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Napoli, sei «stese» in due giorni, task force contro il terrore

Il Mattino, Martedì 28 Giugno 2016

Napoli, sei «stese» in due giorni, task force contro il terrore

di Giuseppe Crimaldi

Sei «stese» in trentasei ore. Una media terrificante, pari solo alla potenza del fuoco delle armi. L’ultimo bollettino di guerra – tra sabato e domenica – ha fatto registrare a Soccavo praticamente un raid ogni sei ore. Una intera comunità di residenti è da mesi di fatto ostaggio di una faida camorrista che sembra non avere fine. E allora, a mali estremi estremi rimedi.

L’ultima sequenza di guerriglia metropolitana ha indotto i rappresentanti delle forze dell’ordine ad adottare nuove strategie di controllo del territorio e di contenimento delle violenze. L’eco lunga delle incursioni armate che stanno terrorizzando gli abitanti di via Epomeo, via Servio Tullio, via Romolo e Remo, via Diocleziano e zone limitrofe sono arrivate fino a Roma. Inevitabile che scattasse un nuovo allarme rosso per la zona occidentale. E allora da oggi cambia tutto. Qui non servono slogan – il più agevole, quello che subito può venire in mente: la «tolleranza zero» – ma un passo in avanti capace di mettere sotto scacco le ronde armate di giovani delinquenti che dal tramonto all’alba si trasformano in giustizieri della notte.

Anche nella giornata di ieri, all’indomani degli ultimi episodi, si sono susseguite riunioni operative in Questura e presso il comando provinciale dell’Arma dei carabinieri. C’è un nuovo piano coordinato di prevenzione e di intervento sul territorio di Soccavo. Ma, soprattutto e in sintonia con gli impulsi più volte dati dal procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Colangelo, c’è una corsia preferenziale alle indagini di camorra che riguardano tutta l’area occidentale di Napoli.

L’incredibile ondata di violenze ha trovato il suo culmine in una serie di raid che si sono susseguiti al di qua e al di là di quella via Epomeo diventata quasi una cerniera, una linea di confine bellico: al di qua e al di là di quella striscia d’asfalto si combattono due gruppi con almeno cinque famiglie contrapposte. Due pallottole vaganti hanno raggiunto un’abitazione in via IV Novembre: una ha frantumato i vetri di una finestra, mentre un’altra è andata a conficcarsi nel solaio di un appartamento abitato da una famiglia, e solo per un caso la corsa del proiettile ha evitato due bambini che erano nella stanza. Nella notte tra domenica a lunedì, dopo le quattro sparatorie che si sono susseguite a Soccavo, si è sparato nuovamente al Rione Traiano. Le «stese» sono avvenute al viale Traiano, nei pressi dell’abitazione di pregiudicati legati al clan Vigilia, e poi poco distante dall’abitazione di persone vicine al clan Sorianiello. Sul posto gli agenti del commissariato San Paolo della Polizia di Stato, con i colleghi della Polizia scientifica.

Dalle indagini emerge un quadro abbastanza chiaro e definito: a fronteggiarsi in questa nuova faida sono i due gruppi – Vigilia e Sorianiello – che nei loro folli botta e risposta avrebebro già lasciato sul campo due vittime: Stefano Adamo, pregiudicato ritenuto vicino al clan Grimaldi (considerato alleato, anche per legami familiari, con i Vigilia) e Ivan Maietta, un passato nel narcotraffico nell’orbita dei Sorianiello ma già da anni lontano dai giri malavitosi organizzati.
Di fronte a questo quadro tanto frastagliato e popolato anche da personaggi emergenti che cercano di inserirsi o di affermarsi in questa sorta di «gioco a cinque» (tanti sono i gruppi tenuti d’occio e attivi nell’area: Puccinelli, Legnante, Ivone, Sorianiello e Vigilia) l’azione di contrasto non può che essere impostata sul cosiddetto «modello Forcella». Nella recente guerra di camorra che vide fronteggiarsi i baby boss dei Giuliano-Sibillo contro i fedelissimi dei Mazzarella l’offensiva dello Stato privilegiò una duplice strategia: da un lato un’azione investigativa coordinata con inchieste rapide e capaci di decapitare prime e seconde linee dei gruppi criminali; e dall’altro blitz continui e incessanti da parte delle forze dell’ordine per tenere sotto assedio i rioni trasformati in poligoni di tiro.

Mettere sotto scacco un intero quartiere non è agevole. Ma solo grazie a una rinforzata pressione investigativa, con perquisizioni improvvise nelle abitazioni degli oltre cento pregiudicati tenuti costantemente sotto monitoraggio; ottimizzando la messe di informazioni fornite in tempo reale dagli «ascolti» mirati; colpendo a sorpresa attraverso azioni ad alto impatto, ma soprattutto presidiando le piazze dello spaccio – che sono poi la vera posta in gioco che scatena questa nuova mattanza – si riuscirà a sradicare le radici del male. La ricetta è in fondo la stessa già utilizzata su altri fronti roventi della Malanapoli: oltre a Forcella e alla Sanità, lo strumento della pressione investigativa associata magari alla emissione di fermi o di ordinanze cautelari ha già funzionato a Ponticelli e nei quartieri dell’area nord di Napoli.

Per questo si punterà sempre più anche sulla sinergia investigativa: mai come in questi ultimi anni la collaborazione tra polizia, carabinieri e finanza ha funzionato. Scambiarsi le informazioni e collaborare – quando si combatte un nemico così subdolo – resta un imperativo categorico per tutti.