dove riemergono nomi già noti alle autorità da inchieste come “la notte dei fiori di San Vito”, che tra le prime racconta de “La Lombardia”, direzione centrale autonoma e riconosciuta dalla “casa madre”.  Il gip Tommasina Cotroneo «ha valutato la fondatezza del quadro giudiziario».
«Qui viene ricostruita in particolare l’operatività di questa cosca che si qualificava come “una delle due famiglie di Gioia Tauro”», dice il procuratore reggino Bombardieri. Il riferimento è ad un’intercettazione che vede protagonista proprio “Roccuzzo” Molè che ad uno dei chimici sudamericani intervenuti in Italia spiega come la sua fosse una delle “famiglie” della Piana «e quando ci rialzeremo tutti dovranno passare, me li ricordo tutti».   Nel filone calabrese dell’inchiesta, tra gli altri, viene documentato il controllo del mercato ittico del Porto di Gioia Tauro. «Abbiamo una serie di riscontri sulla imposizione sia del conferimento del pescato da parte di alcune aziende che sono state sequestrate perché riferibili alla cosca Molè», in particolare ad Antonio Albanese, nonno di Rocco Molè, nonché «imposizione dell’acquisto del pescato da queste aziende». «In una maniera violenta, che non lasciava spazio ad alcun tipo di concorrenza». Accanto a queste attività ci sono anche una serie di estorsioni di somme di denaro destinate al mantenimento delle famiglie dei detenuti. «La cosca Molè si dimostra quindi operativa sia sotto il profilo ‘ndranghetista “puro”, di controllo delle attività economiche, sia sotto il profilo del traffico internazionale di stupefacenti».

La vicenda del distributore di carburante nel Comasco

«Quello di oggi è un primo approdo che però ci dà l’idea della complessità della struttura criminale». Il procuratore aggiunto Gaetano Paci parte da un episodio emblematico per comprendere le attività della cosca anche oltre le regioni storiche. È il caso dell’apertura di un distributore di carburante nella provincia di Como. Un’attività che «doveva essere destinata in un primo tempo a un soggetto imparentato con la cosca “Pesce”». Un altro imprenditore locale «non calabrese e non certamente ‘ndranghetista», chiede «ed ottiene l’intervento dei “Molè” affinché il distributore non venga affidato al primo soggetto prescelto».
«Qui sta – secondo Paci – il fulcro dell’operatività della ‘ndrangheta su tutto il territorio nazionale» anche a fronte delle disponibilità economiche in suo possesso.

La rieducazione “fallita” di “Roccuzzo” Molè

La cosca Molè «dopo una fase calante» frutto dei contrasti con i “Piromalli” che «portarono prima all’omicidio dello zio (omonimo, ndr) di Rocco Molè e all’incarcerazione del padre, Girolamo» torna in auge.
Al comando sale allora il giovane Rocco che «già nel 2019 ha una fortissima interrelazione con soggetti della cosca “Pesce”, poi della cosca “Crea”, ma anche dell’Alto Tirreno e del Vibonese».
Ad impedire il passaggio del testimone all’interno della “famiglia” non era bastato «un approccio rieducativo avuto in passato dal giovane». Il percorso svolto in una comunità in Lombardia si prefigge l’obiettivo di «strappare i giovani delle cosche di ‘ndrangheta da un destino quasi ineluttabile». Destino al quale “Roccuzzo” non è riuscito a scampare dacché «ritornato, ha dovuto prendere le redini dell’organizzazione». Il suo ruolo di leader «riconosciuto in gran parte del territorio» è nutrito dalle direttive del nonno, Antonio Albanese, «che non ha di certo un ruolo secondario».
«Tutto questo, per altro, nonostante la situazione di non facile coesistenza con la cosca “Piromalli” e la possibilità di rivendicare un ruolo che in passato era andato perso».
Il procuratore aggiunto conclude poi con un 
appello agli imprenditori – specie calabresi – che «nonostante anni di sopraffazione hanno deciso di non denunciare». Appello rilanciato dal capo della squadra mobile reggina, Alfonso Iadevaia: «Siamo di fronte a una mafia imprenditoriale, ma quando c’è da fare cassa non lesina minacce ed estorsioni». La reazione delle vittime rimane la chiave per scardinare il sistema. (redazione@corrierecal.it)

Destinatari misure cautelari (gip Reggio Calabria)

ALANES FLORO Kevin
ALBANESE Antonio
ALBANESE Carmelina
ANTONINI Massimo
BILLI Mario
CAMPANELLA Antonio
CARLINO Maria
CAIO TACURI Nilton Cesar
CIONI Fabio
CONDELLO Giuseppe
CORSOLETO Salvatore
CREA Teodoro
D’ANGELO Giuseppe
DANGELI Giuseppe
DE PASQUALE Letterio
DELGADO CORBETTO Angello Gianpierre
FAZZARI Girolamo
FERRARO Giuseppe Antonio
FERTONANI Flavio
FICARRA Antonio
FICARRA Daniele
FICARRA Giuseppe
FICARRA Simone
FONTI Emanuele
IANNI’ Giovanni
JAVIER TARAZONA Sandro Sergio
LATINO Vincenzo
LONGORDO Gesuele
MADAFFARI Ernesto
MAZZITELLI Ippolito
MOLE’ Rocco
PESCE Antonio
PESCE Francesco
PISANO Bruno
SALERNI Antonio
SALERNI Teresa
TENORIO ALVAREZ Antonio Jose
VALVERDE HURANGA Kevin Cesar

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2021/11/16/non-ce-piu-differenza-nellagire-mafioso-la-ndrangheta-e-violenta-al-nord-come-al-sud/