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‘Ndrangheta, le mani delle cosche sul Terzo Valico: quaranta arresti in tutta Italia. Nuove accuse per senatore Caridi La Repubblica, Martedì 19 luglio 2016 ‘Ndrangheta, le mani delle cosche sul Terzo Valico: quaranta arresti in tutta Italia. Nuove accuse per senatore Caridi Operazione in Calabria, Liguria e a Roma. Colpite le ‘famiglie’ Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro. Indagato il vicepresidente Consiglio Calabria D’Agostino di ALESSIA CANDITO REGGIO CALABRIA – Quaranta persone, tutte affiliate o vicine ai clan della Piana di Gioia Tauro, ma radicate anche in Liguria, sono finite in manette per ordine della Dda di Reggio Calabria. Un’indagine monumentale, che ha visto lavorare gomito a gomito le squadre mobili di Reggio Calabria e Genova, coordinate dallo Sco di Roma, come i centri Dia della stessa città. Il risultato è una fotografia dinamica di quasi dieci anni di radicamento mafioso, scritta di proprio pugno dai clan Gullace-Raso-Albanese e Parrello Gagliostro tra Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, e la Liguria. Sotto la lente degli investigatori dello Sco e della Squadra Mobile della polizia e dei reparti della Dia sono finiti affari e attività dei clan di ndrangheta Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro, che dalla provincia reggina sono riusciti ad infettare anche l’economia del Ponente ligure, mettendo le mani anche sugli appalti del Terzo Valico, la linea ad alta velocità Genova-Milano, opera da 6,2 miliardi attualmente in fase di realizzazione: tanto da arrivare a sovvenzionare, secondo la Dda, i comitati per il “Sì Tav”. Una storia in cui tanto l’imprenditoria, come la politica hanno un ruolo da protagonista. In negativo. Ad agevolare le attività dei clan ci sarebbero stati anche rappresentanti politici locali, regionali e nazionali originari di Reggio Calabria, fra cui il senatore di Gal, Antonio Caridi, raggiunto da nuove accuse. Per lui, i magistrati reggini hanno già chiesto l’arresto qualche giorno fa alla Camera di appartenenza, perché coinvolto nell’operazione che ha svelato la cupola massonico-mafiosa che governa la ‘ndrangheta. Proprio per questo il gip ha considerato la contestazione che i magistrati gli muovono nell’ambito di questo procedimento, pienamente assorbita dalla precedente. Caridi – spiega il giudice – è uno strumento della direzione strategica della ‘ndrangheta tutta, che unitariamente sa che deve rivolgersi a lui in caso di bisogno. E in cambio sa che deve fornire appoggio alle elezioni. “Nel caso delle regionali del 2010 – spiega il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Gaetano Paci – gli uomini del clan hanno usato metodi da manuale dello scambio elettorale politico mafioso, arrivando a minacciare i dipendenti delle loro imprese di licenziamento se loro e le loro famiglie non avessero votato Caridi. E lui lo sapeva”. Ma Caridi non è l’unico parlamentare ad essere finito nei guai. I magistrati reggini avevano chiesto l’arresto anche per il parlamentare del gruppo misto Giuseppe Galati, ma l’istanza non è stata accolta dal gip. Per i pm, il parlamentare si è fatto corrompere da Girolamo Raso, che da lui pretendeva una mano per ottenere lo slocco dei lavori edili sospesi perché eseguili in zona vincolala nel Parco Naturale Decima Malafede, a Roma, anche appalti e lavori per il trasporto pubblico e per lo smaltimento rifiuti nella capitale. Allo scopo, Raso insieme al senatore Caridi, avrebbe incontrato due volte Galati, ma non c’è prova che abbia ricevuto alcuna utilità. Per questo, la richiesta è stata però bocciata dal gip, che non ha ritenuto sufficiente il quadro indiziario a carico del parlamentare. Per lui non hanno chiesto alcuna misura cautelare, ma è indagato e la sua casa e il suo ufficio sono stati passati a pettine fitto dagli uomini della Dia,Francesco D’Agostino. Attuale vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, eletto con 7.900 voti nella lista Oliverio presidente, alle regionali del 2014 per i magistrati della Dda è “una delle pedine di cui si servivano i clan per portare a termine i loro affari”. Su di lui, gli accertamenti sono ancora in corso, al pari di quelli sui molti amministratori locali che le indagini hanno dimostrato “sensibili” alle richieste dei clan, dei loro prestanome come degli imprenditori che non hanno avuto problema alcuno a lavorare con loro. Dagli investimenti immobiliari in Costa Azzurra, Canarie e Brasile agli agriturismi, dal movimento terra alla commercializzazione di prodotti alimentari contraffatti, i tentacoli imprenditoriali dei due clan si estendevano nei settori più diversi ed avevano trovato sede in tutto il Nord Italia. Un lavoro minuzioso, coordinato dalla Dia, che ha permesso di scoprire anche come i clan gestissero numerose ditte di igiene ambientale e industriale che hanno finito per lavorare in subappalto anche per “Poste Italiane S.p.a.” e “Alleanza Assicurazioni S.p.a.”. “Siamo di fronte a una nuova operazione – dichiara il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – che dimostra come la ‘ndrangheta abbia ormai ramificazioni stabili sul territorio nazionale. Non è solo criminalità spiccia. Dall’indagine sono emersi gli interessi dei clan in decine di imprese, attive non solo nel classico settore del movimento terra, ma anche in quelli ad alta tecnologia e specializzazione, come quello della produzione delle lampade a Led”. Sul fronte del Terzo Valico, spiega il procuratore “abbiamo importanti riscontri riguardo gli appalti che dimostrano come i clan fossero attivi sul fronte del Sì Tav”. I comitati a favore della grande opera sono stati sovvenzionati dal clan, interessati ai cantieri che sarebbero stati aperti anche in Liguria. Tutte attività coordinate dalle Calabria, dove è rimasta la direzione strategica del clan, in grado anche di comprare funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria della medesima provincia. Le indagini, dirette dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Genova e Reggio Calabria nonché di Savona. Altro segmento di indagine è stato svolto dal Centro Operativo Dia di Genova, collaborato dai Centri Dia di Reggio Calabria e Roma. Sotto sequestro sono finiti beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro.

