‘Ndrangheta stragista: su Graviano-Dell’Utri-Berlusconi, una traccia ignorata negli anni Novanta
Francesco Messina, capo Dca, svela la fonte che oltre 20 anni fa aveva suggerito la pista che puntava ad Arcore
di Aaron Pettinari
13 Maggio 2020
Negli anni Novanta la Dia di Milano aveva trovato una pista che faceva emergere l’esistenza di rapporti politici ed economici tra i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio, Marcello Dell’Utri (poi condannato in via definita per concorso esterno in associazione mafiosa) e l’ex Premier Silvio Berlusconi.
A parlarne, al processo ‘Ndrangheta stragista, in corso a Reggio Calabria, è stato il capo della Direzione centrale anticrimine della polizia, Francesco Messina, chiamato a testimoniare dall’avvocato di Graviano, Giuseppe Aloisio.
Messina, negli anni Novanta alla Dia di Milano, aveva raccolto delle confidenze di Salvatore Baiardo, uno dei principali fiancheggiatori del boss di Brancaccio oggi imputato nel processo calabrese assieme a Rocco Santo Filippone, boss di Melicucco, per essere stati mandanti degli attentati ai carabinieri avvenuti tra la fine del 1993 ed il gennaio 1994, in cui morirono i brigadieri Fava e Garofalo.
Cosa aveva riferito Baiardo di così rilevante? In sostanza che “c’era un rapporto tra il signor Marcello Dell’Utri e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano che, tramite lui, erano interessati al finanziamento del nascente movimento politico Forza Italia perché erano convinti che questo li avrebbe garantiti e avrebbe garantito i loro interessiâ€.
Messina il 4 novembre 1996 redasse, congiuntamente all’allora dirigente della Direzione investigativa antimafia di Firenze, Nicola Zito, un’informativa che finì sul tavolo del Procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna, impegnato nelle indagini sulle stragi in Continente (Firenze, Roma e Milano) del 1993.
Nonostante quella traccia, però, non furono compiuti ulteriori accertamenti. “Noi non abbiamo ricevuto delega come Dia. Almeno fino a quando ci sono stato io a Firenze e fino a quando era operativo il gruppo Stragi†ha risposto il teste a domanda diretta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo.
L’informativa su Baiardo
Secondo quanto riferito dal teste i primi incontri vi furono già fra luglio e agosto del 1994, nella zona di Omegna, il paesino dove Graviano trascorreva la propria latitanza.
Una prima traccia era stata data da una sintetica testimonianza messa a verbale dai carabinieri nelle fasi immediatamente successive all’arresto dei Graviano. Poiché non furono trovati i riscontri, però, Baiardo, che era indagato all’epoca come favoreggiatore, venne messo da parte. Secondo Messina c’erano comunque degli aspetti da approfondire.
Messina ha anche spiegato il motivo per cui nell’informativa non si fece riferimento al nome di Salvatore Baiardo: “All’epoca non voleva comparire e fu utilizzato il termine ‘persona indagata nel procedimento penale 3309/93 (il processo sulle stragi, ndr) e per la quale pende richiesta di archiviazione a Firenze’”.
Nel corso della deposizione, il capo dell’Anticrimine ha più volte definito “ondivago†l’atteggiamento di Salvatore Baiardo che non voleva collaborare con la giustizia, ma al contempo forniva alcuni elementi.
A metà degli anni Novanta, prima dei colloqui investigativi con la Dia fu sentito a sommarie informazioni anche dai carabinieri di Palermo, ma quando fu convocato dai magistrati Gian Carlo Caselli e Luigi Patronaggio “si rifiutò di parlare”.
Il rapporto con Dell’Utri
Agli investigatori Baiardo, in contatto con i boss dal 1989 fino al loro arresto, raccontò anche di aver assistito a due conversazioni telefoniche tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri. “Ci disse che in quelle telefonate si evinceva che i due avevano in comune interessi economici. Nella prima di queste telefonate, avvenute fra il ‘91 e il ‘92, aveva capito che l’interlocutore era Dell’Utri perché Filippo Graviano aveva pronunciato questo nome per farsi annunciare”.
Inoltre era a conoscenza dei rapporti che i Graviano avevano con settori dell’imprenditoria e della politica. “Nel corso di vari incontri intrattenuti con i fratelli Graviano e Cesare Lupo, Baiardo aveva ricevuto dettagli sui rapporti che legavano i Graviano a Dell’Utri e che in questo contesto di comuni affari c’era anche tale Fulvio Lima di Palermo, parente di Salvo Lima. Poi aveva aggiunto che questo imprenditore di origini palermitane chiamato Rapisarda si era prestato a investimenti immobiliari sia in Lombardia, sia in Sardegna e che era un prestanome dei Graviano” ha riferito sempre Messina. Inoltre Baiardo riferì anche di “aver accompagnato fisicamente in un ristorante milanese che si chiama ‘L’Assassino’ in cui i due avrebbero dovuto incontrare Dell’Utri, ma che lui poi non avrebbe assistito all’incontro”. Un incontro che sarebbe avvenuto tra il 1992 ed il 1993.
