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Nell’inferno del Cara di Foggia, tra cordate trasversali e mafia Capitale

 

L’Espresso, Mercoledì 14 Settembre 2016

Nell’inferno del Cara di Foggia, tra cordate trasversali e mafia Capitale
Il centro pugliese per richiedenti asilo, raccontato dal reportage esclusivo dell’Espresso, è gestito da una coop vicina a Cl. Ma l’appalto è stato vinto da un consorzio legato a Legacoop. Nomi e sigle che ritornano. E che ritroviamo anche a Mineo, nel Cara più grande d’Europa. Lo stesso finito nell’indagine su mafia Capitale, che dell’accoglienza aveva fatto il business più remunerativo

DI GIOVANNI TIZIAN

Cara che vai intrallazzo che trovi. Del resto la prima regola del manuale “mafia Capitale” recita: i migranti sono un business in cui cooperative bianche e rosse non concorrono, ma si alleano. Cordate “rosé” per appalti milionari e profitti d’oro. Nomi e società che ricorrono intrecciandosi con livelli istituzionali che sostengono e appoggiano sempre i soliti noti del settore.

Queste joint venture post ideologiche le ritroviamo proprio a Borgo Mezzanone, sul quale, dopo il reportage esclusivo de “l’Espresso , il ministero dell’Interno ha aperto un’istruttoria . E a Mineo, in Sicilia, nel “villaggio della solidarietà” su cui indagano due procure. A Borgo Mezzanone, Foggia, il consorzio che si è aggiudicato l’appalto con un ribasso del 25 per cento si chiama Sisifo, come il figlio di Eolo e re di Corinto condannato per l’eternità a spingere un macigno sino alla cima della montagna per aver osato sfidare gli dei. A gestirlo di fatto è la Senis Hospes, una sua consorziata vicina a Comunione e liberazione.

La galassia che ruota attorno a Cl si è imposta nel sistema dell’accoglienza conquistando appalti su appalti. Diventando nel tempo protagonista. Un successo frutto anche delle relazioni sapientemente intessute nel corso degli anni.

Una vecchia indagine della procura di Potenza, poi archiviata, descrive bene i rapporti tra coop bianche e istituzioni. Al centro, anche allora, gli appalti per i Cara, in particolare per quello in Basilicata, a Policoro. Nell’inchiesta spiccavano i nomi eccellenti di Gianni Letta e del prefetto Mario Morcone, all’epoca e ancora oggi capo dipartimento del Viminale per le libertà civili e l’immigrazione. La loro posizione fu presto archiviata. Così come quella dei fratelli Chiorazzo, a capo di un gruppo societario i cui pezzi più pregiati si chiamano La Cascina e Auxilium. Ciò che resta di quelle vicende, però, pur non avendo avuto uno sbocco processuale, sono le loro relazioni.

Ecco cosa scrivevano i carabinieri del Ros nell’informativa inviata ai pm di Potenza: «Grazie all’estesa e fitta trama di relazioni intessute con diversi esponenti delle pubbliche istituzioni – fra i quali il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta e il Capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’ lntemo prefetto Mario Morcone – i fratelli Chiorazzo mirano a consolidare e ad estendere la loro presenza nella gestione dei Cara distribuiti sull intero territorio nazionale ed in particolare in Sud Italia. Le aziende dei Chiorazzo, infatti, curano la gestione (attraverso la cooperativa Auxilium e la società La Cascina) del Cara di Bari (dove sono ospitati circa 1.200 immigrati), del Cara di Policoro (che ospita 200 immigrati) e del Cara di Taranto — di prossima apertura – (destinato ad ospitare 400 immigrati)- per un giro di affari che può essere stimato pari a circa 70.000 euro al giorno».

Era il 2009, mancavano quattro anni alla scoperta del sistema mafia Capitale. Eppure sembra il trailer di ciò che vedremo anni dopo -in parte con gli stessi protagonisti- nella Capitale. Nel frattempo, però, la concorrenza tra coop rosse e bianche si è andata via via dissolvendo. Unite da un unica fede: il business. Alleanza “rosé” che si è materializzata anche nel degrado del Cara di Borgo Mezzanone a Foggia, che di accogliente ha ben poco.

L’appalto, dicevamo, è stato vinto dal consorzio Sisifo, considerato un pezzo pregiato di Legacoop. E già finito al centro di polemiche durante la gestione del centro di accoglienza di Lampedusa, dopo che le immagini dei migranti costretti a denudarsi all’esterno, per sottoporsi al lavaggio anti scabbia, hanno fatto il giro del mondo. Il consorzio, con oltre mille dipendenti, ha dichiarato nel 2015 un fatturato di 89 milioni di euro. Il presidente è il 47enne Domenico Arena, ex presidente della lega messinese delle cooperative e consigliere di amministrazione del Banco di credito cooperativo Antonello da Messina.

Sisifo è «un blocco forte». Copyright Luca Odevaine (entusiasta, come risulta dagli atti di indagine dei pm romani, della nomina di Morcone all’Immigrazione), che etichettava così il gioiello siciliano parlando con Salvatore Buzzi della spartizione del Cara di Mineo. La struttura sulla quale il clan Capitale di Massimo Carminati aveva messo le mani. Odevaine ha ammesso davanti ai pm di aver favorito il raggruppamento di imprese, con in testa Sisifo, nell’aggiudicazione dell’appalto per la gestione del centro siciliano. Non per sua iniziativa, dice. Ma su richiesta di Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura in quota Ncd, lo stesso partito del ministro dell’Interno, Angelino Alfano.

Tra le coop vincitrici a Mineo, insieme al Consorzio, troviamo la Senis Hospes e la Cascina Global Service, in quota Cl. Il presidente del consiglio di amministrazione di Senis Hospes è Camillo Aceto, in passato consigliere della Cascina e di Auxilium. Ruolo che ricopriva anche negli anni in cui i pm indagavano su Letta e Morcone per la vicenda del Cara della Basilicata.

La coop di Aceto opera- lo scrivono anche i militari del Ros nell’informativa su Carminati- in sinergia con Sisifo. Il protocollo di intesa tra gruppi bianchi e rossi si ripete a Foggia. Senis Hospes gestisce, Sisifo garantisce. Cl e Legacoop unite nel nome degli affari. E forse, anche per questo, come nell’inferno di Borgo Mezzanone, nessuno le controlla.