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Nomine di comodo per una “gestione familistica” dei beni tolti alla mafia

Nomine di comodo per una “gestione familistica” dei beni tolti alla mafia

A CURA DELL’ASSOCIAZIONE COSA VOSTRA

14 dicembre 2021 • 19:00

Silvana Saguto era ben consapevole di come la nomina della moglie di Provenzano, Maria Ingrao, fosse solo uno strumento per consentire ai coniugi di lucrare a titolo personale sui compendi patrimoniali in sequestro.

Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alla vicenda di Silvana Saguto, la giudice del Tribunale di Palermo che gestiva i beni sequestrati alla mafia finita al centro di un’indagine partita nel 2015 dalla procura di Caltanissetta. Nella condanna di primo grado i magistrati hanno accertato scambi di favori e di soldi tra la Saguto, avvocati e amministratori giudiziari.

Orbene, alla luce di tali dati, è evidente che la nomina di Maria lngrao, al di là delle sue specifiche competenze e abilità a ricoprire gli incarichi di cui è stata beneficiata, non costituisce assolutamente un fatto isolato, ma è evidentemente un segmento di un più ampio disegno volto ad attribuire utilità agli imputati: sarebbe illogico, infatti, sostenere che la collaudata prassi -dimostrata dalla lunga serie di nomine in tale senso di cui si e detto – volta all’inserimento di persone gradite all’interno delle amministrazioni giudiziarie si arrestasse e cedesse il passo al perseguimento del mero interesse aziendale proprio allorquando a venire nominata coadiutrice è la moglie di Carmelo Provenzano.

Si è già detto, inoltre, e qui si ripete a sostegno della bontà della tesi propugnata dal pubblico ministero, di come la nomina di Santangelo ad amministratore giudiziario rispondesse anche ad un’ulteriore esigenza del Provenzano, ovvero quella di inserire la moglie come coadiutrice nelle procedure di prevenzione, risultato che non si sarebbe potuto conseguire se invece fosse stato Provenzano ad essere nominato direttamente amministratore giudiziario, atteso l’espresso divieto di legge presente nel codice antimafia.

Il che ben fa comprendere come proprio l’individuazione della persona di Maria lngrao quale ausiliario dell’amministratore giudiziario si connoti per una valenza utilitaristica di pertinenza della famiglia Provenzano al di fuori di ogni logica di perseguimento dell’interesse teso ad una corretta gestione dei beni in sequestro, che, invece, dovrebbe presiedere alla funzione di scelta degli ausiliari

dell’amministratore giudiziario e di controllo di tale scelta da parte del giudice delegato.

In altri termini, sebbene la scelta del coadiutore lngrao resti atto formalmente riferibile all’amministratore giudiziario Santangelo, essa promanava certamente – sotto un profilo sostanziale – da Provenzano, che con Santangelo condivideva i poteri gestori dei compendi in sequestro.

Ne consegue – proprio perché tale valutazione è confortata dallo stesso modus operandi e dalla prassi invalsa nella gestione ed amministrazione dei compendi in sequestro da parte di Provenzano e Santangelo – che l’inserimento della propria moglie da parte del Provenzano, con la ratifica di Santangelo e l’autorizzazione all’uopo concessa senza ulteriore scrutinio e controllo da parte della Saguto, lungi dall’essere un riconoscimento della professionalità della lngrao e della necessità di acquisire quella stessa professionalità nell’organigramma dell’amministrazione giudiziaria ai fini del suo buon andamento, costituisse piuttosto un modo di compiacere e ricompensare Cannelo Pwvenz,ano per le utilità che lo stesso procurava alla Presidente della Sezione Misure di Prevenzione di Palermo e delle quali si tratterà di qui a breve.

E rappresentava, anche, dal punto di vista dell’imputato Santangelo, un tributo da parte di quest’ultimo a colui – Carmelo Provenzano – che era il vero artefice delle proprie nomine ad amministratore giudiziario e che, con la Saguto, si preoccupava di intessere e intrattenere i rapporti, secondo un meccanismo di scambio e di ripartizione di utilità tipico di tutti gli schemi corruttivi che vedono la compartecipazione di più corruttori.

