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‘Ndrangheta stragista, la figura di Marcello Dell’Utri e il ruolo politico

‘Ndrangheta stragista, la figura di Marcello Dell’Utri e il ruolo politico

Aaron Pettinari 26 Febbraio 2021

“Crediamo che la sentenza di Reggio Calabria non vada acquisita in questa sede e in assenza di una motivazione sulla rilevanza per cui quel documento deve entrare in quest’aula da parte di questa difesa c’è opposizione”.
Con queste parole lo scorso 15 febbraio, durante l’udienza del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, l’avvocato di
 Marcello Dell’Utri, Francesco Centonze, aveva espresso il proprio diniego alla richiesta di acquisizione, presentata dalla Procura generale, della sentenza di primo grado del processo ‘Ndrangheta stragista che lo scorso luglio ha visto le condanne del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e di quello di Melicucco Rocco Santo Filippone. La scorsa settimana il Presidente della Corte d’assise d’appello, Angelo Pellino, ha ammesso l’acquisizione delle motivazioni della sentenza in quanto proprio Giuseppe Graviano era stato indagato (e poi archiviato) nel procedimento parallelo sulla trattativa.
Ma perché la sentenza calabrese viene vista con timore?
Difficilmente il motivo sta negli 
accertamenti compiuti su Salvatore Baiardo, il gelataio di Omegna che gestì la latitanza dei due boss di Brancaccio Giuseppe e Filippo Graviano e che nella trasmissione Report rivelò di aver assistito a degli incontri tra lo stesso Graviano, Berlusconi e Dell’Utri.
Del resto lo stesso avvocato di Dell’Utri ha affermato in udienza di “non temere le dichiarazioni di Baiardo” anche se, per il momento, c’è solo la richiesta di acquisizione di una scheda dedicata agli accertamenti compiuti dalla Dia sul gelataio “vicino” ai Graviano.
Torniamo, dunque, alla sentenza calabrese.

Il ruolo di Dell’Utri, l’attendibilità di Spatuzza
La Corte d’assise presieduta da 
Ornella Pastore, ripercorre tutte quelle valutazioni giudiziarie che portarono alla condanna penale di Marcello Dell’Utri per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa anche con riferimento al periodo compreso il 1978 ed il 1992. Tuttavia, contrariamente alla Corte palermitana che aveva valutato come inattendibile Gaspare Spatuzza, in quanto aveva in un primo momento della sua collaborazione con la giustizia taciuto le circostanze sul conto di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, i giudici calabresi spiegano “le ragioni per le quali deve invece essere riaffermata l’attendibilità intrinseca di Gaspare Spatuzza, avendo il predetto dato conto nell’ambito di diversi processi delle ragioni che lo hanno portato a rendere tardivamente dichiarazioni nei confronti di Dell’Utri e Berlusconi”.
Inoltre si ricorda come ai fini dell’assoluzione dell’ex senatore di Forza Italia per i fatti successivi al 1992 fossero state ritenute decisive le dichiarazioni rese da 
Filippo Graviano il quale nell’esame escluse di avere mai conosciuto Dell’Utri.

