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“MOVIDA LATINA”. L’ALTRO RAMO DELLA FAMIGLIA DI SILVIO: ARMI, DROGA E PIZZO MAFIOSO IN ZONA PUB

MOVIDA LATINA”. L’ALTRO RAMO DELLA FAMIGLIA DI SILVIO: ARMI, DROGA E PIZZO MAFIOSO IN ZONA PUB

DI BERNARDO BASSOLI

7 DICEMBRE 20208 DICEMBRE 2020

Armi, gestione delle piazze di spaccio, estorsioni e imposizioni di pizzo: sono queste le principali attività rese evidenti dall’operazione “Movida Latina” che oggi, 7 dicembre, ha portato all’arresto di Costantino “Costanzo” Di Silvio, Antonio detto Patatino e Ferdinando detto Prosciutto Di Silvio (figli di Giuseppe “Romolo” Di Silvio), Ferdinando Pescio” Di Silvio (figlio di Patatone Di Silvio, condannato per l’omicidio Buonamano) e l’unico non rom Luca Pes, figlio di Giuseppino Pes l’uomo che, in concorso con Tozzi e Artusa, è stato condannato per il delitto di Francesco Saccone freddato nel 1998 a Piazza Moro

Cinque, in tutto, gli episodi contestati nell’ordinanza firmata dal gip di Roma Rosalba Liso: un’estorsione tra i palazzi di Campo Boario in Via Pionieri della Bonifica; un incidente simulato per cui si pretende da un malcapitato, in zona Pub, la corresponsione di una cifra in modo da lenire il fantomatico danno; l’imposizione del pizzo a un locale della Latina by night in Piazza Moro; una prepotenza tra i pub di Via Neghelli nei confronti di un ragazzo costretto a cedere l’auto che, poi, veniva guidata da Patatino Di Silvio (il più violento e spietato da quanto emerge dall’ordinanza) in modo spericolato con estorsione finale annessa; l’ennesima estorsione risalente addirittura al 2012, sempre portata a termine da Patatino, che prova l’assoggettamento del territorio e il controllo, da anni, della zona Pub – in questo caso specifico, Patatino aveva preso i soldi dalla cassa di un noto locale in Via Lago Ascianghi per poi dire al gestore, senza alcun tipo di problema, “vado a cambiarli per giocare alle slot“. E poi la droga, il cui core businness, a quanto riferiscono i collaboratori di giustizia, è gestito, all’interno della famiglia di Romolo, dal genero Fabio Di Stefano, il cui fratello Alessandro è sposato alla sorella di Patatone Di Silvio: entrambi figli di un ex pentito siciliano, secondo i collaboratori di giustizia pontini Fabio movimentava, insieme al figlio di un pregiudicato latinense a sua volta noto, anche fino a 500, 600 grammi di droga alla settimana. Settore in cui pare sia specializzato il più piccolo dei maschi di Romolo, Prosciutto Di Silvio la cui capacità di trattare in stupefacenti è dettata anche dal fatto di aver sposato la figlia di un uomo ritenuto essere, a quanto riporta il collaboratore di giustizia Zuppardo, uno dei più importanti nel settore della droga a Latina: si tratta di Stefano Demelas (non indagato).

Al di là degli episodi, risulta evidente ciò che abbiamo sempre scritto: i Di Silvio, a Latina, sono divisi in più famiglie. Non c’è solo quella ormai notissima perché invischiata nel processo Alba Pontina, la quale ha la sua base a Campo Boariao in Via Muzio Scevola. Ci sono anche i Di Silvio del Gionchetto e di Via Pionieri della Bonifica dove la presenza è talmente sentita che, nella prima estorsione contestata, si propongono loro stessi come garanti di protezione nei confronti di una famiglia di quelle case popolari (a cui chiedono i soldi per il “sevizio”) entrata in rotta di collisione, per un banale screzio condominiale, con i Baldascini, nota famiglia i cui maggiori componenti sono stati coinvolti nell’omicidio per debiti di droga a danno del defunto Giorgio Soldi (citati, inoltre, nel processo “Anni 90” come legati ad Ettore Mendico dell’omonimo Clan di stanza a San Cosma e Damiano).

ZONA PUB – La zona Pub, l’area più alla moda di Latina, dove i ragazzi della Latina Bene si vedono e si frequentano, rimane un terreno da colonizzare: è lì che soprattutto Patatino Di Silvio, il più grande dei figli maschi di Romolo, e destinato a prenderne l’eredità come Capo Clan, dimostra il suo desiderio di far vedere ai cosiddetti gaggi di che pasta è fatto. È lì, infatti, che Patatino, Pescio e altri sodali fermano il gaggio con il macchinone e ci salgono su, dopo aver simulato un incidente, costringendo quest’ultimo a chiamare i genitori e sborsare qualche centinaia di euro. E la gente paga perché con “gli zingari” nessuno vuole avere a che fare, anche dopo Alba Pontina. Troppa la fama criminale di violenti che hanno raggiunto. Ecco perché molti non denunciano e accettano. Peraltro, l’episodio della simulazione dell’incidente, quando Pescio fa finta di essere stato investito, è la riproposizione di un altro episodio analogo avvenuto nel 2011, dove ad essere protagonista era un giovane Patatino. Un modus operandi che continua da decadi.

E suona violenta ed esemplificativa la tassa che Costanzo Di Silvio, il meno carismatico dei figli di Antonio detto Papù (secondo il collaboratore di giustizia Zuppardo, la famiglia non lo considera affidabile perché ha il vizio della cocaina), ma rimasto a fare da reggente ai Di Silvio di Giochetto, in assenza di Romolo incarcerato per l’omicidio Buonamano e di Ferdinando Il Bello fatto saltare in aria nel 2003, impone ai gestori di un locale in Piazza Moro. A più riprese, secondo la ricostruzione degli investigatori, Costanzo, che il collaboratore di giustizia Maurzio Zuppardo dice di conoscere anche come “il cavallaro”, si reca lì, anche con Luca Pes, volendo imporre ai gestori del locale anche la vendita della droga all’interno delle mura. Perché? “Piazza Moro è mia“.