 ‘Ndrangheta, le mani delle cosche sul Terzo Valico: quaranta arresti in tutta Italia. Nuove accuse per senatore Caridi

La Repubblica,  Martedì 19 luglio 2016

‘Ndrangheta, le mani delle cosche sul Terzo Valico: quaranta arresti in tutta Italia. Nuove accuse per senatore Caridi
Operazione in Calabria, Liguria e a Roma. Colpite le ‘famiglie’ Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro. Indagato il vicepresidente Consiglio Calabria D’Agostino

di ALESSIA CANDITO

REGGIO CALABRIA – Quaranta persone, tutte affiliate o vicine ai clan della Piana di Gioia Tauro, ma radicate anche in Liguria, sono finite in manette per ordine della Dda di Reggio Calabria. Un’indagine monumentale, che ha visto lavorare gomito a gomito le squadre mobili di Reggio Calabria e Genova, coordinate dallo Sco di Roma, come i centri Dia della stessa città. Il risultato è una fotografia dinamica di quasi dieci anni di radicamento mafioso, scritta di proprio pugno dai clan Gullace-Raso-Albanese e Parrello Gagliostro tra Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, e la Liguria. Sotto la lente degli investigatori dello Sco e della Squadra Mobile della polizia e dei reparti della Dia sono finiti affari e attività dei clan di ndrangheta Raso-Gullace-Albanese e Parrello-Gagliostro, che dalla provincia reggina sono riusciti ad infettare anche l’economia del Ponente ligure, mettendo le mani anche sugli appalti del Terzo Valico, la linea ad alta velocità Genova-Milano, opera da 6,2 miliardi attualmente in fase di realizzazione: tanto da arrivare a sovvenzionare, secondo la Dda, i comitati per il “Sì Tav”. Una storia in cui tanto l’imprenditoria, come la politica hanno un ruolo da protagonista. In negativo.