La mente finanziaria
Giuseppe Graviano, che nei mesi scorsi ha raccontato la sua verità parlando di Silvio Berlusconi, di investimenti fatti al nord assieme al cugino Salvatore (oggi deceduto a causa di un tumore), e di incontri con “imprenditori” generici (di fatto senza fare mai riferimento a Marcello Dell’Utri), dal carcere di Terni ha ascoltato le parole di Messina. E chissà cosa ha pensato nel momento in cui il teste ha fatto riferimento al fratello Filippo (“Per Baiardo i rapporti con Dell’Utri li aveva soprattutto Filippo, che a suo dire era la mente finanziaria dei due fratelli”) che nel suo flusso di coscienza ha sempre chiamato fuori da ogni fatto, a differenza del cugino. Ma su quest’ultimo non vi sarebbe traccia nei fascicoli di indagine dell’epoca.
Sul detto e il non detto di Baiardo potrebbero esserci importanti riscontri su tutta la vicenda. Perché rispetto all’epoca vi sono altri collaboratori di giustizia che hanno parlato di Graviano, dei suoi spostamenti e del suo ruolo diretto nelle stragi: Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina.
Quegli elementi su Roma
Proprio Spatuzza è l’ex killer di Brancaccio che ha riferito dell’incontro con “Madre Natura” al bar Doney, nel gennaio 1994. “Aveva un’aria gioiosa e mi disse che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa – aveva ricordato in più occasioni Spatuzza – (…) Poi aggiunse che quelle persone non erano come quei quattro crasti (cornuti, ndr) dei socialisti che prima ci avevano chiesto i voti e poi ci avevano fatto la guerra. Poi – continuava – mi fece il nome di Berlusconi. Io gli chiesi se fosse quello di canale 5 e lui rispose in maniera affermativa. Aggiunse che in mezzo c’era anche il nostro compaesano Dell’Utri e che grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle maniâ€. E per Paese, specificava Spatuzza, “intendo l’Italiaâ€.
E’ sempre in quell’incontro che Graviano dà il via all’organizzazione dell’attentato all’Olimpico per “colpire un bel po’ di carabinieri†e in cui riferisce che “i calabresi si erano già mossi”.
Come era emerso nel processo trattativa Stato-mafia la Dia ha riscontrato che proprio nei giorni in cui si sarebbe tenuto quel dialogo, Marcello Dell’Utri era presente a Roma. Atti che sono confluiti nel processo calabrese la scorsa settimana, in cui emerge che presso l’hotel Majestic di Roma, distante poche centinaia di metri dal bar Doney, il 22 gennaio si doveva svolgere una Convention e si accerta che l’arrivo di Dell’Utri presso l’Hotel è del 18 gennaio. Dai dati raccolti dagli investigatori, però, non si sa quando l’ex senatore ha lasciato la struttura. Altro dato certo è che in quei giorni il gruppo Fininvest aveva messo a disposizione dei propri dipendenti una vera e propria “flotta aerea†con diversi voli che si erano sviluppati tra Roma e Milano ma il nome di Dell’Utri non comparirebbe nell’elenco dei passeggeri che hanno usato quei voli.
Il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, è partito da questi dati per cercare ulteriori riscontri.
Da accertamenti recentissimi della Sezione Centrale antiterrorismo, è arrivata la conferma della contemporanea presenza a Roma di Graviano e Dell’Utri.
Ulteriori elementi sono poi emersi prendendo a verbale i dipendenti dell’hotel che hanno ricordato di incontri e riunioni. E tra i membri del personale, svela un’informativa depositata di recente agli atti, c’è chi può confermare che l’ex senatore di Forza Italia al tempo incontrò anche personaggi “di chiara provenienza calabrese e siciliana che parlavano con marcato accento dialettale da me conosciuto per le mie origini calabresi” che si riunivano “ai tavoli del bar o nelle salette attigue” con l’intento di “sostenere il nascente movimento politico”. Inoltre riferirebbero di “riunioni ristrette preliminari alla formazione del partito politico Forza Italia, a cui ha partecipato anche Silvio Berlusconi“.
Accertamenti ulteriori, riferito in aula dall’ispettrice della squadra mobile reggina Annalisa Zannino, sono stati fatti sulla presenza di Giuseppe Graviano in una villa a Torvaianica tra il 18 e il 21 gennaio 1994, sull’arrivo nella Capitale di Gaspare Spatuzza a bordo di una “Lancia Delta di colore bordeaux” e del successivo incontro avuto proprio nel bar di via Veneto.
Agli atti del processo sono finite anche le dichiarazioni del pentito di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca, su quanto gli riferì Matteo Messina Denaro sull’orologio che Giuseppe Graviano avrebbe visto al polso di Silvio Berlusconi e le parole del collaboratore di giustizia Toni Calvaruso sul quadretto che consegnò sempre al capomafia di Brancaccio, su ordine del corleonese Leoluca Bagarella.
Quando fu sentito al processo Borsellino quater, nell’ottobre 2014, rivelò: “Erano i primi giorni del 1994. Bagarella mi diede un quaderno su cui c’erano appuntati nomi e cifre e mi disse di non farlo vedere a nessuno perché sarebbe successo un macello. Se quei nomi fossero venuti fuori sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale. Io non ho mai guardato cosa ci fosse scritto sul quaderno lo conservai in un magazzino e poi lo consegnai ai Graviano su disposizione di Bagarella stesso. Ad essere precisi lo diedi a Nino Manganoâ€. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 15 maggio.