A confutare quelle dichiarazioni del boss di Brancaccio, che oggi si dissocia da Cosa nostra e spera di poter usufruire di permessi premio, vi sono prove sopravvenute come le dichiarazioni registrate in carcere tra il fratello, Giuseppe Graviano, e il camorrista Umberto Adinolfi.
Infatti, nel colloquio del 10 aprile 2016, si lasciava intendere come il Graviano avesse voluto agevolare il Dell’Utri facendo una difesa a “spada tratta”, tale da comportarne l’assoluzione (
Noi eravamo a testimoniare ‘nu processo di Dell’Utri, processo… u capisti cu? A settembre un tu ricordi nu 2009? A dicembre non ti ricordi che io sono stato a testimoniare nu processo (inc.)?… sono venuti i giornalisti di tutto… di tutto il mondo! (inc.) si n’iu… (inc. a ore 13:10:22 si avvicina ad Adinolfi e abbassa il tono della voce)… t’avissi a ricordari… picchì si preoccupava, dice… si chistu pa… a mia ma… m’arrestano subito!”. Umbè, ha fatto tutte cose così..che tu penso sei d’accordo con me… io mi sono avvalso della facoltà di non rispondere… non so se ti ricordi tu?.. quattru… a rispondergli e l’ha difeso a spada tratta. Mi sono spiegato? Quattro di loro… me’ frati… l’ha difeso a spada tratta, arrivo là e… di tutto! Che lui poi è stato assolto là… quello (inc.) in poi, io so il passato. No? (inc.) lui ha fatto… non… è stato in commissione e ha parlato di noi… positivamente. Dice: “queste sono le persone che…” e c’ha dimostrato come io non potevo essere delle cose… diciamo così… ora quello che dice cose..”).
In un’altra conversazione intercettata sempre in data 14 marzo, scrivono i giudici reggini, 
“Graviano faceva capire chiaramente che quando nel 2009 era stato chiamato a testimoniare aveva preferito non rispondere in quanto con ciò sperava di potere ottenere riconoscenza in cambio della sua condotta omertosa (“… perché io nel 2009 mi sono stato zitto al processo … a ore 08:57:30 Graviano porta la mano destra con l’indice alzato alla bocca”). A tal proposito si osserva che l’imputato, nel corso dell’interrogatorio reso in data 7 febbraio 2020, ha voluto indicare le ragioni per le quali nel processo a carico di Marcello Dell’Utri aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, lasciando chiaramente intendere che la sua scelta era stata dettata da ragioni di risentimento (…Io mi sono avvalso della facoltà di non rispondere, perché mi continuavano a fare le cattiverie, perché mi tengono sempre in isolamento, ma mi sta anche bene. In quel periodo loro mi hanno isolato, senza motivo…”)”. E poi ancora si ricorda come nell’ambito del processo calabrese altri collaboratori di giustizia hanno reso dichiarazioni in ordine al ruolo politico svolto dal Dell’Utri.
Come ad esempio 
Giovanni Brusca, il quale ha affermato che Cesare Lupo aveva costituito il movimento “Sicilia libera” d’intesa con Cannella e Bagarella e che quando esso era nato, i rapporti tra Graviano e Berlusconi erano “in fase di maturazione”, o ancora Salvatore Grigoli, Francesco Onorato, Antonino Calvaruso e Giuseppe Di Giacomo. Quest’ultimo, nello specifico, aveva riferito che “nel 1993 si creò un movimento politico, che Marcello Dell’Utri aveva dei contatti con Aldo Ercolano, e di cui noi eravamo a conoscenza per il fatto che di lì a breve si creava questo momento politico” e che Santo Mazzei e Massimo Vinciguerra gli avevano detto di dirottare i voti su tale partito e attraverso l’appoggio a tale formazione sarebbe stato possibile rivedere l’ergastolo.

Le conferme nelle indagini Dia: la questione Baiardo
Secondo i giudici 
“ulteriore conferma dell’esistenza di contatti tra i fratelli Graviano ed il Dell’Utri si trae poi dalle dichiarazioni rese dal teste della difesa Messina Francesco, in forza alla Direzione Investigativa Antimafia dal 1992 al 1994 quale responsabile del settore investigazioni giudiziarie del centro operativo di Milano, il quale, come si vedrà meglio di seguito, all’epoca aveva effettuato un monitoraggio sugli spostamenti dei fratelli Graviano durante la loro latitanza. Nell’ambito di tale attività era stata attenzionata la posizione di Baiardo Salvatore, soggetto di origini palermitane residente in provincia di Novara, a Omegna, ove gestiva una gelateria denunziato per favoreggiamento”.
Quindi si evidenzia che 
“Baiardo in un primo verbale redatto da un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri aveva fatto intendere di volere rendere dichiarazioni in ordine ai suoi rapporti con i Graviano, ma il suo comportamento in seguito era stato ondivago perché, una volta convocato a piede libero presso gli uffici della Procura di Palermo, si era rifiutato di rispondere”.
Eppure in precedenza Baiardo, come riferito da Messina,
 “aveva rappresentato di essere a conoscenza di informazioni strategiche per ricostruire la latitanza dei Graviano, ma aveva manifestato timore a rivelarle. Nel corso di tale incontro era stato fatto riferimento ai rapporti intercorsi tra i fratelli Graviano e alcuni imprenditori milanesi ed in particolare con tale Rapisarda, indicato come il prestanome dei fratelli Graviano, e ad un rapporto tra Filippo Graviano Marcello Dell’Utri. Baiardo, che aveva iniziato ad avere rapporti con i fratelli Graviano nel 1989 e li aveva mantenuti fino al momento del loro arresto, aveva anche assistito ad una telefonata nel periodo 1991-1992 tra Filippo Graviano, che era la mente finanziaria della famiglia, e Marcello Dell’Utri e dal contenuto del colloquio aveva compreso che i due avevano in comune interessi economici. Inoltre aveva avuto modo di capire che in tale contesto era coinvolto anche Fulvio Lima di Palermo, a suo dire parente dell’onorevole Salvo Lima.
“Il Baiardo – aveva aggiunto – aveva altresì compreso che i fratelli Graviano erano interessati, tramite Marcello Dell’Utri, al finanziamento del nascente movimento politico “Forza Italia”, perché ritenevano che ciò avrebbe garantito i loro interessi. Il Baiardo aveva anche riferito di aver accompagnato, tra il 1992 e il 1993, i fratelli Graviano presso un ristorante di Milano, ‘L’Assassino’ ove i due avrebbero dovuto incontrare il Dell’Utri, ma di non avere assistito a tale incontro”.
Il teste Messina ha precisato che il Baiardo aveva chiesto di mantenere l’anonimato e non aveva inteso formalizzare tali dichiarazioni temendo per la propria incolumità.
Tutto fu comunque annotato e trasmesso in un’informativa datata 4 novembre 1996 a firma del capocentro di Firenze, Zito, poi depositata presso la Procura di Firenze.
Secondo i giudici calabresi
 “è evidente che ulteriori approfondimenti in ordine al contenuto della suddetta informativa, avrebbero potuto condurre all’acquisizione di elementi utili al fine di accertare l’effettiva natura dei legami tra i fratelli Graviano, ‘imprenditori milanesi’ e soprattutto con Marcello Dell’Utri“. Ed è proprio su questo che si sta incentrando il lavoro della Procura di Firenze che ha iscritto Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi nel registro degli indagati come mandanti delle stragi del 1993.

