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Nello Trocchia racconta i ”Casamonica”, storia di un clan sottovalutato

Nello Trocchia racconta i ”Casamonica”, storia di un clan sottovalutato

Damiano Rocchi 15 Novembre 2020

Sono passati tre anni da quando una signora informava la Procura di Roma della fuga in America di suo figlio, dopo che lo stesso aveva subito delle minacce da un gruppo criminale. Un’intimidazione tanto forte e cruenta da non permettere alla donna di pronunciare il nome del clan: quello dei Casamonica.
Inizia da qui la storia raccontata dal giornalista
 Nello Trocchia, autore del libro Casamonica” presentato nei giorni scorsi al Festival nazionale della legalità “Legalitria”.
Intervistato da
Antonio Gelormini, Trocchia ha ricostuirto il percorso di questa famiglia criminale fino a diventare l’organizzazione locale più potente nel Lazio.
A causa delle disposizioni legate al Covid, l’evento è stato trasmesso in diretta sul canale social del Festival.
Nel suo intervento Trocchia ha evidenziato tutti quegli elementi che hanno permesso ad un gruppo di “zingaracci” (così erano definiti i Casamonica prima delle indagini antimafia) abbia compiuto un’ascesa tanto rapida.
Quando non si nominano i clan e non si pronunciano i nomi dei clan e dei boss, significa che siamo all’anno zero nel contrasto al crimine organizzato – ha spiegato Trocchia – I Casamonica a Roma sono diventati il clan autoctono più potente del Lazio, perchè sono stati innominati. In una città cheè specchio del Paese, perchè quello che succede a Roma nella Capitale, si riverbera dal punto di vista dei modi e delle consuetudini in tutto il Paese”.
Il nome di quel clan era così temuto da indurre molti cittadini a ritirare le denuncie già fatte.
La loro arma principale – ha aggiunto l’autore – è stato l’uso manifesto della violenza”. Un elemento che ha indubbiamente portato come risultato la costruzione, a Roma e dintorni, di un muro di omertà.
Successivamente l’autore ha precisato che a suo modo di vedere, quello dei Casamonica va visto come
un fenomeno sociale, che è possibile creare in ogni territorio, diventando un’alternativa allo Stato”.
Altro argomento affrontato durante l’incontro è la differenza di modus operandi tra la mafia,
per sua natura, organizzazione operante nel segreto”, ed il gruppo dei Casamonica, che hanno preferito agire in modo molto appariscente”.
Ma vi è anche un altro dato inusuale nell’azione del clan: il metodo di offire un maggior quantitativo di sostanze stupefacenti ai propri clienti rispetto alla richiesta. Un modo per procurare un “bisogno” maggiore e, in conseguenza, crediti esigibili verso chi non poteva permettersi la roba.
Secondo il giornalista:
Dieci anni fa un militare che cammina per via Domenico Baccarini a 8 km da Piazza Venezia viene fermato dai Casamonica e lo scambiano per uno che aveva appena sparato ad uno della famiglia e lo riempono di botte, lasciandolo in un lago di sangue. Arrivano i carabinieri e ritiirerà la denuncia. Denuncie ritirate – condanne lievi – benefici di legge – una attenzione nulla nei confronti di un fenomeno criminale che cresceva”.
Una tecnica sempre usata dai Casamonica sembra essere stata la “lagnazione”, cioè fingere di avere un bisogno in modo tragico teatrale.
Trocchia ha spiegato un esempio di cosa intende per lagnazione:
“Io ti presto dei solidi, spesso i prestiti li inducono dando più merce del necessario, poi 2 giorni dopo ti richiamano inventando scuse per farsi dare i soldi il prima possibile. Il cliente non li ha e così costruiscono il debito e il rapporto di sottomissione”.
In tutto questo le istituzioni dove sono finite? Perchè non sono intervenute per tempo?
Trocchia ha parlato anche dei politici, che in un certo momento sembrano aver gestito la situazione in modo bonario a parere dell’autore, forse per evitare situazioni razziste, a causa dell’origine Sinti dei Casamonica:
Negli anni quando io parlo di una sottovalutazione non ne parlo genericamente, io faccio i nomi e i cognomi, cito gli atti giudiziari e amministrativi, nei quali emerge chiaramente come rispetto ai Casamonica la politica si sia comportata ( soprattutto se di sinistra ) con un’attenzione rispetto alla provenienza visto si tratta di un gruppo Sinti non bisogna scadere nel razzismo che non c’entra niente”. “Noi – ha concluso l’autore – parliamo in questo caso di soggetti che hanno una responsabilità penale personale e di una famiglia che è un gruppo criminale perchè si aiuta e nessuno di loro è mai uscito né collaborando con la giustiza né prendendo le distanze”.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/