Ad agevolare le attività dei clan ci sarebbero stati anche rappresentanti politici locali, regionali e nazionali originari di Reggio Calabria, fra cui il senatore di Gal, Antonio Caridi, raggiunto da nuove accuse. Per lui, i magistrati reggini hanno già chiesto l’arresto qualche giorno fa alla Camera di appartenenza, perché coinvolto nell’operazione che ha svelato la cupola massonico-mafiosa che governa la ‘ndrangheta. Proprio per questo il gip ha considerato la contestazione che i magistrati gli muovono nell’ambito di questo procedimento, pienamente assorbita dalla precedente. Caridi – spiega il giudice – è uno strumento della direzione strategica della ‘ndrangheta tutta, che unitariamente sa che deve rivolgersi a lui in caso di bisogno. E in cambio sa che deve fornire appoggio alle elezioni. “Nel caso delle regionali del 2010 – spiega il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Gaetano Paci – gli uomini del clan hanno usato metodi da manuale dello scambio elettorale politico mafioso, arrivando a minacciare i dipendenti delle loro imprese di licenziamento se loro e le loro famiglie non avessero votato Caridi. E lui lo sapeva”.

Ma Caridi non è l’unico parlamentare ad essere finito nei guai. I magistrati reggini avevano chiesto l’arresto anche per il parlamentare del gruppo misto Giuseppe Galati, ma l’istanza non è stata accolta dal gip. Per i pm, il parlamentare si è fatto corrompere da Girolamo Raso, che da lui pretendeva una mano per ottenere lo slocco dei lavori edili sospesi perché eseguili in zona vincolala nel Parco Naturale Decima Malafede, a Roma, anche appalti e lavori per il trasporto pubblico e per lo smaltimento rifiuti nella capitale. Allo scopo, Raso insieme al senatore Caridi, avrebbe incontrato due volte Galati, ma non c’è prova che abbia ricevuto alcuna utilità. Per questo, la richiesta è stata però bocciata dal gip, che non ha ritenuto sufficiente il quadro indiziario a carico del parlamentare.

Per lui non hanno chiesto alcuna misura cautelare, ma è indagato e la sua casa e il suo ufficio sono stati passati a pettine fitto dagli uomini della Dia,Francesco D’Agostino. Attuale vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, eletto con 7.900 voti nella lista Oliverio presidente, alle regionali del 2014 per i magistrati della Dda è “una delle pedine di cui si servivano i clan per portare a termine i loro affari”. Su di lui, gli accertamenti sono ancora in corso, al pari di quelli sui molti amministratori locali che le indagini hanno dimostrato “sensibili” alle richieste dei clan, dei loro prestanome come degli imprenditori che non hanno avuto problema alcuno a lavorare con loro.

Dagli investimenti immobiliari in Costa Azzurra, Canarie e Brasile agli agriturismi, dal movimento terra alla commercializzazione di prodotti alimentari contraffatti, i tentacoli imprenditoriali dei due clan si estendevano nei settori più diversi ed avevano trovato sede in tutto il Nord Italia. Un lavoro minuzioso, coordinato dalla Dia, che ha permesso di scoprire anche come i clan gestissero numerose ditte di igiene ambientale e industriale che hanno finito per lavorare in subappalto anche per  “Poste Italiane S.p.a.” e “Alleanza Assicurazioni S.p.a.”.

“Siamo di fronte a una nuova operazione – dichiara il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – che dimostra come la ‘ndrangheta abbia ormai ramificazioni stabili sul territorio nazionale. Non è solo criminalità spiccia. Dall’indagine sono emersi gli interessi dei clan in decine di imprese, attive non solo nel classico settore del movimento terra, ma anche in quelli ad alta tecnologia e specializzazione, come quello della produzione delle lampade a Led”. Sul fronte del Terzo Valico, spiega il procuratore “abbiamo importanti riscontri riguardo gli appalti che dimostrano come i clan fossero attivi sul fronte del Sì Tav”. I comitati a favore della grande opera sono stati sovvenzionati dal clan, interessati ai cantieri che sarebbero stati aperti anche in Liguria. Tutte attività coordinate dalle Calabria, dove è rimasta la direzione strategica del clan, in grado anche di comprare funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria della medesima provincia.

Le indagini, dirette dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Genova e Reggio Calabria nonché di Savona. Altro segmento di indagine è stato svolto dal Centro Operativo Dia di Genova, collaborato dai Centri Dia di Reggio Calabria e Roma. Sotto sequestro sono finiti beni mobili, immobili, depositi bancari di numerose società riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo stimabile in circa 40 milioni di euro.