Cerca

‘Ndrangheta a Brescello, c’è un nuovo caso Fondi

‘Ndrangheta a Brescello, c’è un nuovo caso Fondi
Il municipio emiliano rischia lo scioglimento. Tra pochi giorni scadrà il termine entro cui il ministero dovrà decidere. Nel frattempo però il sindaco si è dimesso e il 5 giugno si vota. Una dinamica che ricorda quanto è avvenuto nel comune in provincia di Latina, salvato dal governo Berlusconi. Una decisione che ancora oggi fa discutere

Mercoledì 13 aprile 2016

DI GIOVANNI TIZIAN

Pochi giorni e scadranno i tre mesi. Novanta giorni senza alcuna azione da parte del Viminale sul caso Brescello. In ballo c’è lo scioglimento del Comune di Peppone e don Camillo. Trasformato dalla ‘ndrina Grande Aracri nel feudo padano della ‘ndrangheta. Qui, tra il Po e le verdissime campagne, ha creato un impero che si estende lungo tutta la via Emilia. L’inchiesta Aemilia è il romanzo di questo dominio.

Quella dello scioglimento di Brescello è una decisione difficile, soprattutto dal punto di vista politico. Potrebbe, infatti, essere il primo municipio emiliano a essere sciolto. Per giunta a guida Pd, fino a quando, all’improvviso, l’ex sindaco, figlio d’arte, Marcello Coffrini ( lo stesso che definiì il boss una brava persona) non ha deciso di dimettersi e far decadere così il consiglio comunale. Difficile che in questi casi arrivi lo scioglimento. Perché anche se la legge non lo vieta, il 5 giugno i cittadini andranno al voto. E nessuno pare voglia prendersi la responsabilità di commissariare l’ente alla vigilia delle elezioni.

Il caso Brescello ricorda per molti versi il caso di Fondi, comune in provincia di Latina. I commissari inviati nel comune dell’Agropontino avevano descritto nella loro relazione prefettizia i gravi condizionamenti da parte della ‘ndrangheta e della camorra. Eppure dopo le dimissioni della giunta, il ministro dell’epoca, Roberto Maroni, decise che quel Comune non andava sciolto. Fu un caso politico. Diventò l’emblema dello scontro politico che spesso si nasconde dietro le decisioni sullo scioglimento dei municipi.

Per Brescello la situazione è molto simile. Il governo ha temporeggiato una volta ricevuta la scottante relazione inviata dal prefetto di Reggio Emilia, con cui si chiedeva lo scioglimento per mafia del Comune. C’è stato un momento, però, in cui anche il Viminale sembrava deciso ad approvare la scelta del prefetto. Poi è accaduto qualcosa. Fonti autorevoli sostengono che fosse persino pronta una bozza di decreto da inviare in Consiglio dei ministri. Poi tutto è precipitato: Coffrini, il sindaco, ha scelto la via delle dimissioni, dopo mesi e mesi di difesa a oltranza della propria posizione. Dimissioni che nessuno si aspettava. Perché dopo così tanto tempo? È stato suggerito? Domande che meriterebbero una risposta seria.

Cosa c’è in quella relazione che tanto spaventa la politica locale? I tre punti più scottanti, ma non sarebbero i soli, riguardano ovviamente l’edilizia. I commissari hanno ricostruito, per esempio, come nei primi anni Duemila – quando sulla poltrona di sindaco sedeva ancora Ermes Coffrini (il papà di Marcello ndr) – il gruppo di imprenditori vicini alla famiglia Grande Aracri beneficiò di una delocalizzazione di terreni dove successivamente costruirono. La commissione prefettizia ha sottolineato, nella relazione, che tale provvedimento avrebbe danneggiato altri cittadini, che, però, per paura scelsero il silenzio.

La seconda anomalia segnalata dagli ispettori del prefetto riguarda invece la realizzazione di un centro commerciale su un’area, molto estesa, a destinazione produttiva, ma che una variante ha trasformato in commerciale. A beneficiarne, ovviamente, personaggi legati al clan. Infine, da quanto risulta a “l’Espresso”, sotto la lente dei commissari anche gli oneri di urbanizzazione. La contropartità cioè che le aziende costruttrici versano al Comune.

Di fronte a queste anomalie il prefetto avrebbe deciso di inviare la relazione con la decisione di sciogliere il Comune. Era già successo con l’altro comune travolto dall’inchiesta Aemilia, Finale Emilia. Anch’esso governato da una giunta Pd. Il comune del Modenese, epicentro del terremoto che ha piegato la regione, è stato salvato. Non è stato sciolto perché, secondo il Viminale, non c’erano elementi sufficienti nella relazione che ne indicavano il condizionamento. Su Finale esiste un decreto di archiviazione, segreto, in cui sono elencate le motivazioni di tale scelta.

La decisione risale a qualche mese fa. L’altro ieri, però, sono scattate le perquisizioni proprio nel municipio di Finale: sono indagati per reati abuso d’ufficio il sindaco, alcuni assessori, funzionari e dirigenti. Anche in questo Comune si andrà al voto il 5 giungo. E l’attuale sindaco, Fernando Ferioli ha intenzione di ricandidarsi.

Ma è su Brescello a questo punto che si gioca la credibilità della lotta alla mafia. Non rispondere alla richiesta di legalità dei cittadini è una sconfitta. Se Brescello sarà un nuovo caso Fondi, a sgretolarsi sarà la credibilità della lotta alla mafia. Dopo mafia Capitale, infatti, sembra essersi affermata la tendenza a cambiare le regole a seconda che si tratti di un città del Nord o del Sud.

Il 15 marzo scorso il ministro Angelino Alfano ha detto all’Antimafia che l’alternativa allo scioglimento dei Comuni infiltrati dalle mafie potrebbe consistere in una sorta di tutoraggio da parte dello Stato. Bene, ma è necessaria una legge che lo permetta. Che al momento non esiste. Per questo, a seconda dei casi e soprattuto della localizzazione di una paese, si decide se vale la pena lo scioglimento o è meglio il tutoraggio (che, ribadiamo, non è previsto da alcuna norma). A rischio c’è la serietà di un sistema. Che cerca sotterfugi per non affrontare la realtà. Dolorosa certo, ma pur sempre la realtà, dalla quale non si può fuggire.

fonte:http://espresso.repubblica.it