Da Graviano a Pittelli
L’esistenza di legami tra Graviano e l’ex senatore di Forza Italia emerge, ad avviso della Corte, anche dalle conversazioni intercettate presso la casa circondariale di Ascoli Piceno. In quei dialoghi, infatti, i riferimenti a Berlusconi e Dell’Utri sono molteplici.
Ma tra le nuove prove messe in evidenza vi è anche il clamoroso contenuto della conversazione intercettata nell’ambito dell’
inchiesta Rinascita Scott, tra l’onorevole Giancarlo Pittelli e due soggetti allo stato non identificati dalle parole di quest’ultimo, parlamentare di Forza Italia. Da queste intercettazioni, in cui si commenta anche la sentenza di primo grado del processo Stato-mafia, emerge che il Dell’Utri si sarebbe rivolto alle famiglie di ‘Ndrangheta Piromalli e ai Mancuso nel momento in cui dovevano essere predisposte le liste da presentare per la nuova formazione politica (Dell’Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro non so se ci… se ragioniamo, tu pensa che ci sono due mafiosi in Calabria, che sono i numeri uno in assoluto, uno è del vibonese e l’altro è di Gioia Tauro, uno si chiama Giuseppe Piromalli..e l’altro si chiama Luigi Mancuso, che è più giovane e forse più potente…io li difendo dal 1981, cioè sono trentasette anni che questi vivono qua dentro..”).

Le conclusioni della Corte
Nelle sue conclusioni secondo la Corte d’assise è 
“accertata in via definitiva l’esistenza di un risalente rapporto tra Marcello Dell’Utri ed esponenti di Cosa Nostra e l’importanza del ruolo di intermediario svolto dallo stesso per quasi un ventennio tra l’organizzazione mafiosa e Silvio Berlusconi, sulla base degli ulteriori elementi sopra esposti può affermarsi altresì che il predetto, tra i più convinti sostenitori della necessità di Berlusconi di avviare un impegno diretto e personale in politica, si fosse attivamente adoperato per favorire il successo della nuova formazione politica, intrecciando legami con le organizzazioni criminali, che speravano di ottenere, in cambio dei voti, benefici in termini di modifiche legislative e soprattutto l’attenuazione del regime di cui all’art. 41 bis”. Secondo i giudici di primo grado del processo ‘Ndrangheta stragista è “provato che già nella primavera 1992, successivamente alla morte dell’onorevole Salvo Lima, il Dell’Utri aveva avvertito l’esigenza che il gruppo Finivest si occupasse di politica e per tale motivo si era rivolto ad un analista politico di nome Ezio Cartotto al quale aveva dato l’incarico di svolgere un ciclo di conferenze per i quadri della Fininvest sul tema dell’analisi della situazione politica”.
Oltre alle dichiarazioni di Cartotto i giudici hanno preso in esame le testimonianze di Mucci,
 Giuseppe Resinelli, Federico Orlando, condirettore de Il Giornale” nel periodo 31 ottobre 1991 – 10 gennaio 1994, ed anche il collaboratore di giustizia Giuffrè. “Deve pertanto ragionevolmente ritenersi – conclude la Corte – che il Dell’Utri si fosse attivato già nel 1992 per soddisfare l’esigenza di Cosa Nostra, riguardante la creazione di un nuovo partito che potesse diventare un punto di riferimento politico per l’associazione mafiosa”. Ciò che è avvenuto dopo è storia.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/82429-ndrangheta-stragista-la-figura-di-marcello-dell-utri-e-il-ruolo-politico.html