A Giovanna Frunzio ed a tutte quelle altre poche persone sensibili che, costernate, hanno commentato e commentano con l’amaro in bocca la chiusura definitiva del “tribunale” di Gaeta.
Pochi minuti fa ho ascoltato le dichiarazioni sconsolate dell’avv. Lino Magliuzzi rese ad Antonio Ciano e non mi vergogno di dire che mi sono commosso ed ho pianto.
Lino, in quelle dichiarazioni, ha fatto cenno alla diserzione del nostro popolo nella battaglia che egli, con un pugno di suoi colleghi, ha ritenuto di affrontare per difendere la sopravvivenza di un “tribunale” che tale non è mai stato per varie ragioni, malgrado gli sforzi nobili e generosi di qualche giudice come la Brancaccio.
Cosa si aspettava Lino Magliuzzi?
La partecipazione delle… masse?…
Ho rivisto mnemonic amente, in pochi secondi, alcuni passaggi di tutta la mia lunga storia sindacale e politica in questa terra, quando, sconsolato anche io e forse ancor più di Lino, decisi, giovane allora, di abbandonarla, pur con dispiacere in quanto era ed è la mia terra.
Oggi, grazie a Dio, faccio altre cose e queste non richiedono, per la loro delicatezza, che pochi uomini e donne votati, determinati, seri oltremisura e non quelle folle oceaniche assolutamente non in grado di darti il benché minimo contributo.
Perché, con ” questa ” gente, non vai da nessuna parte;
anzi, al contrario, essa costituirebbe, per le sue paure, i lacci e lacciuoli che la tengono legata, il suo stato di disinformazione e quant’altro, un impedimento alla tua agibilità.
In una situazione del genere non è possibile ipotizzare alcun movimento… “di massa”…
Non stiamo, purtroppo, in territori avanzati, ma, al contrario, in… “provincia di Casale”…
Non dimentichiamolo mai.
Con tutto quello che ciò comporta e significa.
Detto questo, oggi, a bocce ormai ferme, sarebbe più saggio cominciare a ragionare, fra poche menti pensanti e non appesantite da gravami politici, professionali, localistici, personali e così via, sul “cosa” fare, “come” tentare di plasmare la nuova realtà, “come “tentare di piegarla all’interesse comune, al bene collettivo.
Il territorio del sud pontino è stato aggregato al distretto giudiziario di Cassino.
Piaccia o non piaccia, questa è la realtà da oggi in avanti.
Ci sono problemi gravosi da affrontare e risolvere.
Problemi logistici, organizzativi, di personale competente, di spazi, di trasporti, di funzionamento o malfunzionamento delle strutture esistenti.
Tutto da pensare e costruire.
Con una macchina giudiziaria, quella di Cassino, che in noi della Caponnetto – in particolare quella parte che riguarda la Procura della Repubblica – ha sempre destato notevoli preoccupazioni, in quanto, se non funziona come dovrebbe questo Ufficio in un territorio sottoposto alle pressioni costanti e pesanti della criminalità camorristica, non va più niente.
Ecco, è necessario ed urgente mettersi seduti a tavolino, in pochi per evitare confusione, e cominciare ad elaborare un piano armonico nel quale ogni pezzo va collocato nel posto giusto, per, poi, passare al confronto con i parlamentari disponibili e con i rappresentanti centrali dell’esecutivo.
Non vediamo allo stato altra strada.
Noi siamo pronti da subito.