IL RUOLO DEI PENTITI – Ma al di là degli episodi – tra cui un pestaggio volante, perpetrato da Patatino e l’indagato Guadagnino a un ragazzo che se ne andava in giro per i fatti suoi su una Smart – ciò che conta è ciò che emerge. Ossia che la famiglia il cui boss è Romolo Di Silvio ha una storia simile a quella di Lallà: sono famiglie speculari che si intrecciano tra di loro. Sono Di Silvio, sono sinti, ma ciascuna delle due ha i propri spazi dove poter mandare avanti le attività criminali. Che sono sempre le stesse: armi, droga, estorsioni, recupero crediti.

 

Secondo il collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo: “Romolo dopo la morte di Ferdinando Il Bello è diventato il capofamiglia nel senso che ogni azione doveva essere autorizzata da lui. Per azioni intendo attività criminose, estorsioni o spedizioni punitive se qualcuno aveva sbagliato a comportarsi. Sia i figli che i nipoti di Romolo dovevano avere il suo permesso prima di intraprendere qualsiasi azione. Veniva quindi fatta una riunione a casa di Romoletto nella quale gli veniva rappresentato il caso che poteva riguardare o un recupero crediti o lo spaccio e un’azione di ritorsione; veniva esposto tutto il fatto e lui decideva se procedere o no e stabiliva anche l’importo da chiedere alle vittime, la suddivisione dell’incasso, ogni cosa. Nessuno poteva fare azioni o ritorsioni o prendere zone di spaccio senza il suo permesso…Ho partecipato qualche volta per caso a qualcuna di queste riunioni. Romoletto mi ha sempre trattato come un figlio…Le persone che dovevano chiedere il permesso a Romolo erano: i fratelli Costantino, Carmine, i figli di Ferdinando Il Bello ossia Antonio Di Silviodetto Sapurò, Costantino DI SILVIO detto Patatone che sta in carcere per l’omicidio di Bistecca, i figli di Costantino Di Silvio fratello di Romolo detto “Il cavallaro” di cui non ricordo i nomi, il figlio di Carmine Di Silvio che si chiama Costantino Di Silvio detto “Cazzariello”, i figli di Romoletto che io conosco con i soprannomi di Prosciuttino e Patatino; nelle ultime riunioni si stava associando anche il figlio di Patatone (ndr: Ferdinando detto Pescio che è salito di grado avendo anche una parentela con la famiglia di Lallà Di Silvio, avendo sposato la figlia del fratello Gianni detto Zagaglia). Alle riunioni partecipavano tutti solo nel caso in cui vi fossero questioni importanti su cui prendere decisioni; in questo caso Romoletto convocava tutti, ognuno diceva la sua e poi decideva lui. Queste riunioni totalitarie riguardavano questioni attinenti ai detenuti che bisognava mantenere in carcere e quindi Romoletto diceva ad ognuno l’importo che doveva dare per il mantenimento ai carcerati; anche per la suddivisione delle piazze di scaccio Romoletto convocava tutti“.

Nomi, circostanze, personaggi che ritornano, come lo spacciatore Michele Petillo (già arrestato nel 2016 e gravitante, con una rete di pusher, in zona Pub e Palazzo Pennacchi), descritto sia da Renato Pugliese che da Agostino Riccardo come venditore abile e remunerativo, costretto a spacciare per Romolo Di Silvio.

Se avessimo voluto una conferma, l’operazione “Movida Latina” ce la darebbe: a Latina esiste un’altra famiglia dei Di Silvio – quella di Romolo, Patatone, quella che ha perso con un’autobomba il mancato leader Ferdinando Il Bello – la quale assoggetta il territorio: tra piazze di spaccio nel mondo dei pub e delle discoteche (secondo Zuppardo sono entrati nel controllo della movida dall’estate 2017) e conti in sospeso da regolare quando serve.

Il pentito Renato Pugliese ha dichiarato di aver contribuito, pur facendo parte di altri gruppi criminali, al sostentamento della famiglia il cui boss indiscusso è Romolo Di Silvio vendendo a poco prezzo la droga oppure direttamente con soldi quando gli appartenenti alla famiglia si trovavano in carcere. Segno che i Di Silvio sono divisi in famiglie ma quando c’è da unirsi e aiutarsi vi sono precise regole da osservare. Divide et impera in salsa rom.

A fare da filo conduttore, la fama criminale dei Di Silvio. Dove i Ciarelli hanno il potere dei soldi e la famiglia di Lallà il controllo di droga, estorsioni e campagne elettorali, la famiglia di Romolo, quella che più ha pagato in termini di carcerazioni dalla guerra criminale del 2010, è temuta per via delle armi. Tante.

Non può passare inosservato un episodio raccontato dal pentito Zuppardo detto Fagiolo. Si riferisce a un furto organizzato nella villa di un Carabiniere alla periferia di Latina dove furono sottratte ben 14 pistole, che costituiscono solo una parte del potere di fuoco della famiglia. Il furto, secondo Zuppardo, fu portato a compimento da Patatino, Antonio Di Silvio detto Sapurò (fratello di Patatone Di Silvio) e (forse) Costanzo Di Silvio.

Solo un esempio di cosa significhi essere Di Silvio. Con i loro intrecci famigliari, i loro codici di omertà e una sola voce: noi siamo diversi e più forti dei gaggi. Da dominare.

 

Fonte:https://latinatu.it/