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‘Ndrangheta, operazione ”Cassa continua”: 6 arresti contro la cosca Labate

‘Ndrangheta, operazione ”Cassa continua”: 6 arresti contro la cosca Labate

31 Luglio 2020

di AMDuemila

E’ stata portata a termine l’operazione, denominata ‘Cassa continua’, da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria contro i presunti appartenenti alla cosca Labate di Reggio dediti, secondo l’accusa, a estorsioni, detenzioni di armi da guerra, comuni da sparo e clandestine e trasferimento fraudolento di valori. L’operazione è stata condotta con il coordinamento della Dda diretta da
 Giovanni Bombardieri e su disposizione del gip, i militari hanno arrestato Pietro Toscano, di 67 anni, Paolo Falco (50), Antonio Laurendi (64), Francesco Toscano (41), figlio di Pietro, Massimiliano Lentini (44) e Vincenzo Laurendi (44), questi ultimi due ai domiciliari. Nel corso dell’operazione è stata anche notificata la sospensione per mesi 12 dall’esercizio di pubblico ufficiale ad una dipendente del Comune di Reggio, Antonia Messina, di 66 anni, e sequestrate le quote e il patrimonio dell’impresa di onoranze funebri “Croce Amaranto”. Le indagini sono iniziate dopo l’arresto di Francesco Toscano, avvenuto il 16 giugno del 2017, a seguito del rinvenimento di armi d’assalto. Da intercettazioni telefoniche e ambientali è emersa la riconoscibilità di quelle armi ad un più ampio gruppo di persone inserite nella cosca Labate conosciuta anche con il nome di “Ti Mangiu” che ha il controllo della zona Gebbione di Reggio Calabria. Dagli accertamenti è emersa anche un’estorsione che sarebbe stata compiuta da Pietro Toscano a carico di un familiare della moglie di Filippo Chirico, indicato come il reggente della cosca Libri e per questo condannato dal Gup, l’11 giugno 2019, a 20 anni di reclusione. Secondo le indagini un’altra estorsione sarebbe stata compiuta ai danni di un imprenditore del settore onoranze funebri concorrente della società “Croce Granata” riconducibile a Pietro Toscano e Antonio Laurendi. Società destinataria di un’interdittiva antimafia della Prefettura di Reggio Calabria il 17 ottobre 2017 e mutata poi in “Croce amaranto”. La dipendente del Comune è accusata di rivelazione di segreti d’ufficio aggravato dalle modalità mafiose, perché, venuta a conoscenza dell’interdittiva antimafia, subito dopo si è recata da Pietro Toscano per informarlo essendo a conoscenza della reale titolarità della ditta.

 

Fonte:http://www.antimafiaduemila.com/