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.Nel super-pizzino di Iovine gli ordini del boss

Il Mattino, Giovedì 21 Aprile 2016

Nel super-pizzino di Iovine gli ordini del boss

di Mary Liguori

L’applauso dei poliziotti di via Medina, la questura di Napoli palcoscenico sul quale furono puntati gli obiettivi dei media di mezza Europa. Un esercito di cameraman, le raffiche dei flash dei fotografi. Quel maglioncino color ciclamino bucò gli schermi: vestiva un «fantasma» dal sorriso scanzonato, quel «ninno» di cui si erano perse le tracce da quattordici anni, da quand’era, appunto, ancora un ragazzino, i capelli lunghi sul collo, la frangetta, gli occhi rivolti verso il cielo, quasi imbarazzato. Era una delle sue prime fotosegnalazioni. Quello scatto in bianco e nero è stato, per quasi tre lustri, l’unica immagine di Antonio Iovine. Quando, nel 2010, la squadra mobile di Napoli mise fine alla latitanza da record del pupillo di Sandokan, lui era ormai un uomo e il declino della cupola dei Casalesi era vicina.

Un anno dopo, lo stesso reparto della polizia catturò l’altro imprendibile, Michele Zagaria. Due arresti eccellenti, il primo costellato da tante ombre, la sparizione di una pen drive, l’archivio del boss, forse. Storia sulla quale è in corso un’indagine. E ora, spunta fuori un’altra stranezza, questa volta avvenuta subito dopo la cattura di Iovine.Quando arrivò in questura, a via Medina, il boss aveva in tasca un foglietto che fece scivolare nelle mani del suo primogenito, Oreste (nell foto piccola). Era l’archivio dei business del «ministro dell’Economia» dei Casalesi, come Iovine è stato definito dalla Dda.È lo stesso figlio del «ninno» a ricostruire l’episodio. Il verbale è agli atti degli arresti eseguiti ieri dai carabinieri di Caserta per delle estorsioni messe in atto dopo la cattura del boss. Un recupero crediti che Antonio Iovine affidò al figlio consegnandogli il libro mastro dei suoi affari. Diciassette dicembre 2010: fine di una «leggenda» della camorra. Iovine, in manette, arriva in questura sorridente, quasi divertito per quel circo mediatico che si è messo in moto per lui. Gli viene concesso di incontrare i tre figli. Dopo, per lui sarà carcere duro, per quattro anni. Il 22 maggio del 2014 la notizia del pentimento del «ninno» diventa ufficiale. Ma torniamo al suo arresto, a quel giorno di festa per lo Stato, a quei momenti negli uffici della questura di Napoli così come li narra il figlio dell’ex boss, che non è pentito, ma usufruisce dei benefici della legge per i collaboratori di giustizia in qualità di dichiarante. Nell’ammettere di avere ereditato alcuni degli affari del padre, Oreste Iovine, in un verbale datato 21 luglio 2014, dice «il giorno dell’arresto, in questura a Napoli, mio padre mi consegnò un foglio nel quale erano elencati una serie di riferimenti ad immobili, compromessi e nominativi di persone per consentirmi di provvedere a tutelare il patrimonio immobiliare e per evitare che fossero dispersi».

«Mi disse che non avrei dovuto avere rapporti con gli affiliati al clan che gioco forza mi avrebbero inserito in un meccanismo incontrollabile e autodistruttivo». Prima gli consegnò il libro mastro della famiglia, dunque, poi gli diede le direttive. «Sempre in questura a Napoli, proprio nel momento in cui mi consegnò il foglietto, ci fece capire che stava cercando una soluzione per ricompattare il nucleo familiare: rassicurò me e i miei due fratelli presenti in questura, ma non fece riferimento a una sua futura collaborazione», si legge ancora nel documento. «Una tale possibilità – spiega ai magistrati Oreste Iovine – era già stata discussa durante la latitanza». Fino a quel momento, Oreste non aveva avuto ruolo alcuno nel clan, si era anche iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Poi il padre fu arrestato e gli eventi lo «obbligarono» a prenderne l’eredità, per evitare che andasse dispersa. Il «testamento» gli fu consegnato, paradossalmente, in questura. Oreste Iovine lo arrestarono nel 2013 per una storia di droga, assieme a dei pregiudicati del clan Verde di Sant’Antimo. Dopo il pentimento del padre iniziò a sua volta a parlare con i magistrati. Da ieri alcune di quelle dichiarazioni, comprese le più controverse, sono pubbliche. E parlano dell’ennesima svista durante un arresto destinato a passare alla storia. Ed è l’ennesimo mistero dei Casalesi.

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