Ammontava a 30mila euro, racconta il pentito, la quota di estorsione. E spiega: «Mio padre non chiedeva il pizzo ai commercianti di Briatico»
Pubblicato il: 20/09/2023 – 15:03
di Giorgio Curcio
VIBO VALENTIA «La gestione del villaggio “Club Med” era in mano a Saverio Prostamo, il quale decideva chi doveva lavorare e quali ditte potevano entrare nella struttura. Tra i fornitori del villaggio, ricordo Nicola Curtosi, titolare di una ditta di infissi. So che Curtosi aveva avuto problemi a Rocca Nettuno con Francesco La Rosa il quale, al termine di alcuni lavori, gli chiese l’estorsione e Curtosi lo denunciò. Tra i fornitori del “Club Med” ricordo anche Mimmo Polito e Francesco Grillo». A parlare è Antonio Accorinti, il 43enne figlio del presunto boss Antonino e neo-collaboratore di giustizia. Le due dichiarazioni hanno riempito già decine di pagine nel corso di tre interrogatori davanti ai magistrati. In particolare, lo scorso 18 luglio, davanti al pm Antonio De Bernardo, Accorinti ha illustrato alcuni aspetti della gestione dei villaggi turistici sulla costa tirrenica vibonese, al centro dell’inchiesta “Imponimento” della Dda di Catanzaro. Dichiarazioni che, almeno in questa prima parte, coincidono con i risultati investigativi emersi dall’inchiesta “Olimpo”.
Le estorsioni al Club Med
Il 43enne ha raccontato al pm che «le estorsioni alle varie ditte del “Club Med” le prendeva Prostamo, anche per conto di mio padre. La quota estorsiva sull’intero villaggio – che mi sembra fosse di 30mila euro l’anno, pagata tramite fittizie fatture emesse da ditte che lavoravano all’interno della struttura in favore del gestore “Club Med” – veniva raccolta personalmente da Prostamo e divise, almeno sino a quando era presente Pantaleone Mancuso “Scarpuni”, tra quest’ultimo, mio padre e Prostamo; le estorsioni sulle ditte fornitrici venivano invece divise solo tra Comito, Salvatore Muggeri e Saverio Prostamo. Mio padre non percepiva i proventi delle estorsioni, ma li consegnava a Prostamo e Muggeri». I due, rispettivamente di 49 e 46 anni, sono stati coinvolti nell’operazione “Olimpo” della Dda di Catanzaro, scattata all’alba del 26 gennaio scorso.
Il ruolo di Stillitani “il dottore”
Accorinti prosegue e, nel corso delle sue dichiarazioni, mette in mezzo anche Emanuele Stillitani, imputato nel processo “Imponimento”. «Era Stillitani “il dottore” – racconta – a fare da tramite per imporre l’estorsione al “Club Med”. Pantaleone Mancuso “Scarpuni”, in primis, decise assieme a mio padre di chiedere 30.000 euro a titolo estorsivo al “Club Med” e mio padre diede pertanto incarico a Saverio Prostamo di interfacciarsi con Stillitani affinché questi, a sua volta, si rapportasse con i rappresentanti del “Club Med”. Questo a partire dal primo anno in cui il villaggio fu gestito da “Club Med”. Da quel momento hanno pagato ogni anno senza bisogno di ulteriori richieste o accordi, finché hanno avuto loro la gestione». «Preciso – spiega Accorinti – che la direzione generale non era a conoscenza delle estorsioni poste in essere dal nostro gruppo nei confronti del villaggio, sicuramente, però, il direttore locale del villaggio sapeva di essere sottoposto ad estorsione. Se cambiava la figura direttiva all’interno del villaggio, colui che andava via lasciava al suo successore, per così dire, le “consegne” di pagare le quote estorsive al mio gruppo criminale». «Tengo a precisare che mio padre fece arrivare l’imbasciata dell’estorsione a Saverio Prostamo, riferendogli espressamente che Luni Mancuso “Scarpuni” aveva stabilito di richiedere la somma di 30mila euro (…) Mio padre è sempre stato fedele soltanto a Luni Scarpuni: per tale motivo la gente fuori sapeva che mio padre poteva legittimamente parlare a suo nome».
«Mio padre non faceva estorsioni»
Il racconto di Accorinti, poi, si concentra sulla “gestione” del territorio. «Mio padre non chiedeva personalmente il pizzo ai commercianti di Briatico, dai quali preferiva ricevere rispetto, consenso, disponibilità. Una politica criminale in fondo condivisa anche da Pantaleone Mancuso. Devo dire la verità, io in relazione ad alcuni imprenditori, che non dimostravano questa disponibilità (che magari non votavano per i soggetti indicati da noi), non ero d’accordo e avrei voluto “toccarli”, ma mio padre non me lo ha mai consentito». «Per quanto ne so – racconta Accorinti – a Briatico nessuna attività commerciale paga le cosiddette “mazzette” a titolo estorsivo. Tuttavia, poteva capitare che le attività commerciali o le varie ditte presenti sul territorio ci facessero dei favori, magari effettuando per noi dei lavori gratuitamente oppure aiutandoci nel supportare candidati di nostro gradimento alle consultazioni elettorali. I Melluso, invece, qualche estorsione la portavano avanti, compiendo anche dei danneggiamenti. Venivamo a sapere di queste estorsioni in quanto le vittime si rivolgevano a mio padre per chiedere spiegazioni. Gli stessi Melluso, con noi, negavano però sempre di aver fatto estorsioni» anche perché «mio padre – racconta – rispetto alle condotte dei Melluso ha sempre tenuto un atteggiamento di cautela e tolleranza, raccomandandoci di stare tranquilli. D’altra parte, finché rendevano conto a noi e negavano le loro responsabilità, non potevano portare a compimento nessuna estorsione». (g.curcio@corrierecal.it)