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‘Ndrangheta in Emilia Romagna, clan infiltrati “nei settori centrali dell’economia e della vita civile”

‘Ndrangheta in Emilia Romagna, clan infiltrati “nei settori centrali dell’economia e della vita civile”

L’indagine di polizia e carabinieri sulla ‘Ndrangheta partita da Modena e Reggio Emilia ha permesso di rafforzare la conoscenza sull’organizzazione del gruppo emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro, ma operante in autonomia, con “enorme capacità di infiltrazione nei settori centrali della economia e della vita civile”, come sottolineano gli inquirenti. Al centro dell’inchiesta ‘Perseverance’, che ha portato. questa mattina all’arresto di 10 persone, ci sono esponenti di famiglie già colpite dall’operazione ‘Aemilia’, storico processo contro la ‘Ndrangheta in Emilia-Romagna, che finora erano ancora in libertà. In particolare Giuseppe Sarcone Grande, fratello di Nicolino, Gianluigi e Carmine, già arrestati e condannati come esponenti della ‘Ndrangheta emiliana e Salvatore Muto, fratello di Luigi e di Antonio, entrambi condannati anche di recente dalla Corte d’Appello di Bologna, nel processo Aemilia. Rimasto in libertà, avrebbe proseguito l’attività illecita dei fratelli, mettendo tra l’altro in contatto per affari illeciti la cosca emiliana con un’insospettabile coppia di cittadini modenesi “incensurati e spregiudicati”.

La figura di Antonio Muto è emersa nell’indagine ‘Perseverance’ quando due coniugi si sarebbero affidati al gruppo per fare del male a una donna, divenuta di ostacolo per l’acquisizione di un patrimonio, un fatto scongiurato solo dall’intervento della polizia reggiana che, attraverso perquisizioni, ha indotto i mandanti ad abbandonare l’obiettivo per il timore degli inquirenti. I due, in un’altra occasione, avrebbero anche chiesto alla consorteria di recuperare una somma di denaro, due milioni di euro secondo le intercettazioni, di probabile provenienza illecita. Muto si sarebbe rivolto quindi a Domenico Cordua e Giuseppe Friyio: i due si sarebbero appostati fuori dalla casa del debitore, in Toscana, e gli avrebbero consegnato documenti sul presunto credito, accompagnati da foto di suoi stretti parenti, con intento intimidatorio. E’ seguito quindi un intervento, in difesa della vittima, da parte di una persona che si è presentata come referente di un altro gruppo calabrese. A quel punto sarebbe entrato in scena, “con azione che si è svolta con dinamiche tipicamente mafiose”, per gli inquirenti, anche Giuseppe Sarcone Grande. Ci sono state ‘trattative’ sull’esistenza e l’esigibilità del credito, affrontate in riunioni del gruppo, documentate dalla squadra mobile reggiana. Sfregiare una donna gettandole acido sul volto. Era l’obiettivo, poi non realizzato, di alcuni indagati nell’inchiesta di ‘Ndrangheta ‘Perseverance’ della Dda di Bologna. In una registrazione del novembre 2019, tra Giuseppe Friyo, Domenico Cordua e un terzo uomo si sente progettare l’azione: “Ragazzi c’è da fare una lavorettino, se vi interessa eh (…) c’è da picchiare una donna…”, dice Cordua. Risposta: “E che dobbiamo fare? Dobbiamo darle dei pugni?”. Cordua: “La mandate in ospedale…o le buttate un po’ di acido sulla faccia”. E ancora: “Dev’essere sfregiata?”. “Bravo,solo la faccia però. Le butti l’acido addosso e te ne vai”.

Fonte:https://ildispaccio.it/primo-piano-2/267201-ndrangheta-in-emilia-romagna-clan-infiltrati-nei-settori-centrali-dell-economia-e-della-vita-civile