Né si può dubitare del fatto che Silvana Saguto fosse ben consapevole di come la nomina della moglie di Provenzano fosse solo uno strumento per consentire ai coniugi di lucrare a titolo personale sui compendi patrimoniali in sequestro,[…].

Già la mera conoscenza, al momento della prima nomina, della decantata qualifica di dottore in psicologia con qualifica di psicoterapeuta della famiglia di indirizzo sistemico-relazionale e della qualifica di esperta in marketing strategico in telecomunicazioni e informatica (riferite alla Ingrao dal proponente amministratore giudiziario Santangelo nella prima istanza di nomina come coadiutore giudiziario della stessa nella procedura Vetrano di cui al doc. n. 8 della produzione del pubblico ministero depositata in cancelleria il 20 dicembre 2019) avrebbe dovuto indurre Silvana Saguto, giudice esperto e navigato in materia di sequestri di aziende e di misure di prevenzione, ad un approfondimento, in concreto, del contributo che la Ingrao avrebbe potuto offrire per il buon andamento dell’amministrazione giudiziaria.

Né, tantomeno, l’intento programmatico, contenuto nella medesima istanza, di assegnare alla Ingrao “compiti di rappresentare l’amministratore in caso di assenza e impossibilità a svolgere le normali attività di amministratore, con particolare riferimento ai rapporti bancari in essere di tutte le società e della ditta individua/e in sequestro” può ritenersi indicazione esaustiva a soddisfare quel dovere di approfondimento e controllo dell’attività dell’amministratore giudiziario, propriamente devoluto all’autorità giudiziaria.

IL COMPORTAMENTO DELLA SAGUTO

[…] Ed allora, se quella della lngrao non fosse stata una nomina di comodo, avallata e autorizzata dalla Saguto in favore della moglie del munifico sostenitore della carriera universitaria del figlio, quest’ultima istanza, volta ad estendere ad altri soggetti l’operatività bancaria, avrebbe dovuto indurre l’allora Presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo già nel luglio del 2013 o ad un ripensamento in ordine all’autorizzazione concessa pochi mesi prima in favore della lngrao oppure ad un diniego alla concessione dell’autorizzazione all’uso bancario da parte di cosi tante persone.

In ogni caso, avrebbe dovuto indurre Silvana Saguto a meglio valutare le richieste di autorizzazione alla nomina di Maria Ingrao come coadiutrice, che si sono succedute da patte di Santangelo fino ancora al 2015.

E’ evidente, invece, come nessun tipo di controllo sulla nomina a coadiutore di Maria Ingrao del 14 giugno 2013, né tampoco su quelle che sono succedute, è stato volutamente esercitato da Silvana Saguto.

Né, d’altronde, considerato il coacervo di rapporti che si erano già intessuti sin dalla primavera del 2013 tra Silvana Saguto e Carmelo Provenzano, soprattutto con riferimento al percorso universitario del figlio Emanuele, può comunque ritenersi che tali nomine siano state il frutto di una scelta condotta nel mero interesse delle amministrazioni giudiziarie.

E’ piuttosto vero che la Saguto, sapendo che Provenzano era amministratore giudiziario di fatto e che gestiva le procedure insieme a Santangelo, al fine di far lucrare maggiori compensi ai coniugi Provenzano/lngrao, autorizzava o ratificava le nomme della Ingrao a coadiutore nelle procedure Vetrano, lngrassia, Raspanti, Acanto, nei termini descritti nel capo di imputazione.

Ed è anche vero che nella mancanza di scrutinio da parte della Saguto (che troppo spesso si traduce in laconici provvedimenti di mera autorizzazione, scritti a penna) sulle scelte adottate, in una ottica familistica, da parte del binomio Provenzano Santangelo deve leggersi un volontario snaturamento della funzione giudiziaria, una abdicazione ai propri doveri di controllo delle scelte dell’amministrazione giudiziario, poteri che – è bene ricordarlo – sono posti a tutela della legalità

dell’azione amministrativa dei compendi in giudiziale sequestro, al solo deliberato fine di compiacere il Profossore Provenzano di riflesso, ma con diretta incidenza nel di lui reddito familiare.

Fonte:https://www.editorialedomani.it/fatti/blog-mafie-silvana-saguto-beni-confiscati-nomine-gestione-familistica-mafia-xg85c