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‘Ndrine in Emilia, arrestati tre affiliati ai Bellocco – VIDEO

‘Ndrine in Emilia, arrestati tre affiliati ai Bellocco – VIDEO

Le fiamme gialle e lo Scico di Bologna hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di uomini del clan di Rosarno. Sono accusati di estorsione ai danni dei familiari di un collaboratore di giustizia di Ravenna. Le minacce al figlio del pentito

Mercoledì, 24 Gennaio 2018

BOLOGNA La Guardia di Finanza di Bologna e dello Scico (Servizio centrale investigazione criminalità organizzata) di Roma hanno eseguito in Emilia-Romagna, Lazio e Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre pregiudicati ritenuti affiliati alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno.
Sono accusati di un episodio di estorsione con metodo mafioso ai danni dei familiari di un collaboratore di giustizia in provincia di Ravenna.
In particolare l’operazione, denominata “Scramble”, trae origine dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Nicola Femia (condannato per associazione mafiosa a seguito della storica sentenza emessa dal Tribunale di Bologna il 22 febbraio 2017 che lo ha ritenuto capo e promotore di un’associazione di stampo mafioso operante nel settore del gioco illegale) che aveva riferito alcuni episodi di estorsione da alcuni calabresi attivi sul territorio emiliano-romagnolo e riconducibili alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno , riconosciuta come una delle consorterie criminali più antiche, pericolose e potenti della ‘ndrangheta reggina.

GLI ARRESTATI In carcere, su richiesta della Dda di Bologna e su ordinanza del gip Gianluca Petragnani Gelosi, sono finiti Bruno Filippone, 35 anni, preso a Siderno, Francesco Corrao, 30 residente a Siderno e rintracciato nel Bresciano a casa della fidanzata, Calogero Lupo, 51, arrestato a Massalombarda (Ravenna) dove risiede.
La vicenda risale al gennaio 2011, quando l’attuale collaboratore di giustizia riceveva le prime richieste estorsive collegate alla gestione di una sala scommesse da lui diretta a Roma. Successivamente, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, nonostante il Femia fosse ristretto in regime carcerario, anche a seguito del suo arresto intervenuto con l’operazione “Black Monkey” del Gico di Bologna, le richieste di denaro, per un ammontare di 250mila euro, sono riprese nei confronti dei suoi figli, residenti in provincia di Ravenna, fino ad arrivare al 5 novembre del 2016 quando le minacce rivolte nei confronti di costoro, direttamente presso le loro abitazioni in Conselice (RA), non li convinsero a pagare in tre soluzioni 50mila euro provento di una sala giochi a Roma..

L’OPERAZIONE L’indagine si è avvalsa delle telecamere di sorveglianza installate presso il municipio del comune ravennate: come scrive il Gip nell’ordinanza, «ha permesso di ricostruire e riscontrare analiticamente la vicenda estorsiva che ha visto coinvolti a Conselice (RA), da un lato, come parti offese, i figli del noto boss Nicola Femia e dall’altro, nella veste di autori del delitto estorsivo, gli odierni indagati, inseriti o gravitanti nell’orbita della ‘ndrina “Bellocco”, comunque avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal gruppo criminale di stampo ‘ndranghetista».
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare sono state eseguite perquisizioni a Conselice e Massa Lombarda in Provincia di Ravenna, Siderno, Rosarno e Palmi in Provincia di Reggio Calabria e ad Anzio in Provincia di Roma.

«SEI UN MISERABILE» «Sei un miserabile… ti entro in casa». Così Bruno Filippone, uno dei tre pregiudicati arrestati questa mattina dalla la Gdf di Bologna e dello Scico, ritenuti affiliati alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno, si rivolgeva a Rocco Maria Nicola Femia, figlio del boss ora pentito, minacciando di dargli «uno schiaffo» se entro le 8 del mattino seguente non gli avesse consegnato 50mila euro. Un’estorsione con metodo mafioso, o come scrive il giudice nell’ordinanza «pesanti minacce che vanno ben al di là del tenore letterale e che sottintendono la prospettazione di gravi violenze fisiche e di devastazione della dimora» di Femia. Nel provvedimento di 42 pagine firmato dal gip Gianluca Petragnani Gelosi vengono ripercorsi i tre incontri tra i due figli di Femia e i pregiudicati arrestati, che erano stati presentati la prima volta come «calabresi che agivano per i Bellocco». Le minacce, in questo caso, non sono esplicite, ma secondo il giudice «il solo fatto di averlo invitato esplicitando che dei calabresi volevano incontrarlo per conto della cosca Bellocco, costituisce di per sé una minaccia implicita, considerato l’alto livello di “cattiva fama” raggiunto dalla ‘ndrina di Rosarno». La cosca viene descritta così dal Gico della finanza: «Una delle consorterie più antiche, pericolose e potenti della ‘ndrangheta, coinvolta nei più importanti processi celebratesi negli uffici giudiziari di Reggio Calabria negli ultimi 30 anni».

fonte:http://www.corrieredellacalabria.it/