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‘Ndrangheta e sequestri, ”i servizi ci mangiavano con le liberazioni di ostaggi”

‘Ndrangheta e sequestri, ”i servizi ci mangiavano con le liberazioni di ostaggi”

Karim El Sadi 27 Febbraio 2021

Il racconto del pentito Nicola Femia sugli anni dei rapimenti: Se arrivavano 5 miliardi, 2 se li prendevano loro”

Oggi la ‘Ndrangheta, per citare le parole del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, è una delle mafie più potenti al mondo: L’unica presente in tutti i continenti del globo”. Un traguardo, questo, ottenuto grazie ai ricchi traffici di cocaina di cui la ‘Ndrangheta è diventata negli anni regina indiscussa. Ma negli anni ’70, ’80 e ’90 quando le fiorenti rotte dell’oro bianco erano ancora qualcosa di lontano e remoto, i boss calabresi fondavano le loro fonti di sostentamento economico su un’altra attività altrettanto infima e illegale: i sequestri di persona. Centinaia i sequestrati, da semplici cittadini, fino a passare per imprenditori e addirittura magnati (celebre il caso del nipote di John Paul Getty). Tutti finiti nella trappola delle cosche in attesa di essere liberati dopo il pagamento di fior di quattrini da parte di parenti e conoscenti. Per ottenere la liberazione, però, uomini di Stato dovevano passare per lunghe ed estenuanti trattative e talvolta, per raggiungere l’obiettivo, capitava che si abbassassero a chiedere aiuto a boss detenuti da far sedere al tavolo. E capitava, per di più, che al buon esito dei negoziati qualche mazzetta finiva nelle tasche dei negoziatori di Stato.
Uno spaccato inquietante, questo, che di recente emerge da un verbale di interrogatorio di
 Nicola Femia, uomo della Locride divenuto negli anni ras delle slot machine in Emilia Romagna e oggi pentito nonché considerato “uomo di Vincenzo Mazzaferro”, vecchio padrino appartenente al gotha della mafia calabrese. Mazzaferro, si legge nelle carte, è stato fatto uscire dal carcere perché partecipasse a una trattativa con uomini dello stato, di cui Femia fa nomi e cognomi. Tra questi, secondo il racconto del pentito, c’è il questore, scomparso due anni fa, Vincenzo Speranza, all’epoca dei sequestri dirigente della squadra mobile della città dello Stretto. Lo stesso Speranza che riuscì ad ottenere la liberazione dopo 29 giorni di prigionia della giovane bresciana Roberta Ghidini, rapita dalla cosca Ierinò di Gioiosa Jonica il 15 novembre 1991. La stessa cosca di cui fa riferimento nel verbale anche Femia. Mazzaferro e uomini delle istituzioni, presumibilmente servizi segreti, dunque, si sarebbero attivati per liberare l’ostaggio in mano al clan Ierinò. Non è chiaro da quel che dice Femia – come riporta il quotidiano Domani – se si tratti dell’ostaggio Ghidini o un di un altro. Sono cose delicate […] perché sono uomini di legge”, ha detto il pentito al pm Stefano Musolino, che sul punto lo aveva sentito in aula nel maggio 2019 al processo Gotha (nato da un’intuizione del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo). “Quindi questi si muovono per liberare l’ostaggio… per trovare qualcuno che possa mediare con Ierinò”, è il riassunto del magistrato. Femia aggiunge: Si muovono con i soldi… e hanno trovato Mazzaferro”. L’incredibile retroscena il pentito lo ha saputo direttamente da don Vincenzo Mazzaferro. Nel corso dell’interrogatorio Fermia indica ulteriori piste, come quella che porta a un maresciallo dei servizi segreti legato al vecchio padrino. Spiega anche che Mazzaferro, una volta conclusa la trattativa e la mediazione per risolvere il rapimento, non ha fatto ritorno in cella. Sempre secondo Femia uno degli uomini più vicini al capo mafia, oggi deceduto, era un confidente dei servizi. Tale Isidoro, che “teneva i contatti” con gli agenti segreti per conto del mammasantissima della ‘ndrangheta di Gioiosa.
Con i sequestri di persona la ‘Ndrangheta aveva fatto successo – ogni rapito poteva fruttare fino a 5 miliardi di lire – ma a quale prezzo? I rischi erano elevati.
Per questo i clan avevano fatto un accordo: 
La gran parte delle famiglie che si occupavano di rapimenti si erano buttate nell’affare della droga, preferivano concentrarsi su questo”, è spiegazione sintetizzata del pentito. Tuttavia il cambio di schema non è piaciuto a qualcuno: I capi che hanno fatto l’accordo dopo poco sono morti tutti, Mazzaferro, Nirta, Cataldo”, ha aggiunto Femia paventando l’ipotesi che siano stati fatti fuori per la loro decisione di tagliare con l’Anonima sequestri. Dunque, chiede il magistrato, non sia timoroso, a chi non è stato bene smettere con i sequestri?”. “A personaggi che lavorano con i servizi, ma non so chi”, è la risposta di Femia. I servizi ci mangiavano con i sequestri, se arrivavano 5 miliardi, 2 se li prendevano loro”.
Le parole del pentito restano per ora solo ipotesi ma sicuramente il suo dichiarato sarà utile a decifrare la dimensione di relazioni e sinergie con soggetti delle istituzioni che ancora oggi sono l’ossigeno senza il quale la ‘Ndrangheta non potrebbe vivere ed evolversi.

Domani

 

fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/229-ndrangheta/82468-ndrangheta-e-sequestri-i-servizi-ci-mangiavano-con-le-liberazioni-di-ostaggi.html